(Foto Calvarese/SIR)

“Non sembra, ma siamo una generazione che soffre. Eppure, qui ci sentiamo a casa. Qui siamo vivi”. È la voce di Marco, 22 anni, da una piccola parrocchia di Ravenna, una delle tante che hanno raggiunto Roma per il Giubileo dei giovani. La sua è una delle testimonianze raccolte oggi a Tor Vergata, dove centinaia di migliaia di ragazzi stanno vivendo un’intensa giornata di incontro, musica, preghiera e attesa per la veglia con Papa Leone XIV. “La Chiesa è giovane e vogliamo raccontarlo al mondo. Essere qui è un antidoto alla solitudine. Viviamo connessi con tanti amici – racconta Marco – ma spesso siamo soli. Qui, invece, troviamo persone vere accanto a noi, che condividono le stesse idee, la stessa speranza. Le relazioni via messaggio non bastano. L’amicizia vera nasce camminando insieme”.
Sofia, 18 anni, è arrivata da Torino con il coro della sua diocesi: “Abbiamo cantato davanti a migliaia di persone, è stato emozionante. Ma ancor più forte è stato lo stare insieme, incontrare ragazzi e ragazze che vivono la fede come noi. I volti, le storie, le voci: qualcosa si muove dentro, il cuore cambia”.
Per Elena, 20 anni, da Milano, l’esperienza di questi giorni è un’immagine potente della vita stessa: “Camminiamo tanto, anche quando siamo stanchi. Ma ogni passo è con qualcuno accanto. Cerchiamo risposte sul futuro, sulla vita. Abbiamo bisogno di guide vere. Figure di adulti che non deludano, come Papa Francesco prima e Papa Leone ora”. Anche per lei l’attesa di una parola “che cambi il cuore” è centrale: “Il Papa parla a nome di Qualcuno più grande. Noi vogliamo ascoltare, e lasciarci cambiare”.
Da Ravenna a Torino, da Milano a Roma, i giovani raccontano una Chiesa che non è distante, ma che cammina accanto. Una Chiesa “viva”, come l’hanno definita, in cui non si è soli e in cui la speranza non è solo un’idea, ma una persona che si incontra.

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