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Afghanistan, Save the Children: Ogni 30 secondi un bambino torna, dopo essere stato rifugiato in altri Paesi

Ogni 30 secondi un bambino rientra in Afghanistan, proveniente principalmente da Iran e Pakistan, in un momento in cui quasi metà della popolazione ha bisogno di assistenza umanitaria.

A lanciare l’allarme è Save the Children, che chiede ai Paesi della regione di garantire che i rimpatri siano “volontari, sicuri e dignitosi” e invita la comunità internazionale ad aumentare con urgenza i finanziamenti per far fronte all’emergenza.

Secondo un’analisi diffusa ieri, 11 Agosto 2025, da inizio anno oltre 800.000 bambini hanno attraversato il confine per rientrare nel Paese. Molti di loro hanno vissuto come rifugiati per anni e tornano ora in un contesto segnato da fame, povertà e disastri climatici. Un bambino su cinque affronta livelli critici di malnutrizione, mentre vaste aree del Paese soffrono una grave siccità.

L’entità e il ritmo dei rientri sono senza precedenti. Ogni 30 secondi un bambino rientra – è come vedere un’intera classe piena ogni 15 minuti”, ha dichiarato Samira Sayed Rahman, direttrice Advocacy di Save the Children in Afghanistan. “Molti arrivano soli, spaventati, senza accesso a cure, protezione o istruzione. Le risorse a disposizione sono drammaticamente insufficienti. Questa è una crisi trascurata, sottofinanziata, e saranno i bambini a pagarne il prezzo più alto”.

L’organizzazione umanitaria, attiva nel Paese da oltre 40 anni, ha visto famiglie intere – in alcuni casi bambini non accompagnati – accamparsi in parchi e spazi pubblici nelle principali città, privi di qualsiasi sostegno. Dal mese di marzo, oltre 150.000 minori rientrati sono stati assistiti da Save the Children attraverso servizi sanitari, supporto psicologico e distribuzione di beni di prima necessità. In alcune aree, l’organizzazione ha avviato cliniche mobili, programmi nutrizionali e spazi sicuri per i bambini. Il monito di Save the Children è chiaro: occorre agire subito per evitare che una nuova generazione cresca segnata da povertà, trauma e disuguaglianza. “Non possiamo abituarci a vedere i bambini affrontare viaggi così duri, né accettare che l’Afghanistan venga dimenticato”, conclude Rahman.

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