GROTTAMMARE – La proposta di ridurre da dieci a cinque anni il tempo necessario per ottenere la cittadinanza italiana – promossa da Riccardo Magi di +Europa e sottoposta all’ultimo referendum – ha rivelato una certa distanza tra una parte dell’elettorato e la causa degli immigrati.
Le ragioni di questo distacco sono molteplici. Uno dei limiti principali è stato forse nella formulazione del quesito referendario, che non ha chiarito in modo sufficiente chi avrebbe beneficiato della riforma. Più che di un semplice diritto burocratico, si sarebbe dovuto parlare di vite sospese, di persone che vivono in un limbo giuridico e sociale. La cittadinanza non è un capriccio, ma un atto di riconoscimento, di inclusione, di civiltà.
Inoltre, sarebbe stato utile comunicare in modo più efficace che la riduzione dei tempi non avrebbe comportato un “assalto ai Comuni”. Molti stranieri, infatti, hanno in Italia un progetto di vita temporaneo o parziale.
Chi può chiedere la cittadinanza italiana?
Per prima cosa, bisogna voler diventare italiani. E già questo dovrebbe essere motivo d’orgoglio. Chi sceglie la cittadinanza italiana lo fa perché ne apprezza il valore, la cultura, i diritti. Ma questa volontà deve potersi tradurre in un’appartenenza giuridica piena.
Chi presenta domanda per la cittadinanza per residenza deve soddisfare requisiti stringenti, tra cui:
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Certificato penale del paese d’origine (valido e aggiornato)
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Certificato di nascita
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Permesso di soggiorno in corso di validità
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Certificato storico di residenza
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Documentazione reddituale
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Pagamento di una tassa di 250 euro e marca da bollo da 16 euro
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Conoscenza della lingua italiana almeno a livello B1, oppure un titolo di studio rilasciato in Italia
Una volta presentata la domanda, il Ministero dell’Interno ha fino a due anni per esaminarla e comunicare l’esito. In caso di risposta positiva, il richiedente è convocato presso il Comune di residenza per il giuramento formale davanti al sindaco.
Il caso di Grottammare: numeri che parlano
Secondo quanto riferito dalla dott.ssa Carina Perozzi, responsabile dell’Ufficio Servizi al Cittadino del Comune di Grottammare, negli ultimi anni la cittadinanza italiana è stata concessa a:
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54 stranieri nel 2020
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42 nel 2021
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33 nel 2022
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34 nel 2023
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30 nel 2024
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7 (fino a oggi) nel 2025
Ci sono inoltre persone che hanno ottenuto la cittadinanza per ius sanguinis, ovvero per discendenza da avi italiani: 5 nel 2023, 2 nel 2024 e 3 nel 2025.
I richiedenti sono in gran parte cittadini extracomunitari o giovani nati e cresciuti in Italia che, al compimento del diciottesimo anno, possono finalmente avanzare domanda.
Questi numeri smentiscono, almeno a livello locale, la narrativa dell’invasione e mostrano invece un processo controllato, selettivo e giustificato da motivazioni concrete.
Superare paure irrazionali
Qualora avesse vinto il “Sì” non avrebbe significato concedere automaticamente la cittadinanza dopo cinque anni, ma ridurre a sette (considerando anche i tempi tecnici del Ministero) quel periodo di sospensione esistenziale a cui sono sottoposte molte persone.
In Paesi come Canada, Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Germania o Spagna – spesso considerati modelli avanzati – la pluralità etnica è la normalità. E proprio questa diversità arricchisce la società e la rende più dinamica.
Una necessità per il futuro del Paese
La tecnologia avanza, il benessere cresce, ma il calo delle nascite rende sempre più evidente la necessità di nuova forza lavoro. L’immigrazione non è una minaccia, ma una risorsa da gestire con intelligenza. Le persone che decidono di vivere in Italia meritano rispetto, dignità e diritti, anche nell’interesse collettivo: solo chi si sente parte di una comunità può contribuire davvero alla sua crescita.
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