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Cisgiordania: decine di organizzazioni lanciano campagna per lo stop al commercio con gli insediamenti illegali israeliani

Cisgiordania (foto: Oxfam)

L’occupazione israeliana della Cisgiordania costa ogni anno miliardi di dollari all’economia palestinese, con un impatto devastante sulla popolazione civile.

Secondo un nuovo rapporto pubblicato oggi da Oxfam, in collaborazione con una vasta alleanza di organizzazioni umanitarie e della società civile, la povertà nei Territori palestinesi è più che raddoppiata in due anni (dal 12% al 28%) e il tasso di disoccupazione ha raggiunto il 35% dopo l’ottobre 2023. Il dossier è accompagnato dalla campagna “Stop al commercio con gli insediamenti illegali”, che chiede a Italia, Unione europea, Regno Unito e altri Stati membri di vietare gli scambi commerciali con gli insediamenti israeliani nei Territori palestinesi occupati, compresa Gerusalemme Est. Secondo i promotori, l’espansione degli insediamenti – illeciti secondo il diritto internazionale – alimenta una grave crisi umanitaria: nel solo 2023 sono state approvate oltre 30mila nuove abitazioni, e nei primi mesi del 2025 si è registrato un aumento senza precedenti di espropri e demolizioni. Le restrizioni imposte ai movimenti dei palestinesi, con oltre 900 checkpoint attivi, causano perdite economiche stimate in 16,8 milioni di dollari al mese. Le donne, in particolare, sono costrette a lavorare in condizioni precarie all’interno degli insediamenti, spesso senza diritti né tutele. Il rapporto denuncia inoltre il ruolo attivo di numerose imprese e istituzioni finanziarie europee e internazionali – tra cui Carrefour, Siemens, JCB, Barclays, Maersk ed eDreams – coinvolte in relazioni economiche con gli insediamenti, contribuendo indirettamente alla loro espansione.

“L’oppressione esercitata da Israele sulle comunità palestinesi è sempre più soffocante – ha dichiarato Paolo Pezzati, portavoce umanitario di Oxfam Italia –. Porre fine al commercio con gli insediamenti è un passo necessario per proteggere i diritti umani e contribuire a fermare l’espansione illegale”. Le organizzazioni chiedono che l’Ue e i governi europei introducano un bando totale su merci, servizi e investimenti legati agli insediamenti; che siano gli esportatori israeliani a dimostrare l’origine dei beni; che vengano bloccati prestiti e crediti a società attive nei territori occupati; e che sia sospeso l’Accordo di Associazione Ue-Israele, fino al rispetto delle clausole sui diritti umani. Tra le realtà italiane aderenti alla campagna figurano Acli, Amnesty International Italia, Aoi (Associazione delle Ong italiane), Arci, Cospe, Cnca, Libera, Pax Christi, Rete Italiana Pace e disarmo, Un ponte per e molte altre.

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