(Foto Calvarese/SIR)

Di Alberto Baviera

Si rimettono in cammino stanchi ma felici i pellegrini che hanno partecipato al Giubileo dei giovani conclusosi in mattinata nella spianata di Tor Vergata, là dove 25 anni fa si erano radunati per un analogo evento le “sentinelle del nuovo millennio”. È una generazione diversa da quella che fece “chiasso” per tutta la Capitale nel 2000, come sottolineò san Giovanni Paolo II: un “chiasso” – affermò – che “ha colpito Roma e Roma non lo dimenticherà mai!”. Forse è ancora presto per individuare per cosa questo evento giubilare rimarrà nel cuore e nella memoria dei singoli partecipanti, della Città Eterna e della Chiesa.

Di certo, però, questi giovani dimostrano una grande consapevolezza, pur tra le difficoltà, i timori, le inquietudini: hanno il desiderio di non sprecare la propria vita. Un obiettivo più facile da raggiungere se condiviso. Mentre tornano a casa non possono non pensare all’esortazione di Papa Leone: “Aspirate a cose grandi”. E al suo invito conclusivo: “Continuiamo a sognare insieme, a sperare insieme!”. Proiettati già a Seoul, dove nel 2027 si svolgerà la Giornata mondiale della gioventù, condividono quanto questi giorni hanno lasciato nel loro cuore.

(Foto Federica Gaspard)

Per Federica Gaspard, 17enne della diocesi di Aosta, “il Giubileo è conversione. È l’invito a fare un passo oltre la paura. Questo passo – rivela – mi lascia

una speranza che divampa, un futuro rinnovato nel nome di Dio e la ferma volontà di vivere e dare la vita”.

(Foto suor Marta Ronzani)

“Il Giubileo – precisa suor Marta Ronzani, che con le consorelle della Congregazione delle Figlie della Chiesa ha vissuto questa settimana come volontaria – è stato sicuramente un’occasione per ravvivare la fede, per vedere con gli occhi sia del corpo che dello spirito, il volto colorato e vivo della Chiesa!”. “Per me è stato più volte emozionante – rivela – vedere i tanti pellegrini provenienti da diversissime parti del mondo, sventolare con entusiasmo la loro bandiera (più di qualcuna mai vista!), per inneggiare al Signore e a chi in Lui ci unisce: Pietro, oggi Papa Leone”. “Essere volontaria – racconta suor Marta – è stata un’esperienza stancante, però anche molto gratificante. Ci sono arrivati parecchi ‘Grazie!’ in questi giorni e penso che il grazie più grande vada detto al Dicastero per l’evangelizzazione e alla città di Roma che si sono spesi in infiniti modi affinché tutto riuscisse al meglio!”.

“Speriamo – ne siamo certi! – che questi giorni portino frutti abbondanti nei cuori dei giovani, vivacità del presente e speranza di un futuro più fraterno, realtà già presente in questa settimana!”.

(Foto Maria De Filippo)

“Le giornate e la notte trascorse a Tor Vergata – ammette Maria De Filippo, educatrice presso l’oratorio della parrocchia Santa Paola Frassinetti di Fiumicino – hanno sicuramente ravvivato la nostra fede, dandoci forza nuova da riportare a casa. Vedere tanti giovani che professano la stessa fede che spesso nella quotidianità ci fa sentire lontani dai nostri coetanei, è sempre motivo di gioia e in qualche modo stupore”. “In questo caso – racconta Maria – oltre alla sensazione di comunità, per noi c’è stato anche un senso di accoglienza, dato dal fatto che siamo ‘a casa’”. “Oggi ancor di più si sente la fede che spinge i pellegrini a viaggi lunghi e difficili”, conclude, cosciente che

“tornare alla vita di tutti i giorni è difficile; ma sicuramente non dimenticherò le emozioni di questi giorni, cercando di rendere quotidiane le parole ricevute dal Papa”.

(Foto Simone Nardi)

Pensieri a cui attinge pure Simone Nardi, 30enne dell’arcidiocesi di Cosenza-Bisignano “Esplodere in mille colori come un campo a primavera”: “È questo – commenta – quello che noi giovani siamo chiamati a fare oggi perché – come ci ha ricordato Leone XIV – ‘un mondo nuovo e migliore è possibile’”.

Anche mons. Nicolò Anselmi, vescovo di Rimini, ritorna sulle parole del Santo Padre: “Sia durante la veglia di sabato sera sia nella messa di questa mattina – ha sottolineato, anche spesso utilizzando l’immagine dei due discepoli di Emmaus, la possibilità di incontrare Gesù in tanti modi e in tante forme: negli altri, nell’Eucaristia, nell’adorazione, nella preghiera. Ma – ispirandosi a sant’Agostino ha richiamato anche il sentire che Gesù abita dentro di noi”. “Spesso – commenta il vescovo – abitiamo al di fuori di noi stessi; viviamo spostati, sbilanciati verso l’esterno; ma Gesù è con noi”. “Il Papa – prosegue mons. Anselmi – ha chiesto non solo ai giovani, ma anche ai vescovi, ai preti, alle suore, ai consacrati, agli adulti e agli accompagnatori di invocarlo frequentemente: ‘Resta con noi, Signore. Signore, stai con noi. Tu sei la nostra vita’”. “Credo che queste sottolineature così forti – rileva il vescovo – abitino veramente nel cuore di Papa Leone”.

(Foto mons. Anselmi)

“Oggi – come Leone XIV stesso ha detto già dai primi momenti del suo pontificato, quando ha accennato all’idea che io vorrei sparire per far emergere Gesù – è il tempo in cui presentare a noi stessi e al mondo la persona di Gesù” . “Il Papa – prosegue – ha raccomandato che questa possibilità di incontrare il Signore, di sentirlo presente nella nostra vita, non è un qualcosa da tenere per noi stessi ma è un qualcosa da donare agli altri.

Ritorniamo a casa e con i nostri amici, nelle nostre scuole, nelle università, nelle parrocchie, nei luoghi di lavoro e di vita, dobbiamo parlare di Gesù”.

Un’indicazione “così forte – osserva – perché accompagnata da un gesto: il Papa, subito dopo la messa, svestiti i paramenti liturgici, ha voluto ritornare sul palco per salutare ma, soprattutto, per ringraziare tutti gli organizzatori e dire a tutti i giovani: tornate a casa e parlate di Gesù, proponete la sua persona ai vostri amici”. “È un mandato missionario in linea con quanto Papa Francesco, più volte citato in questi giorni, ci ha chiesto con l’Evangelii Gaudium: una conversione missionaria della Chiesa. E i giovani sono tra i primi missionari”.

(Foto Annapia Zizzania)

“‘Nessuno si salva da solo’: queste parole si sono fatte carne in questo tempo di servizio come volontaria”, afferma Annapia Zizzania, una dei circa cento italiani coordinati dalla Cei che hanno offerto il proprio servizio ai coetanei arrivati a Roma in questi giorni: “Una parola per descriverli è ‘insieme’”, aggiunge, spiegando che “noi, giovani da tutta Italia, di diverse età, ci siamo messi in gioco in questa opportunità di servizio, creando una fraternità in pochissimo tempo, condividendo fatiche e gioie, pasti, sudore e docce, e tanto amore”. Quella che si sta concludendo è stata “una settimana intensa, piena di gioia vera, quella che ti ‘consuma’ ma ti riempie… e non puoi fare a meno di continuare a farti consumare ancora e ancora da questo Amore ricevuto e donato, un ciclo infinito, ricco”. “Torno a casa con un cuore grato per ogni momento, ogni passo, ogni sguardo, ogni sorriso, ogni mano donata e ricevuta”. “È questa – per Annapia –

la speranza che porto con me: poter condividere sempre ogni momento ‘insieme’ ai fratelli”.

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