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Don Oreste Benzi: il ricordo di Claudia Zappasodi nel centenario della sua nascita

DIOCESI – Nato il 7 Settembre 1925 a Sant’Andrea in Casale, una piccola frazione del comune di San Clemente, nelle campagne riminesi, in una povera famiglia contadina, sesto di nove figli, alla giovanissima età di 12 anni entra in seminario: da qui in poi la sua vita sarà completamente dedicata al servizio a Gesù e all’altro, che – come era solito dire – è il volto con cui Gesù si presenta a noi.
Si tratta di don Oreste Benzi, prete carismatico che ha condiviso la sua vita con gli ultimi e di cui oggi, 7 Settembre 2025, ricorre il centenario della nascita.

Fondatore della Comunità Papa Giovanni XXIII, don Benzi ha vissuto il Vangelo accanto ai poveri e agli emarginati, accogliendo e servendo persone con disabilità, madri in difficoltà, senzatetto e prostitute. Il suo impegno sociale a favore dei poveri e degli ultimi è ben riassunto dal suo motto: “Dove noi, anche loro“, un’espressione che incarna la sua visione di una società in cui nessuno viene lasciato indietro.

Per ricordare quest’uomo, che ha fatto del suo impegno profetico e della fede incrollabile in Gesù le caratteristiche principali della sua spiritualità, abbiamo incontrato Claudia Zappasodi, referente del Servizio Accoglienza Adulti e Minori del Centro Italia della Comunità Papa Giovanni XXIII, che ha conosciuto personalmente don Benzi: “Don Oreste è stato definito da papa Benedetto XVI come un infaticabile apostolo della carità a favore degli ultimi e degli indifesi. Nato a pochi chilometri da Rimini e sesto di una famiglia molto povera, ha scelto di vivere il Vangelo in una maniera radicale. Si è caricato di tanti gravi problemi che affliggono il mondo contemporaneo, combattendo e vincendo molte battaglie sociali: quelle a favore dei poveri, quelle contro i pregiudizi nei confronti dei tossicodipendenti e delle persone con disabilità, quelle della giustizia sociale a favore degli operai e delle fasce più deboli tra i lavoratori e quelle contro la tratta, una lotta quest’ultima che lo ha impegnato per anni e che ha permesso di salvare molto vite. Don Oreste era un prete di strada che ci ha insegnato a vivere il Vangelo con umiltà e semplicità nei modi, ma con rigore e profondità nei contenuti“.

Ordinato presbitero il 29 Giugno 1949, dopo essersi dedicato con entusiasmo ai giovani, in particolare ai preadolescenti, per far fare loro un incontro simpatico con Cristo, don Benzi diventa prima vice-assistente e poi, nel 1952, a soli 27 anni, assistente della Gioventù Cattolica di Rimini. Due anni dopo, a 29 anni, diventa anche direttore spirituale nel Seminario di Rimini per i giovani dai 12 ai 17 anni.

Nel 1961 inaugura nello scenario stupendo delle Dolomiti una casa di vacanze ad Alba di Canazei (TN), per far fare loro l’esperienza dell’incontro con Dio. Proprio lì a “Casa Madonna delle Vette”, nel Settembre 1968, si svolge la prima vacanza di condivisione con giovani e persone portatrici di handicap fisico e psichico, allora definiti spastici.
Racconta Claudia Zappasodi: “Un benefattore di Canazei aveva regalato all’associazione un terreno che si trovava proprio in una zona turistica bellissima del Trentino, ma gli abitanti del posto non volevano la presenza di persone con disabilità lì, proprio vicino a loro: sostenevano, infatti, che la vista dei disabili sarebbe stata poco decorosa per i turisti. Don Oreste combatté questo grandissimo pregiudizio, andando in America a trovare i fondi per costruire un’attività ricettiva altamente inclusiva. Fu così che fece costruire un albergo non solo destinato alla villeggiatura di persone con disabilità, ma addirittura gestito da ex tossicodipendenti e donne tolte dalla strada. Questo era don Oreste! Insegnava il Vangelo vivendolo per primo lui stesso e poi facendolo vivere anche agli altri“.

Per don Oreste il Sessantotto rappresenta un anno decisivo, di svolta nella sua vita. Oltre ad incontrare la realtà delle persone con handicap gravi e gravissimi, allora emarginate e nascoste alla vista della gente, don Benzi getta le basi per quella che in futuro sarà la Comunità Papa Giovanni XXIII: in quell’anno, infatti, alla presenza del Vescovo Biancheri, si svolge la prima due giorni comunitaria in cui si approvano le linee fondative e tre anni dopo, il 13 Luglio 1971, si costituisce formalmente l’Associazione per la Formazione Religiosa degli Adolescenti Papa Giovanni XXIII. Don Oreste ne viene eletto Presidente e ne resterà Responsabile Generale fino alla sua morte.

Nel frattempo, dal 1° Settembre del 1968, don Oreste è anche parroco della comunità “La Resurrezione”, alla periferia di Rimini, nella zona denominata Grotta Rossa. Qui realizza una innovativa comunità sacerdotale insieme ad altri tre preti. Rimarrà parroco di quel popolo per ben 32 anni, fino al 2000, anno in cui lascia per il raggiungimento dei 75 anni di età, anche quando girerà instancabilmente tutto il mondo per l’attività legata alla Comunità.

Fare famiglia connota tutta la sua prorompente attività, che si allarga negli anni a sempre nuovi campi d’azione: nei primi anni 80 la promozione dell’affidamento familiare per dare una famiglia a chi non ce l’ha, l’apertura della prima comunità di recupero per tossicodipendenti; l’azione a favore dei carcerati, fino al 1986 quando con immensa gioia inaugura in Zambia la prima casa famiglia in terra di missione.
Coinvolto in tante battaglie per la difesa della dignità di ogni uomo e ogni donna, talvolta impopolari come quella per il popolo rom e sinto, diventa un personaggio pubblico, specie a partire dai primi anni 90, quando inizia il suo impegno per liberare le donne vittime di tratta e costrette alla prostituzione.
Innamorato della Chiesa, gioisce per il riconoscimento pontificio definitivo concesso alla Comunità nel Marzo 2004 da parte di papa Giovanni Paolo II. Nonostante l’avanzare degli anni, percorre migliaia di chilometri sempre con la sua tonaca lisa fino alla notte del 2 Novembre 2007, quando muore.

In merito alla sua morte, Zappasodi racconta: “Don Oreste viveva la sua santità nella quotidianità. Toccante è la profezia della sua morte, che don Oreste aveva in qualche modo previsto. Una sua abitudine era quella di scrivere i commenti alle letture del giorno. Nel 2007, l’anno in cui è morto, li aveva scritti con largo anticipo. Chiaramente don Oreste non sapeva in quale giorno sarebbe morto, eppure a commento di quel giorno aveva scritto: ‘Nel momento in cui chiuderò gli occhi a questa terra, la gente che mi sarà vicino dirà: «È morto!». In realtà è una bugia: sono morto per chi mi vede, per chi sta lì. Le mie mani saranno fredde, il mio occhio non potrà più vedere, ma in realtà la morte non esiste, perché, appena chiudo gli occhi a questa terra, mi apro all’infinito di Dio’. Questa è la profezia di don Oreste, scritta molti giorni prima di morire”.

A cento anni dalla sua nascita, don Oreste Benzi rimane una figura profetica per la Chiesa e la società, un esempio di fede vissuta e di carità concreta. La sua eredità vive nelle migliaia di persone come Claudia Zappasodi, che, ispirate dal suo esempio, continuano a vivere il Vangelo nella loro vita e anche attraverso la Comunità Papa Giovanni XXIII.

Carletta Di Blasio: