(Foto ANSA/SIR)

M. Chiara Biagioni

“Mi è sembrato un segnale molto positivo il fatto che ci sia stata una telefonata tra il Santo Padre Leone e il Presidente russo Putin. Proprio perché ci troviamo in un momento non facile. E’ sotto gli occhi di tutti che i colloqui per arrivare a una pace più stabile, perlomeno, non sembrano fare progressi”. Raggiunto dal Sir, mons. Paolo Pezzi, arcivescovo di Mosca e presidente della Conferenza episcopale, commenta il colloquio telefonico che il presidente Vladimir Putin ha avuto la scorsa settimana con Papa Leone e la missione confermata dal cardinale Matteo Zuppi all’agenzia russa Tass “Sì, la mia missione continuerà, ed è di natura puramente umanitaria”, ha detto il presidente della Conferenza episcopale italiana alla corrispondente dell’agenzia russa da Roma, e i prossimi passi, ha aggiunto, saranno discussi in coordinamento con l’ambasciata russa presso il Vaticano.

Mons. Pezzi, il canale di dialogo va avanti. Cosa cambia con Papa Leone e quanto è stata importante la telefonata con il presidente Putin?
In un contesto così delicato, considero molto importante il fatto che ci sia stata questa telefonata. In situazioni del genere, è fondamentale ciò che può fare la diplomazia nel suo valore più profondo, autentico. La diplomazia non è superficialità, né una resa alla realtà. Al contrario, è l’arte di trovare il compromesso più realistico, che renda ragione alla verità e salvi anche la dignità, la positività, la buona volontà di tutte le parti coinvolte.

L’agenzia Tass sottolinea che nell’ambito dell’iniziativa della Santa Sede rientrano tra l’altro la definizione delle liste per lo scambio di prigionieri e il ritorno dei bambini ucraini che Kiev accusa Mosca di avere rapito. Perché a Papa Francesco prima e a Papa Leone adesso, stanno così a cuore i prigionieri e i bambini?
Penso che in questo contesto, debbano essere anche individuate sempre delle priorità e stabilire dei passi concreti da compiere. Quindi la questione dei prigionieri e delle persone più vulnerabili — in particolare i bambini — diventa una priorità. Sappiamo bene quanto i bambini siano colpiti sotto tanti punti di vista. Ecco perché ritengo che questo duplice impegno umanitario sia un segno di buon senso.

Lei crede possibile la pace?
Certo che io credo nella pace. Perché? Perché Gesù ce l’ha già assicurata. In un certo senso, noi viviamo già in quella pace. Ed è proprio in forza di questa certezza che ci dona la fede, che possiamo anche credere — cioè sperare — negli uomini, nella possibilità che anche loro si convertano e accolgano quella pace che solo Cristo può dare, rendendola effettiva nella vita di ogni giorno. Questo è ciò che ci auguriamo, per cui preghiamo, e per cui anche noi offriamo e soffriamo ogni giorno”.

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