Chi diffida delle fonti umane tende a percepire l’intelligenza artificiale come una minaccia.
È quanto emerge da uno studio del Centro di ricerca sulla Teoria della mente dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, condotto in collaborazione con l’Università di Chester. La ricerca ha analizzato le implicazioni psicologiche, sociali ed etiche della cosiddetta sfiducia epistemica, ossia la tendenza a ritenere le fonti informative come inaffidabili o malevole. L’indagine, che ha coinvolto 121 adulti italiani tra i 18 e i 65 anni, mostra che chi manifesta questa forma di sfiducia è più incline a focalizzarsi sui limiti e sui rischi dell’AI, ritenendola potenzialmente ingannevole. All’opposto, maggiore familiarità con l’intelligenza artificiale si traduce in atteggiamenti più aperti e fiduciosi. Il dato si intreccia anche con variabili di genere: gli uomini risultano generalmente più propensi ad accettare l’AI, mentre le donne si mostrano più sensibili alle sue implicazioni sociali ed etiche. Lo studio evidenzia l’importanza di sviluppare una consapevolezza epistemica e un’alfabetizzazione all’uso dell’AI che includa, oltre agli aspetti tecnici, anche responsabilità sociale e riflessione etica, per favorire un approccio critico, consapevole e trasparente alle nuove tecnologie.




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