DIOCESI – Verrà inaugurata Domenica 6 Luglio 2025, alle ore 10:30, presso l’Edificio Rotary in località Borgo d’Arquata, la mostra “L’identità ritrovata – Opere d’arte dal territorio di Arquata del Tronto nel ricordo di don Angelo Ciancotti ”.
L’esposizione, che ospiterà 14 opere d’arte, tutte provenienti dalle chiese del territorio di Arquata e tutte restaurate dopo i danni del sisma del 2016, è particolarmente importante per il territorio arquatano, in quanto lo spazio espositivo resterà in futuro a disposizione della comunità. Sebbene infatti non si tratti di un vero e proprio museo, poiché si auspica che nei prossimi anni le opere tornino nella loro ubicazione pre-sisma, tuttavia il luogo potrà accogliere altre opere d’arte ed essere quindi punto di attrazione culturale ed artistica sia per gli Arquatani sia per i turisti.

L’iniziativa, che si configura quindi come uno spazio di speranza e di rinascita per la comunità di Arquata del Tronto, è stata presentata ieri, Mercoledì 2 Luglio 2025, durante la conferenza stampa che si è tenuta alle ore 12:00 presso l’Episcopio in Ascoli Piceno.
Presenti per l’occasione i rappresentanti di tutti gli enti promotori del progetto: l’arcivescovo Gianpiero Palmieri, vicepresidente della CEI e vescovo delle Diocesi del Piceno; Michele Franchi, sindaco di Arquata del Tronto; don Elio Nevigari e Simona Massari dell’Ufficio Beni Culturali della Diocesi di Ascoli Piceno; Marco Lattanzi, direttore del Museo Diocesano di Ascoli Piceno; Giovanni Issini e Pierluigi Moriconi della Soprintendenza per l’Archeologia, le Belle Arti e il Paesaggio per le Province di Ascoli Piceno, Fermo e Macerata; Adele Luci, rappresentante della comunità di Arquata del Tronto.

Una comunità che si riappropria delle sue opere

Queste le parole dell’arcivescovo Gianpiero Palmieri: “Il Museo Diocesano di Ascoli Piceno, che è uno dei più antichi, è nato per la necessità di mettere in sicurezza alcune opere d’arte che originariamente erano custodite nei luoghi per i quali erano state pensate – principalmente chiese – ma che poi nel tempo si è reso necessario spostare. È così che, dopo il terremoto del 2016, le sale del Museo Diocesano sono passate da 6 a 14. Tra le varie opere accolte qui ad Ascoli ce n’erano molte provenienti da Arquata del Tronto. In attesa che vengano risistemate nelle chiese di Arquata, abbiamo pensato che potessero essere comunque restituite alla comunità, collocandole in un museo allestito appositamente sul territorio di Arquata, con l’intento di rendere le opere accessibili alla comunità di appartenenza e favorire anche la ripresa del turismo culturale nei territori colpiti dal sisma. La popolazione locale apprezza molto che queste opere tornino nei loro luoghi del cuore e siano visitabili”.

L’arcivescovo Palmieri ha sottolineato anche la sinergia che ha reso possibile la realizzazione di tale progetto: “Mi sembra molto bello anche il fatto che l’idea del museo nasca da una collaborazione tra più realtà, a partire dal Comune di Arquata del Tronto, con il sostegno del Rotary, il Comando dei Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale, la Soprintendenza e la Diocesi. Ringrazio quindi tutti coloro che in qualche modo hanno contribuito alla realizzazione del museo ad Arquata, in particolare il BIM Tronto, che ha finanziato il progetto, e il Museo Diocesano di Ascoli Piceno, che ha strenuamente voluto il progetto e ha lavorato per la sua realizzazione”.

Ha infine concluso mons. Palmieri: “Mi piace anche che il museo sia dedicato a don Angelo Ciancotti, un parroco che aveva una particolare sensibilità per l’arte“. Il prelato ha spiegato che il ricordo di don Angelo Ciancotti nasce non solo per il suo impegno pastorale ed ecclesiale, ma anche per la sua esperienza esistenziale nella promozione della conoscenza e della conservazione dei manufatti storici ed artistici del territorio di Arquata.

Uno spazio di speranza e di rinascita

Grande la soddisfazione del direttore del Museo Diocesano, Marco Lattanzi, il quale ha spiegato:
In questo spazio che abbiamo allestito sarà possibile ammirare 14 opere, tutte provenienti dal territorio di Arquata del Tronto, ognuna particolarmente significativa e rappresentativa di una frazione della cittadina marchigiana. È la prima volta che delle opere restaurate dalla Soprintendenza vengono esposte in un luogo che appartiene al territorio stesso per il quale sono state pensate e realizzate. Al di là del valore artistico delle singole opere, vorrei sottolineare l’appartenenza di questi simboli iconici alla comunità e il fatto che, con questa mostra/museo, la comunità se ne riappropria e li torna a fare suoi. È questa la finalità di un museo, come evidenziato anche dalle nuove teorie che emergono dall’ICOM (International Council of Museums), che mettono in prima linea l’inclusione e l’appartenenza al luogo di origine. È questo un segnale importante, nell’Anno Giubilare della Speranza, che la Diocesi di Ascoli Piceno, insieme al Comune di Arquata del Tronto, alla Sopraintendenza e al Bacino Imbrifero Montano del Tronto, vuole dare a questa comunità: uno spazio di speranza, uno spazio museale e culturale che possa essere riutilizzato anche in futuro. Solo la coesione tra varie identità presenti sul territorio ha consentito questa possibilità”.

Il sindaco Michele Franchi, oltre a sottolineare come il progetto sia un concreto segno di speranza per la comunità arquatana, ha ricordato con affetto la figura di don Angelo Ciancotti a cui la mostra/museo è dedicata: “Don Angelo aveva una sensibilità artistica notevole. Inoltre i suoi genitori erano originari di Pescara del Tronto, poi si sono trasferiti a Spelonca ed infine al centro di Arquata, in zona Borgo, quindi possiamo dire che hanno abbracciato tutta la nostra cittadina e la rappresentano pienamente“.
Il sindaco Franchi ha poi ringraziato tutti coloro che hanno reso possibile la realizzazione di questo spazio espositivo, lodando particolarmente la loro capacità di rispettare i tempi: “Ringrazio il vescovo Palmieri, il direttore Lattanzi e il presidente del BIM che sul territorio arquatano è sempre presente. Avete rispettato i tempi che avevate promesso. Non era scontato ed invece lo avete fatto. Grazie di cuore. Colgo l’occasione per ringraziare anche Adele Luci, di Arquata del Tronto, che tiene molto ai tesori d’arte della nostra cittadina ed incarna la voglia di tanti Arquatani di valorizzare il proprio territorio, le tradizioni, la storia, la cultura e l’arte locale“.

Una storia che merita di essere raccontata

Il soprintendente Giovanni Issini ha sottolineato la straordinarietà di questo progetto: “Già la nascita di questo nuovo spazio espositivo è una storia che merita di essere raccontata: l’idea progettuale, infatti, è stata accolta con entusiasmo da tutti gli Enti coinvolti. Da parte della Soprintendenza ovviamente lo slancio è stato enorme, perché l’apice del nostro lavoro è proprio restaurare le opere e renderle subito visibili sul territorio. Le opere salvate dalle macerie o danneggiate, per le quali sono stati chiesti i finanziamenti, sono tantissime. Riuscire a riportarne alcune sul territorio è un grande risultato: l’arte infatti racconta i valori storici, artistici e religiosi di una comunità e, in questo caso, le opere restaurate sono patrimonio di Arquata del Tronto e dei suoi cittadini“.

Il funzionario della Soprintendenza Perluigi Moriconi, storico dell’arte, ha rivelato la genesi del progetto: “L’idea di creare un progetto nei paesi terremotati esiste da molto tempo, perché da subito abbiamo capito che le popolazioni di Arquata e dintorni erano state martoriate dal terribile sisma del 2016. Ho vissuto da vicino tutta la situazione e mi sono reso conto che il terremoto più brutto è avvenuto nell’anima delle persone. Oltre a questo, i danni agli edifici e alle opere sono stati ingenti: ricordo che in 3 anni abbiamo effettuato 465 sopralluoghi, molti dei quali ad Arquata: infatti, anche se le cittadina aveva pochi abitanti, meno rispetto ad altre località, tuttavia il patrimonio architettonico ed artistico era molto vasto. Dall’idea alla sua realizzazione sono trascorsi alcuni anni, il tempo necessario alla Soprintendenza per reperire i fondi. Alcuni restauri sono stati finanziati dal Ministero, altri dalla generosità di alcuni privati. Tra questi ricordo il Bio Sodalizio dei Piceni e l’ANCI Marche. Ad oggi possiamo dire di aver recuperato quasi 2000 opere nel Piceno“.

Le soprese inaspettate emerse durante i restauri

Moriconi ha poi evidenziato gli esiti, per certi versi stupefacenti, di alcuni restauri eseguiti: “La celebre croce di Pescara del Tronto, che ha resistito al terremoto e che tutti ricordano di color rame, oggi, dopo l’intervento di restauro, appare, nella parte superiore, di color argento. Ma non solo. L’opera che rappresenta una visione mistica di San Francesco, che era custodita proprio nella chiesa dedicata al santo di Assisi ubicata a Borgo di Arquata, ci ha regalato una bella sorpresa: durante il restauro, è venuto alla luce il nome dell’autore. Si tratta di Guiduzzio da Urbino.
Il nostro motto è sempre stato questo: recupero, restauro, riconsegna, con l’obiettivo di preservare la memoria. Le 14 opere, scelte per la mostra/museo di Domenica prossima, sono opere identitarie in cui la gente può riconoscersi: restituirle alla comunità di appartenenza genererà sicuramente una grande festa. Ringrazio l’arch. Simona Massari, per la continua collaborazione, e don Elio Nevigari, per il grande sostegno”.

Il contributo determinante del BIM Tronto

La Mostra è stata realizzata grazie al contributo del Bacino Imbrifero Montano del fiume Tronto, che ha finanziato l’allestimento delle sale, le movimentazioni delle opere e quanto attiene agli aspetti di comunicazione e valorizzazione. All’interno della mostra, è stata creata anche una sala video nella quale sono mostrate e commentate le immagini dei recuperi delle opere d’arte dagli edifici danneggiati.

Il presidente del BIM Tronto, Luigi Contisciani, ha affermato: “Credo sia importante sottolineare la condivisione di progetti che riguardano il territorio e le tradizioni. L’inaugurazione di questo nuovo spazio espositivo rappresenta, per il BIM e per il Sistema Museale Piceno, un momento di particolare rilevanza per due motivi: prima di tutto con questo di Arquata del Tronto apriamo il 76° edificio museale del territorio e questo per noi è di vitale importanza; in secondo luogo, viviamo l’orgoglio di riportare delle preziose opere d’arte alla comunità montana, a cui noi siamo particolarmente vicini e da cui riceviamo grandi benefici. È infatti grazie all’acqua utilizzata per produrre l’energia elettrica, che ci procuriamo le risorse necessarie per mettere a disposizione della comunità e perseguire il benessere economico e sociale della popolazione.

Il ringraziamento grande va al vescovo Palmieri, al direttore Lattanzi e alla Soprintendenza, che hanno realizzato concretamente il progetto. Il BIM, come è solito fare, si è limitato solo a sostenere una di quelle iniziative che sostengono il territorio, lo valorizzano e danno nuova linfa alle comunità. Quest’ultimo aspetto è particolarmente importante per un territorio come quello di Arquata del Tronto, in cui è grande la voglia di rinascere. Siamo orgogliosi e felici di aver sostenuto questa iniziativa“.

Una rinascita spirituale

A chiudere gli interventi è stato don Elio Nevigari: “L’Ufficio Diocesano per i Beni Culturali si è coinvolto pienamente in questi anni proprio per giungere a questo risultato, che rappresenta solo il momento finale del grande impegno profuso. Da un punto di vista istituzionale, abbiamo cercato di mantenere rapporti continuativi e proficui con la Soprintendenza. Dal punto di vista della custodia materiale delle opere d’arte, fin dal primo momento siamo stati in prima linea, insieme al Nucleo dei Carabinieri per la Tutela dei Beni Culturali, nel ricoverare l’ingente quantità di beni artistici provenienti dalle zone terremotate. Infine abbiamo cercato di curare anche una banca dati del materiale artistico con cui venivano, di volta in volta, a contatto, affinché le opere avessero una loro identità: abbiamo cercato, nella letteratura e nelle testimonianze orali, di raccogliere dati, documenti ed informazioni, che potessero agevolare il restauro, rintracciare la chiesa di provenienza ed individuare la storia di ogni singola opera. Ringrazio i Carabinieri, le famiglie e i sacerdoti che ci hanno consegnato in custodia queste opere, che ora finalmente torneranno ad abitare il territorio per le quali sono state pensate. La popolazione potrà tornare a mettersi in contatto con oggetti che identificano la propria esperienza di fede. La fede è infatti uno di quegli elementi che caratterizzano l’identità di una persona e di una comunità, proprio perché perché vissuta in un determinato territorio, in una determinata chiesa, davanti ad una determinata statua o effigie. Questo mi pare interessante non solo nella prospettiva di una rinascita spirituale, ma anche nell’ottica di un ripopolamento e di un rinnovamento generale”.

La mostra/museo, dunque, si pone come polo culturale, artistico e di fede del territorio arquatano e montano, affinché l’identità di questa terra possa ricostituirsi anche partendo dai simboli nei quali la comunità si riconosce.

 

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