Di Pietro Pompei
Ci stiamo avvicinando ai festeggiamenti in onore del Santo Patrono di San Benedetto del Tronto, San Benedetto Martire, una figura profondamente legata a un altro martire del Piceno, Sant’Emidio.
Riscopriamo la loro storia:
La persecuzione di Diocleziano fu l’ultima e la più feroce ondata di repressione contro i cristiani nell’Impero romano.
Nel 303 d.C., gli imperatori Diocleziano, Massimiano, Galerio e Costanzo Cloro emisero una serie di editti che revocavano i diritti legali dei cristiani e imponevano l’adesione alle pratiche religiose tradizionali. I provvedimenti successivi colpirono il clero e introdussero il cosiddetto “sacrificio universale”, obbligando tutti i cittadini a offrire sacrifici agli dèi pagani.
Sebbene in passato vi fossero già state persecuzioni locali, gli imperatori precedenti si erano mostrati riluttanti a emanare leggi generali contro i cristiani. Fu con Decio, nel 250, e con Valeriano che vennero introdotte norme repressive sistematiche. Al contrario, nel 260 l’imperatore Gallieno promulgò un editto di tolleranza che garantì quasi quarant’anni di relativa pace religiosa.
Con l’ascesa al potere di Diocleziano nel 284, la situazione cambiò progressivamente. L’imperatore, deciso a restaurare la gloria e l’ordine dell’antica Roma, espulse i cristiani dall’esercito, condannò i manichei e si circondò di oppositori del cristianesimo.
Nel 302, su pressione di Galerio, consultò l’oracolo di Apollo, che lo spinse ad approvare una persecuzione generale. Il 24 febbraio 303, la macchina repressiva fu messa in moto. Tuttavia, la violenza non riuscì a fermare la diffusione del cristianesimo, che anzi ne uscì rafforzato.
Sant’Emidio, il vescovo che sfidò Polimio
Sant’Emidio nacque a Treviri nel 273, in una nobile famiglia pagana. Le fonti sulla sua giovinezza sono incerte: secondo alcune tradizioni fu dedito agli studi, secondo altre servì nell’esercito romano.
La sua conversione al cristianesimo avvenne attorno al 290, grazie alla predicazione dei santi Nazario e Celso. Dopo il battesimo si dedicò alle Sacre Scritture e, in contrasto con la propria famiglia, partì per l’Italia con tre compagni: Euplo, Germano e Valentino.
A Milano fu consacrato sacerdote dal vescovo Materno (circa 296) e per tre anni svolse un’intensa attività di predicazione, attirando numerose conversioni.
Costretto a fuggire da Diocleziano, trovò rifugio a Roma presso un certo Graziano, dove compì diverse guarigioni miracolose. La sua fama giunse fino a Papa Marcellino, che lo nominò vescovo di Ascoli. Durante il viaggio verso la nuova sede, Emidio evangelizzò molte città — tra cui Pitino, L’Aquila e Teramo — fino a stabilirsi ad Ascoli intorno al 300.
Ad Ascoli il prefetto Polimio, noto persecutore dei cristiani, lo intimò a smettere di predicare. Emidio, invece, continuò con fervore, attirando numerosi fedeli grazie anche ai miracoli compiuti. Polimio, credendolo la reincarnazione del dio Esculapio, gli propose in sposa la figlia Polisia a patto che sacrificasse agli dèi.
Il santo rifiutò e convertì la giovane, battezzandola nel fiume Tronto. Scoperto, fu arrestato e decapitato nel 303. La leggenda narra che Polisia, fuggendo sul monte Ascensione, scomparve in un crepaccio — una storia che ancora oggi vive nella tradizione popolare ascolana.
Il cristianesimo nel Piceno
Gli storici sostengono che la diffusione del cristianesimo nel Piceno fu più lenta rispetto ad altre regioni d’Italia, probabilmente per la scarsa presenza di comunità ebraiche. Tuttavia, la presenza di ville romane e di numerosi schiavi e liberti fa pensare che la nuova fede si sia radicata già nei primi secoli.
Le coste e le vie consolari divennero infatti canali privilegiati per la circolazione non solo di merci, ma anche di idee e tradizioni religiose.
San Benedetto martire: il soldato che disse no all’Imperatore
La figura di San Benedetto si inserisce nella lunga tradizione di soldati romani convertiti al cristianesimo. Già nei Vangeli, il primo a riconoscere la divinità di Gesù sulla croce fu proprio un centurione romano. Molti militari, nei secoli successivi, abbracciarono la fede cristiana e morirono per essa.
Benedetto, di stanza a Cupra Marittima, rifiutò di sacrificare al dio-imperatore Diocleziano. Accusato di lesa maestà, fu condannato a morte per decapitazione — una pena riservata ai cittadini romani.
Le fonti locali parlano di un prefetto, Grifus, come suo carnefice. Una tradizione aggiunge anche la figura di Fruttula, sorella o promessa sposa del santo, che egli avrebbe convertito come Sant’Emidio fece con Polisia.
Incarcerato a Cupra, Benedetto fu giustiziato sul ponte del torrente Menocchia il 13 ottobre 304, all’età di 28 anni. Il suo corpo, gettato nelle acque, fu trasportato dal mare fino alle spiagge di San Benedetto, dove un contadino ne raccolse pietosamente le spoglie e le seppellì sul promontorio presso l’Albula.
Il culto e la nascita di San Benedetto del Tronto
Dopo l’editto di Costantino del 313, che pose fine alle persecuzioni, la tomba del martire divenne meta di pellegrinaggi e di devozione popolare.
Numerosi miracoli, in particolare guarigioni da malattie del capo, accrebbero la fama del santo, tanto che intorno al suo sepolcro sorse un santuario, poi una pieve e infine il nucleo originario della città che da lui prese il nome.
Le cronache attestano che sul promontorio esistevano già, prima della “donazione” ai fratelli Gualtieri da parte del vescovo di Fermo, Liberto, una piccola chiesa, una pieve e alcune abitazioni di contadini e pescatori.
Solo nel 1145 iniziò la costruzione della Rocca, fortificazione difensiva dotata di base scarpata e torri d’avvistamento. Due secoli più tardi fu edificata la grande torre esagonale — il celebre Turriò — simbolo di vigilanza e di fede di una comunità che ancora oggi si riconosce nel nome e nella memoria del suo santo martire.