(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

Di Don Enzo Gabrieli

Torno volentieri, dopo venticinque anni, al Circo Massimo, dove appena ordinato sacerdote accompagnato dal mio vescovo e padre, mons. Giuseppe Agostino, confessammo fino a tarda sera in occasione della Giornata mondiale della gioventù del 2000.
Ero un giovane prete, ventisettenne, ancora un Papaboys e rientravo anche nel range delle sentinelle del mattino che San Giovanni Paolo II aveva convocato per indicarci il cuore della nostra felicità: Gesù stesso.
Negli anni a venire ho accompagnato i giovani della mia parrocchia nelle diverse Gmg e ho cercato di conservare e trasmettere loro la bellezza di questi momenti e dell’incontro con il Signore, anche soprattutto attraverso i Sacramenti dell’Eucarestia e della Confessione.
Nel mio cuore c’è tanta gioia, commozione, gratitudine e anche attesa per l’incontro con i giovani che potranno fare esperienza di Resurrezione, con un sacerdote sconosciuto, incontrato per caso e che è lì, davanti a loro, fratello tra fratelli, costituito padre nel ministero, nella stessa persona di Gesù per abbracciarli, rialzarli, farli risorgere.Sono cresciuto, è passato un quarto di secolo, ma non mi sento affatto arrivato. Tutt’altro. So che il Signore mi sta mandando davanti a lui, per una meravigliosa giornata di ministero. E allora avanti, a tutto gas, mi sono fatto i miei cinquecento chilometri per confessare qualche ora al Circo Massimo, anche nel ricordo di tanti fratelli cristiani che qui a Roma hanno “confessato” la loro fede duemila anni fa donando la vita.

La confessione è un sacramento bellissimo: è perdono e testimonianza.

È l’incontro con il Signore risorto e vivo, è anche professione di fede in Dio che perdona sempre, che perdona tutto. E questi grandi appuntamenti penitenziali rilanciano il sacramento della Riconciliazione in un clima di festa, così come è stato per il figlio prodigo che torna, per la pecora che si sente cercata e trovata. Il confessore, come il padre della nota parabola, è chiamato a fare il primo passo e anche a caricarsi del peso dell’altro, con gioia, da silenzioso cireneo, come buon samaritano che si prende cura dell’uomo incappato nei peccati, nei briganti del cuore che dilaniano l’anima.

Prendersi cura, annunciare all’altro che stai a cuore a Gesù, è l’annuncio grandissimo che trasforma la solitudine in compagnia, l’errore in una esperienza dalla quale trarre insegnamento, la notte in una nuova alba senza più tramonto.Quando alla sera, ciascuno dei mille e più sacerdoti che saremo lì al Circo Massimo, torneremo alle nostre case, troveremo Gesù che ci aspetta, che avrà messo un po’ di pesce sulla brace. Sono certo che vorrà sentire la narrazione della nostra giornata e lo immagino dire a ciascuno di noi, sorridendo:

oggi è stata una giornata di Grazia, di Misericordia qui Roma per l’umanità intera.

Aggiungerà: vedevo il regno di Satana sbriciolarsi, cadere dal cielo come folgore. Ma non rallegratevi per questo, rallegratevi perché i vostri nomi sono scritti nel Cielo. E forse sarà proprio questo che proverò a dire a quanti il Maestro mi farà incontrare su questo pezzetto di strada che sarò chiamato a fare con loro, come pellegrinaggio di misericordia verso la pace del cuore.

Dirò loro che quell’incontro Gesù lo aveva organizzato da tempo, forse da tutta l’eternità.

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