DIOCESI – Lectio delle Sorelle Clarisse, del Monastero Santa Speranza.
Oggi la Chiesa celebra la solennità dei Santi Pietro e Paolo, celebra il percorso di vita di questi due apostoli, la loro fede, la loro lotta.
Proviamo a conoscerli un po’ meglio e lo facciamo attraverso le letture che, oggi, la liturgia ci propone.
La prima lettura è tratta dal libro degli Atti degli Apostoli: siamo a Gerusalemme, dopo la resurrezione di Gesù; viene ucciso Giacomo, uno dei primi apostoli, fratello di Giovanni, e Pietro viene arrestato. In carcere è sorvegliato da «quattro picchetti di quattro soldati ciascuno».
Eppure, Pietro, scrive l’autore degli Atti, dorme tranquillo, accompagnato e custodito dalla preghiera insistente della Chiesa, la preghiera delle prime comunità cristiane.
«Ed ecco, gli si presentò un angelo del Signore e una luce sfolgorò nella cella. Egli toccò il fianco di Pietro, lo destò e gli disse: “Alzati in fretta”. E le catene gli caddero dalle mani».
Cadono le catene, nessun soldato di guardia si accorge di nulla, le porte si aprono, Pietro cammina libero mentre l’angelo lo consegna alla strada e poi sparisce.
Questo testo possiamo considerarlo come riassuntivo di tutta la testimonianza di vita di Pietro: Pietro soffre la violenza, il sopruso, il carcere per il nome di Cristo; nonostante ciò, vive la fedeltà al suo Maestro nella pace e nel pieno abbandono di sé; e il Signore lo assiste con una particolarissima presenza e cura, e lo libera dalla mano di Erode.
«Ora so veramente – dice Pietro – che il Signore ha mandato il suo angelo e mi ha strappato dalla mano di Erode…». Questo atto finale di fede di Pietro ci rimanda al dialogo evangelico: «Ma voi chi dite che io sia?», domanda Gesù. «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente», risponde Pietro.
Pietro è presente nei grandi momenti di Gesù come la trasfigurazione, la lavanda dei piedi, il Getsemani. È l’uomo di poca fede che vuole camminare sulle acque ma è anche l’apostolo, lo abbiamo appena letto, che riconosce prima degli altri che Gesù è il Cristo. Ed appena ci si inoltra nel libro degli Atti degli Apostoli, vediamo come la Chiesa dei primi tempi comincia subito a gravitare intorno a lui, con una presenza del Signore sempre più evidente ed una umanità sempre più saggia.
Nella seconda lettura, tratta dalla seconda lettera a Timoteo, san Paolo ci parla della sua vita come di una consegna totale e irreversibile al Signore. «Figlio mio – scrive a Timoteo – io sto già per essere versato in offerta ed è giunto il momento che io lasci questa vita». Paolo è consapevole che manca poco alla sua morte e sono tre le immagini con le quali si descrive: «Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede».
Combattere e correre per Cristo hanno richiesto all’apostolo un grande impegno e la sopportazione delle prove più variegate, ma una cosa è certa per lui: tutto questo non lo ha separato da Cristo perché egli ha custodito in sé il tesoro della fede nel suo Signore.
Una fede, scrive ancora Paolo, che lo porterà a ricevere «la corona di giustizia che il Signore, il giudice giusto, mi consegnerà in quel giorno, non solo a me, ma anche a tutti coloro che hanno atteso con amore la sua manifestazione». Paolo è certo che quel Dio che gli è stato sempre accanto, soprattutto nel tempo della tribolazione, della prigionia, della condanna, lo libererà e lo porterà con sé nel suo Regno.
Allora, la testimonianza che gli apostoli Pietro e Paolo portano anche a noi, oggi, possiamo tradurla e farla nostra prendendo spunto dalle parole del salmo. Sono Pietro e Paolo che, oggi, ci dicono, come il salmista: “Magnificate con noi il Signore, esaltiamo insieme il suo nome. Abbiamo cercato il Signore: ci ha risposto e da ogni paura ci ha liberato. Gustate e vedete com’è buono il Signore; beato l’uomo che in lui si rifugia”.
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