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Maria Goretti tra storia e santità: il confronto tra Giordano Bruno Guerri e don Vincenzo Catani

SAN BENEDETTO DEL TRONTO – L’8 settembre scorso, a San Benedetto del Tronto, presso la Palazzina Azzurra, si è svolto dalle 21.30 alle 23.30 un interessantissimo dibattito tra il pubblicista e storico Giordano Bruno Guerri e don Vincenzo Catani, storico e archivista diocesano, sul libro di Guerri Povera Santa, povero Assassino, riedizione aggiornata della stessa opera già edita nel 1985.

Il dibattito verteva soprattutto sulla beatificazione e canonizzazione di Santa Maria Goretti che, secondo Guerri, sarebbero state forzate con lo scopo di costruire un modello di “martire della purezza”. Guerri fonda la sua tesi rifacendosi a un puntuale rimando a documenti della Congregazione dei Santi e ad alcune contraddizioni presenti nelle dichiarazioni dei due testimoni chiave (Assunta, la madre di Maria Goretti, e Alessandro Serenelli, colui che il 5 luglio 1902 uccise Maria con quattordici coltellate in un tentativo di stupro). Il dibattito intendeva chiarire diversi passaggi del libro che meritano approfondimento e si è svolto in un clima di profondo e reciproco rispetto.

Don Vincenzo ha riconosciuto che qualche forzatura vi fu da parte di alcuni Padri Passionisti, i quali fungevano da postulatori della causa di beatificazione, e che la Commissione di Studio istituita dalla Congregazione per le Cause dei Santi nel 1985 per rispondere alla prima edizione del libro non sempre colse la vera essenza delle critiche di Guerri. Il dibattito ha quindi toccato i temi fondamentali della questione. Anzitutto, sia Guerri che don Catani hanno sottolineato il difficile ambiente che si viveva, in quei primissimi anni del Novecento, nelle Paludi Pontine dell’Agro Romano, dove le famiglie Goretti e Serenelli si erano trasferite da Corinaldo (Ancona) in cerca di lavoro. L’estrema povertà, il difficile ambiente geografico adatto solo a malaria, vaiolo e tifo, il durissimo e malpagato lavoro, il bassissimo livello culturale, il degrado personale e la promiscuità sono elementi preziosi per capire la genesi del gesto di Alessandro.

Quanto alle differenze nelle dichiarazioni dei due testimoni (di basso livello culturale e sociale), oltre alla distanza di più di vent’anni dal fatto, certamente pesarono l’emotività di trovarsi di fronte a giudici civili ed ecclesiastici e anche una certa pressione psicologica esercitata (in buona fede) da chi voleva esaltare la figura di Maria secondo le proprie aspettative. Tra Guerri e Catani (entrambi studiosi di storia e frequentatori di archivi) l’intesa, a questo punto, fu totale, ma alcuni momenti del dibattito furono particolarmente vivaci, come quando don Catani volle sottolineare che non c’è bisogno di pretendere dalla Chiesa una richiesta di perdono per gli immancabili errori commessi nel corso della sua bimillenaria storia, sia perché la Chiesa ha sempre chiesto perdono (chi non ricorda la grande richiesta di perdono fatta da papa Giovanni Paolo II nell’anno giubilare del 2000?): sia perché la sua fragile debolezza umana mette ancor più in risalto una Presenza misteriosa che la anima dall’interno e la rende sempre capace di continua purificazione, sia perché, nella storia, non si è mai visto che altre istituzioni politiche o sociali abbiano fatto autocritica dei propri errori (e qui don Catani ha elencato molti esempi, soprattutto degli ultimi secoli).

Altro tema scottante fu quello della paura che Maria manifestò al momento del suo assassinio. «Vorrei vedere – ha detto don Catani – chi non ha paura di essere ucciso. Ciò sarebbe masochismo puro e semplice. Anche Cristo, nel Getsemani, chiese al Padre di allontanare, se possibile, il dolore che sapeva ormai imminente». Circa la contestazione ad accettare la morte di Maria Goretti come martirio a motivo della purezza, don Catani ha detto: «Si sa che il termine “purezza” oggi non gode di simpatia. Se non piace questa parola, che sa di catechismo, allora usiamo termini come dignità personale, difesa della propria persona, delicatezza nei rapporti; credo che ciò valga anche oggi, in una società che produce quotidianamente un’assurda violenza sulle donne e che sembra avere bisogno dell’infantile sessismo da guardoni».

Guerri ha giustamente fatto notare l’abbondanza di beatificazioni e canonizzazioni che, a cominciare da papa Giovanni Paolo II fino a oggi, gli sembrano eccessive. Gli è stato risposto che in realtà ciò è frutto del Concilio Vaticano II, che ha parlato della chiamata universale alla santità: non un ideale irraggiungibile, ma una realtà offerta a tutti dalla grazia di Dio. La santità cristiana non è riservata a superuomini o superdonne che compiono azioni straordinarie accompagnate da miracoli, ma è alla portata di chi, volendo essere discepolo di Cristo e confidando nella forza dello Spirito, vive la propria vita quotidiana con una fede tenace nonostante gli immancabili dubbi, con un amore sempre faticoso da attuare, con un perdono continuamente accettato e concesso, affidandosi a Dio come Padre premuroso anche quando il dolore offusca la vita… proprio come Maria Goretti, la piccola creatura delle Paludi Pontine. E noi abbiamo bisogno di modelli di Santi a portata di mano.

La serata, che qualcuno preannunciava come una diatriba dai toni polemici, si è dimostrata invece ricca di reciproche riflessioni, grazie ai due interlocutori che hanno saputo coniugare sincerità e rispetto reciproco.

Redazione: