DIOCESI – Lectio delle Sorelle Clarisse, del Monastero Santa Speranza.

Oggi la Chiesa celebra la Solennità del SS. Corpo e Sangue di Cristo. Ed è una festa che ci pone una domanda irrinunciabile e fondamentale: cos’è il Corpo e Sangue di Cristo? O meglio, chi è il Corpo e Sangue di Cristo?

Per cercare di rispondere a questo interrogativo ci facciamo aiutare dalla Parola che, oggi, la liturgia ci propone.

Leggiamo nel brano del Vangelo di Luca: «In quel tempo, Gesù prese a parlare alle folle del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure. Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: “Congeda la folla…”».

Signore, hai fatto il tuo dovere, hai parlato al cuore della gente, la tua Parola ha dato consolazione, hai compiuto miracoli guarendo tante persone e facendo del bene…la giornata è conclusa, abbiamo fatto un buon lavoro, ora “congeda” la gente, cioè, letteralmente scioglila, disperdila, perché «vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo…».

Contro questa idea di rimandare a casa, Gesù fa una controproposta: date!

«Gesù disse loro: “Voi stessi date loro da mangiare”».

Per Gesù il comperare cibo, il procurarsi cibo e alloggio, va sostituito con il condividere. È il grande significato dell’Eucarestia, che non dice solo una presenza di Dio, ma una presenza che si fa pane spezzato e vita condivisa.

Ciascuno di noi soffre una fame che non si estingue con il semplice pane che mettiamo sulla tavola, una fame molto più profonda, fame di una vita piena, che conosca finalmente la dignità, fame di senso, di sapere se la propria vita merita di essere vissuta, se è possibile ricominciare dopo ogni sconfitta, se c’è qualcuno ai cui occhi io possa essere prezioso e che la vita valga la pena di essere abbracciata, anche senza alcun merito.

Gesù si prende cura proprio di questa nostra umanità. E invita ciascuno a sfamare questa umanità in attesa, non tanto dando cose, denaro o altro quanto donando noi stessi: «Voi stessi date loro da mangiare».

Questa è l’Eucarestia! Vita ricevuta da donare quotidianamente, vita moltiplicata perché condivisa e non trattenuta, vita che diventa capacità di saziare il bisogno dell’altro.

Scrive così San Giovanni Crisostomo, uno dei più importanti tra i Padri della Chiesa (siamo nel IV secolo dopo Cristo): «Vuoi onorare il corpo di Cristo? Non permettere che sia oggetto di disprezzo nelle sue membra, cioè nei poveri, privi di panni per coprirsi. Non onorarlo qui in chiesa con stoffe di seta, mentre fuori lo trascuri quando soffre per il freddo e la nudità. Colui che ha detto: “Questo è il mio corpo”, confermando il fatto con la parola, ha detto anche: “Mi avete visto affamato e non mi avete dato da mangiare” e “ogni volta che non avete fatto queste cose a uno dei più piccoli fra questi, non l’avete fatto neppure a me”.  Impariamo dunque a pensare e a onorare Cristo come egli vuole. Infatti l’onore più gradito, che possiamo rendere a colui che vogliamo venerare, è quello che lui stesso vuole, non quello escogitato da noi.

Che vantaggio può avere Cristo se la mensa del sacrificio è piena di vasi d’oro, mentre poi muore di fame nella persona del povero? E se vedessi uno coperto di stracci e intirizzito dal freddo, e, trascurando di vestirlo, gli innalzassi colonne dorate, dicendo che lo fai in suo onore, non si riterrebbe forse di essere beffeggiato e insultato in modo atroce? Pensa la stessa cosa di Cristo, quando va errante e pellegrino, bisognoso di un tetto. Tu rifiuti di accoglierlo nel pellegrino e adorni invece il pavimento, le pareti, le colonne e i muri dell’edificio sacro. Non chiudere il tuo cuore al fratello che soffre. Questo è il tempio vivo più prezioso di quello».

Questa è l’Eucarestia!

E non c’è limite…Melchisedek, sacerdote pagano che incontriamo nella prima lettura di oggi, offre pane e vino a Dio, benedice e condivide il pane e il vino non solo con il suo popolo ma anche con Abramo e la sua gente. Egli non offre il sacrificio nel tempio di Gerusalemme, ma costituisce il segno evidente che il mondo intero è il tempio da cui si innalza l’incenso della preghiera e della benedizione, della lode e del ringraziamento. Il segno eloquente di un Dio che non è appannaggio esclusivo di nessuno, un Dio che si rivela, si dona, sfama e santifica proprio attraverso le mani di tutto l’uomo, di ogni uomo!

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