Di Valeria Graci
SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Sono mesi caldi in tema di conflitti e nonostante le tematiche complesse e delicate, l’argomento è diventato oggetto di accesi dibattiti in ogni canale comunicativo. In questi casi sembra molto difficile non oltrepassare la linea sottilissima tra la realtà dei fatti e la narrazione costruita, che, nella maggior parte dei casi, passa attraverso gli attuali mezzi di comunicazione. Si corre spesso il rischio di far plasmare involontariamente il proprio pensiero, basato sulle opinioni altrui, e non sulle evidenze.
La redazione di Radio Notting Hill dell’Associazione San Giovanni Paolo II APS si è lungamente interrogata su quale fosse l’atteggiamento giusto da assumere di fronte a una situazione così complessa, costantemente sotto i riflettori e commentata ormai da chiunque.
Abbiamo ritenuto opportuno sviscerare la questione, andandone a fondo, con lo scopo di dare un nostro giudizio, cercando di non cadere nella trappola del seguire una scia che stabilisce a priori chi sono “i buoni” e chi i “cattivi”.
Per questo motivo, abbiamo avuto l’onore di intervistare nella nuova sala di registrazione di Radio Notting Hill, inaugurandola, il nostro caro amico Rodolfo Casadei, giornalista professionista dal 1991, al quale abbiamo posto le nostre domande, affinché, grazie alla sua esperienza decennale sul campo, ci aiutasse a chiarire le nostre posizioni. Rodolfo Casadei, nella sua esperienza di inviato ha potuto sperimentare luoghi di guerra in paesi europei, di Medio Oriente ed Estremo Oriente e abbiamo scelto di rivolgerci a lui, in quanto il suo giudizio si fonda su un ricchissimo bagaglio professionale.
Abbiamo selezionato qualche estratto dell’intervista:
“Che cos’é la guerra anche in base alla tua esperienza?”
“Essendo giunto come inviato in diversi paesi di guerra ho sperimentato la guerra in tutte le forme in cui si presenta, e quando sei sul posto ti concentri sul lavoro che devi fare, ma quando torni a casa lavori su quello che hai visto e devi pensare a cos’é realmente. Diceva il prussiano Von Klausen -La guerra é la prosecuzione della politica con altri mezzi- Ed é sempre di Von Klausen, un’altra citazione ripresa poi dal famoso antropologo René Girard che dice: “la guerra é l’applicazione di una forza sempre maggiore per avere il sopravvento sul nemico”. Questo vuol dire che la guerra per sua natura tende all’estremo. Io questa estremizzazione della guerra l’ho constatata analizzando gli arsenali di guerra che esistono oggi.
L’uomo è capace di fare cose così crudeli, turpi, violenti, distruttive, che nessun altro animale può fare. Gli animali sono più razionali nella loro violenza, che é finalizzata strettamente alla sopravvivenza, ma non esercitano la crudeltà. Solo gli esseri umani, però, sono capaci di perdonare, non esiste un animale che perdona. Questi sono i due poli attraverso i quali oscilla la realtà della guerra, quella della violenza che tendenzialmente non conosce limiti. Cosa può arrestare questo ciclo dell’illimitato? La capacità di perdonare, che è la forma superiore della giustizia.”
In questi mesi caldi da un punto di vista di risonanza mediatica che queste guerre stanno avendo, puoi darci un giudizio per discernere il quantitativo di informazioni che ad un certo punto creano inevitabilmente una tendenza?
I social media per loro intrinseca natura favoriscono lo scontro e l’estremizzazione perché creano un rapporto virtuale. Spesso le cose che si scrivono sui social non si direbbero mai di fronte alla persona fisica, perché potrebbero essere controbattute, si potrebbe cambiare tono. Bisogna avere presente di dover tenere un tono più basso sui social e rispondere con moderazione e ragionamento, é sempre meglio incontrarsi e discutere di quell’argomento.
La propaganda di guerra c’é sempre stata e oggi viaggia sui social.
Per informarsi in maniera il più possibile veritiera, sapendo che i social sono aggressivi e vengono usati anche per la propaganda dalle varie parti in lotta, se uno ci tiene, deve informarsi presso gli inviati di guerra che hanno toccato con mano la situazione e normalmente occorre unire il lavoro di vari inviati, tenendo presente che a seconda della prospettiva si raccontano episodi che non si vedono dall’altro punto di vista. Come fare a combinarle? Normalmente ascoltare più di un giornalista, più di un video reporter. É vero che anche i giornalisti hanno delle simpatie, ma bisogna far credito di una certa onestà agli inviati. Se uno si prende il disturbo di andare sul posto si vede che ci tiene a raccontare quello che vede. Una buona accortezza può essere quella di dare più credito agli inviati che mostrano la realtà e mostrano poco se stessi. Quando si vedono le vittime della guerra, quando la parola viene data a chi é coinvolto nel conflitto, quello é molto più interessante.
Ci sono tanti conflitti in tutto il mondo, ma molti non sono sotto l’occhio mediatico, quindi la domanda può sembrare banale, ma perché non si cerca di fare qualcosa in questi contesti?
L’attenzione ai conflitti internazionali é subordinata a interessi nazionali, quindi i conflitti che possono essere “sfruttati” per una battaglia politica all’interno del paese vengono più approfonditi rispetto ad altri. Quando, invece, c’é una guerra come quella del Sudan che va avanti da 3 anni, dove il numero delle vittime é vicino a quello della guerra di Gaza, se ne parla di meno, perché non è una guerra che ha riflessi sulla politica interna italiana e, di conseguenza, passa in secondo piano. In Africa vengono uccisi migliaia di cristiani, ma sono lontani, e per avere informazioni, é necessario che qualche giornalista vada come inviato di guerra.
Come Radio Notting Hill, grazie alla testimonianza di Rodolfo, abbiamo dato spazio, a modo nostro, ad una riflessione controcorrente su un argomento tanto dibattuto, ma anche molto complesso, cercando di fare tesoro di testimonianze di chi ha vissuto e visto la sofferenza, ma che in alcuni casi ha saputo perdonare.
Per conoscere in modo più approfondito le tematiche dell’intervista, trovate il video sul nostro canale YouTube: Radio Notting Hill.