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Padre Pietro Lavini, il Muratore di Dio: dieci anni dopo, il ricordo e l’attesa della rinascita di San Leonardo

Di Vincenzo Varagona

A dieci anni dalla morte di padre Pietro Lavini, il prossimo 9 agosto 2025, il suo ricordo torna a vivere tra le montagne dei Sibillini, dove ha lasciato un’impronta che va ben oltre le pietre posate a mano.

Ribattezzato “il Muratore di Dio” da Giovanni Paolo II, padre Pietro è diventato leggenda per un’impresa che ha dell’incredibile: ricostruire da solo, in mezzo al nulla, la chiesa di San Leonardo al Volubrio, un rudere incastonato nella gola dell’Infernaccio, lungo l’antico cammino dei pellegrini da Loreto a Roma.

Il Centro Studi F. Duranti di Montefortino, in collaborazione con gli Amici di San Leonardo, organizza una giornata di memoria e spiritualità. L’appuntamento è fissato per le 9:30 alla Valleria, da dove si salirà insieme verso San Leonardo. Alle 11:00, verrà celebrata una Santa Messa nello spazio antistante la chiesa, chiusa e inagibile da anni. Per chi non potrà partecipare in loco, alle 16:00 si terrà una seconda celebrazione presso il Santuario della Madonna dell’Ambro, luogo caro a padre Pietro e primo punto della sua missione.

Quella di padre Pietro non è una semplice storia di fede, ma un’epopea di ostinazione, amore e solitudine. A trent’anni, dal convento dell’Ambro, individuò i ruderi del tempio e raccontava che Gesù gli era apparso in sogno dicendogli: “Ricostruisci il mio castello”. Da allora, nulla avrebbe più potuto fermarlo. Per decenni salì a piedi con sacchi di cemento, pietre, tubi, strumenti; costruì un acquedotto, dormì in tenda, affrontò la neve, l’isolamento e persino il dissenso del suo stesso ordine, che tentò di fermarlo mandandolo in Africa. Solo simulando un infortunio riuscì a tornare e riprendere i lavori. Sempre contro tutto e tutti. Sempre con lo stesso obiettivo: finire l’opera che “non aveva fatto lui, ma che aveva voluto Lui”.

Le messe di Natale a San Leonardo, celebrate spesso sotto la neve, attiravano centinaia di persone, che salivano con torce e scarponi lungo il sentiero ghiacciato. Oggi, quel luogo è chiuso, lesionato dal terremoto del 2016, spesso irraggiungibile a causa del rischio frane. Eppure, i pellegrinaggi non si sono mai fermati: fedeli e turisti salgono lo stesso, sostano davanti al cancello, lasciano preghiere e ricordi.

Per anni, la ricostruzione è rimasta un miraggio. Ma ora qualcosa si muove. Il commissario al sisma, Guido Castelli, ha garantito che i fondi sono disponibili. San Leonardo rientra nella ricostruzione privata, anche se l’intervento sarà delicato: una parte dell’edificio poggia su una faglia attiva, il campanile si è staccato, la chiesa è ferita ma non dimenticata.

L’esempio del Santuario dell’Ambro, a pochi chilometri, parla chiaro: riaperto in soli due anni dopo il sisma, ha rigenerato l’intero comprensorio. Anche San Leonardo potrebbe diventare un faro spirituale e culturale, un punto di rinascita per una montagna che si sta spopolando.

Padre Pietro, profeta contemporaneo, ci invita oggi ad avere pazienza, ma anche coraggio. Il progetto di ricostruzione – ancora assente – è l’ultimo anello mancante. La proprietà resta quella del convento benedettino femminile di Santa Vittoria in Matenano, che lo accolse quando il suo stesso ordine lo lasciò solo. Il suo superiore, all’epoca, gli disse: “Non ci devi costare neanche un tozzo di pane”. Pietro, salendo verso il rudere, si fermò a Rubbiano e lo chiese a una famiglia del posto. Oggi quel tozzo di pane è diventato una speranza: riaprire San Leonardo e non deludere chi, per mezzo secolo, ha trasformato una montagna in preghiera, una rovina in santuario, una visione in realtà.

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