DIOCESI – Lectio delle Sorelle Clarisse, del Monastero Santa Speranza.

Il cammino della liturgia domenicale ci fa fare capolino, oggi, su un mistero grande, quello della Trinità, quello del Dio Trino ed Uno.

Ma qual è il rischio? Il rischio è quello di addentrarci nella festa odierna solo utilizzando il ragionamento, solo cercando di capire il più possibile come fa Dio ad essere Uno e Trino contemporaneamente, come fa ad essere un Dio unico se poi, però, abbiamo a che fare con un Padre, un Figlio, uno Spirito Santo.

È un rischio, perché il ragionamento non ci porterebbe da nessuna parte: l’essere di Dio non è alla nostra portata, la mente umana non ha accesso a quello che la trascende, cioè, a quello che è fuori dell’ambito della conoscenza alla quale noi uomini possiamo arrivare.

Se Dio è Dio, questo significa che Dio trascende l’umano. Allora come possiamo dire che in Dio ci sono tre persone che, in realtà, sono una? Come possiamo farlo non cedendo al rischio di ridurre Dio ad una questione di numeri?

Possiamo farlo solo contemplandolo attraverso la Parola, e, in particolare, attraverso la Parola che, oggi, la liturgia ci propone.

La prima lettura, tratta dal Libro dei Proverbi, ci parla di un Dio che non è chiuso, che non è imprigionato nell’immobilità, nell’impassibilità. Dio non è solitudine, non è immutabile e asettica perfezione, ma è comunione, festa, famiglia, amore, tensione dell’uno verso l’altro. Infatti, Dio, fin dall’inizio dei tempi, ha una compagna, una partner nell’atto della creazione, la Sapienza.

Leggiamo insieme: «Quando non esistevano gli abissi […], quando ancora non vi erano le sorgenti cariche d’acqua; prima che fossero fissate le basi dei monti, prima delle colline, io fui generata […]. Quando egli fissava i cieli, io ero là […], quando stabiliva al mare i suoi limiti, così che le acque non ne oltrepassassero i confini, quando disponeva le fondamenta della terra, io ero con lui come artefice ed ero la sua delizia ogni giorno: giocavo sul globo terrestre, ponendo le mie delizie tra i figli dell’uomo».

La Sapienza è l’architetto di Dio, un architetto che immagina, progetta, suggerisce, che inventa con lui. E Dio la guarda con gioia, come si guarda con gioia un bambino piccolo che gioca.

Questo testo ci conferma che Dio non è solo, non è un solitario; Dio è comunione, dialogo.

Dio è anche dono di sé… ce lo dice San Paolo nella seconda lettura tratta dalla lettera ai Romani: «…l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato».

Cosa vuole dirci l’apostolo? Che il desiderio originario di comunione che da sempre, fin dalle origini – come ci ha detto il Libro dei Proverbi – vive in Dio, si manifesta concretamente nella storia dell’umanità per mezzo del Figlio.

Un Figlio, ci dice il brano evangelico, che fa una promessa ai suoi discepoli, la promessa dello Spirito Santo, una promessa che ha alla sua origine la compassione del Signore per l’uomo, il suo desiderio di accompagnarlo e di sollevarlo nella sua incapacità di portare il peso delle parole che Gesù ha detto e avrà ancora da dire.

E la venuta dello Spirito Santo diventa il cammino dell’uomo: «Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità…». Un cammino orientato al Cristo, un cammino quotidiano, sempre da riprendere, ascoltando e interiorizzando la Parola di Dio.

Abbiamo scoperto, allora, il segreto della Trinità proprio contemplandola attraverso la parola: non una formula matematica irrisolvibile ma una circolazione di doni dentro cui è preso e compreso anche l’uomo; non un circuito chiuso, ma un flusso aperto che riversa amore, verità, intelligenza fuori di sé, oltre sé.

Un segreto svelato dentro cui, scrive un sacerdote, c’è un sogno per l’umanità: se Dio è Dio solo in questa comunione di doni, allora anche l’uomo sarà uomo solo nella comunione, solo nel nome del Padre, nel nome del Figlio, nel nome dello Spirito Santo.

Cominciamo così (o dovrebbero cominciare così), con questo segno, il segno della croce, le nostre giornate, la nostra attività, i nostri pasti, la nostra preghiera, la celebrazione eucaristica.

Che questo segno diventi sempre più carne nella nostra vita, perché la bellezza del nostro Dio Trino ed Uno sia svelata a tutti.

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