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Il mondo digitale rappresenta oggi una nuova frontiera della missione della Chiesa

Di Don Oronzo

“Grazie, dunque, di quanto avete fatto per uscire dagli stereotipi e dai luoghi comuni, attraverso i quali leggiamo spesso la vita cristiana e la stessa vita della Chiesa. Grazie, perché siete riusciti a cogliere l’essenziale di quel che siamo, e a trasmetterlo con ogni mezzo al mondo intero”. Sono parole di Papa Leone ai rappresentanti dei media a pochi giorni dalla sua elezione al soglio pontificio che dicono l’importanza e la delicatezza della comunicazione del Vangelo e della vita della Chiesa nell’attuale scenario socio-culturale.

Nell’era della comunicazione globale, le frontiere della missione della Chiesa continuano ad allargarsi: annunciare il Vangelo là dove le persone vivono e comunicano. Oggi, più che mai, gli spazi online rappresentano uno dei luoghi sempre più frequentati. Nasce così la figura dei cosiddetti missionari digitali, uomini e donne che popolano le piattaforme social per condividere messaggi di speranza e testimoniare la fede attraverso un linguaggio semplice, autentico, quotidiano e attento alle regole del gioco comunicativo di questi spazi.

La missione digitale, infatti, non può non tener conto della necessita di favorire la creazione di un ponte tra l’autore del messaggio e chi sta dall’altra parte dello schermo, abbattendo così le distanze e presentando in maniera creativa l’esperienza cristiana come vicina alla vita di tutti e spiritualmente concreta. L’utilizzo di Instagram, YouTube, TikTok, Facebook e di tutte le altre piattaforme di podcasting e blog non è incompatibile con l’annuncio: si può raccontare anche lì la bellezza del Vangelo, rispondere a domande, ascoltare storie, offrire conforto e orientamento.

Non si tratta di predicare dall’alto, ma di abitare la rete con empatia, creatività e trasparenza facendo propria più la postura del testimone che quella dell’influencer o del maestro (come affermava San Paolo VI in Evangelii nuntiandi al n. 41, “L’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, […] o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni”).

Attorno ai missionari digitali fioriscono vere e proprie community digitali, comunità che si formano e crescono online che se guidate e accompagnate in maniera sana diventano occasione preziosa per molti per condivisioni profonde e per relazioni autentiche poiché il digitale si rivela luogo di accoglienza e di annuncio, di ascolto e di fraternità.

Tuttavia, va detto, queste forme di aggregazione che offrono spazi di incontro anche a chi, per motivi geografici, personali o culturali, fatica a trovare il proprio posto nella Chiesa “fisica”, sono – e questo ne certifica l’autenticità – chiamate ad accompagnare il cammino di ciascuno in vista di una condivisione anche da quest’altra parte dello schermo con una comunità di riferimento in cui giocarsi in prima persona.

Quanti missionari digitali conosciamo? Alcuni li sentiamo più vicini alla nostra sensibilità, altri un po’ meno (si passa dalla narrazione della propria esperienza personale alla catechesi, dall’umorismo alla provocazione gentile). Ciò non costituisce un problema; in effetti, i missionari digitali sono diversi per stile, percorso, sensibilità; è possibile ascoltare e vedere sacerdoti e religiose che raccontano la loro quotidianità, giovani laici che condividono esperienze di fede, mamme e papà che parlano di famiglia, artisti che diffondono spiritualità attraverso la musica o l’arte, adolescenti e giovani che propongono riflessioni e preghiere. Tutti, però, hanno risposto e continuano a rispondere alla chiamata a servire l’incontro tra Cristo e l’uomo e la donna di ogni tempo; anche nel mondo digitale – alla stregua di quello fisico – le persone cercano senso, relazione, speranza.

Due dati affermano come la missione digitale non possa rappresentare solo una tendenza passeggera, ma la consapevolezza che occorra abitare la rete in maniera competente e credibile: da una parte il Sinodo universale in corso ha riconosciuto esplicitamente la presenza di un “continente digitale”; dall’altra il Giubileo dei missionari digitali e degli influencer cattolici (28-29 luglio) quale riconoscimento del valore e del ruolo di quanti sono chiamati ad annunciare il Vangelo e ad essere “sale della terra e luce del mondo” anche nelle piazze virtuali.

In un tempo segnato da solitudini e smarrimenti, il Vangelo resta segno affidabile di speranza e di prossimità; come ricordava Papa Francesco nel suo Messaggio per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali nel 2014, “la rete digitale può essere un luogo ricco di umanità, non una rete di fili ma di persone umane”. E i missionari digitali testimoniano che la fede può davvero parlare il linguaggio di oggi, senza perdere la sua forza e la sua verità.

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