(Foto Vatican Media/SIR)

Di Francesco Bonini

Due poderosi discorsi in una strepitosa cornice: solenne e sobria allo stesso tempo. Com’è nello stile dei due protagonisti, Papa Leone e il presidente Mattarella. La visita del Papa al Quirinale, che restituisce – come si dice in linguaggio diplomatico – quella di giugno del presidente in Vaticano, non si è esaurita nei colloqui ufficiali, ma è stata l’occasione per un incontro molto partecipato con un’ampia platea: un momento molto impegnato, in cui prima il presidente della Repubblica, poi Papa Leone, non si sono certo limitati a frasi di circostanza.

Due discorsi che si possono sovrapporre, nel senso che non si ripetono, ma si completano a vicenda, spaziando dalla situazione internazionale – la pace e la guerra, in particolare, ma non solo, in Europa e in Terrasanta – alla rinnovata e preoccupante questione sociale, ai grandi temi dell’ambiente e della vita.

Ne emerge complessivamente un’immagine programmatica, potremmo dire. Cioè, insieme, la proposta – l’immagine, appunto – di una società democratica ben compaginata, basata sulla concretezza della vita delle persone e delle famiglie, nella loro realtà quotidiana, e le linee di programma per sviluppare un’Italia consapevole e, allo stesso tempo, coraggiosa nel bene e nel buono.

Ci sono la cornice, i problemi, i principi e le risorse. Questi discorsi allora possono rappresentare per tutti – ed è bene che li abbiano ascoltati proprio le alte cariche dello Stato, tutte presenti – una sorta di scorta d’ossigeno in tempi di strilli e urla inconcludenti.

Ora il vero tema è come farne tesoro, come utilizzarli. E ci sono due lezioni: una in generale, la seconda che riguarda il ruolo della Chiesa e dei cattolici. Per tutti, si può dire che è arrivata una nuova, autorevole e forte sollecitazione a una piattaforma comune. Siamo infatti ancora alle prese con un sistema politico e un discorso pubblico che non trovano pace, cioè non riescono a costruire un minimo di consenso condiviso. Non su tutto, ovviamente, ma almeno su una direzione di marcia, di sviluppo. Forse è anche per questo che da decenni la nostra crescita è, salvo andamenti congiunturali, al palo. E quello che vale per l’Italia vale anche per l’Unione e per gran parte dei Paesi europei. Si tratta di riaffermare i principi di un consenso costituzionale in positivo, non solo strillando reciproche scomuniche laiche, e guardare avanti.

Il secondo motivo di riflessione è per i cattolici italiani e per la stessa Chiesa in Italia.

Possono i cattolici contribuire a dare corpo – anche semplicemente seguendo e traducendo in termini operativi le indicazioni del Papa e dello stesso presidente della Repubblica – a questa prospettiva dinamica, che poi è quella della (rilanciata) dottrina sociale? Su entrambi i versanti nulla è (più) scontato. Si tratta di superare una fase di confusione, operare un reset, come si fa per i computer. Un esercizio tanto più necessario per vaccinarsi contro una violenza insinuante, prima di tutto nel discorso pubblico, ma purtroppo non solo. Che non si supera deprecandola o cavalcandola, ma ripartendo dai fondamentali. E connettendo, come ha proposto di fare Papa Leone – e di conserva il presidente Mattarella, con riferimento al Giubileo – tradizione e innovazione.

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