ASCOLI PICENO – “La Sapienza, la vera sapienza, è il Vangelo che entra nel nostro cuore e diventa chiave di lettura di tutta la nostra vita“.
È questo il cuore dell’omelia di mons. Gianpiero Palmieri, vescovo delle Diocesi del Piceno, fatta ieri, 13 Giugno 2025, presso la chiesa San Francesco in Ascoli Piceno, in occasione della Celebrazione Eucaristica della memoria liturgica di Sant’Antonio di Padova, da lui presieduta alle ore 18:00.
Con lui hanno concelebrato padre Danilo Marinelli, guardiano della comunità dei frati minori conventuali di Ascoli, e padre Giuseppe Panarisi, confratello della stessa comunità. Hanno altresì celebrato la Santa Messa il diacono Luca Antonini, che ha anche servito l’altare, ed il restante popolo di Dio, accorso numeroso per l’occasione.
Presenti infine la Confraternita Madonna delle Grazie, l‘Ordine Francescano Secolare e i membri della Milizia dell’Immacolata.
La Celebrazione è stata resa ancora più bella dai canti solenni eseguiti dalla storica Corale “Cento Torri”.
Alla scoperta della vera Sapienza
“L’appello del Signore, che prima è risuonato nelle nostre letture, quell’appello che spinge ad annunciare il Vangelo ad ogni creatura, lo aveva nel cuore Antonio: un mandato a portare l’annuncio di salvezza, il Battessimo della vita nuova, a tutti gli uomini – ha detto mons. Palmieri durante l’omelia –. Ed è per questo che Antonio sente il desiderio, nonostante il martirio, anzi affascinato dalla testimonianza del martirio, di portare il Vangelo su tutta la terra. È un’intenzione bellissima che plasma tutta la sua vita. La sua lingua è una una lingua che ha il sapore della Pentecoste, perché è proprio nel giorno di Pentecoste, quando viene riempita delle fiamme dello Spirito Santo, che la Chiesa comprende che è questa la missione: annunciare il Vangelo della salvezza.
E così fa Antonio. E nello stesso tempo, però, Antonio, nonostante la sua vita di religioso, alla luce del Vangelo e della testimonianza di Francesco, si converte ancora più al Signore e al Vangelo del Signore. Ebbene, proprio lì Antonio comprende che il Vangelo gli dà la vera Sapienza. Antonio ha studiato: grazie agli Agostiniani, ha avuto l’opportunità di curare la sua formazione. Ma questo non gli basta. Antonio non vuole essere un erudito, non gli interessa essere un fine filosofo o un fine teologo. Gli interessa la Sapienza, che è un’altra cosa.
La Sapienza, la vera sapienza,
è il Vangelo che entra nel nostro cuore
e diventa chiave di lettura di tutta la nostra vita.
La Sapienza, infatti, è il Vangelo che entra nel nostro cuore e che diventa chiara interpretazione di tutta la vita. Il Vangelo diventa elemento che ci permette di comprendere come il discepolo di Gesù è chiamato a vivere. Il Vangelo ci insegna ad amare il Signore e i fratelli. Ci insegna come vivere l’esperienza del fare famiglia, la relazione nuziale e come mettere al mondo dei figli. Il vangelo ci insegna come farci vicino ai poveri, con delicatezza e con rispetto. Il Vangelo ci insegna come ammalarci e come morire. Il Vangelo ci insegna come farci prossimi agli ammalati. Il Vangelo ci insegna come abitare in questo mondo, in questa terra. Il Vangelo ci insegna come lavorare e che senso dare al lavoro. Il Vangelo ci insegna come abitare, come vivere le relazioni in un paese, in una città, con i vicini di casa. Il Vangelo ci insegna l’arte della vita. Ecco, è questa la Sapienza.
La Sapienza è l’arte della vita
che, attraverso la potenza dello Spirito,
il Vangelo ci insegna.
Ed è per questo che il Dottore Pietro dice: ‘Ma che volete che sia l’oro in confronto con la Sapienza? È un po’ di sangue. La Sapienza è più della salute e persino della bellezza. Perché, se non sai vivere, che te ne fai della salute e persino della bellezza?! Insieme con lei, mi sono venuti tutti i beni. È di una ricchezza incalcolabile la Sapienza. Ho gioito per tutto, perché volevo la Sapienza, ma ignoravo che la Sapienza è la madre di tutto’. Capite? Non c’entra avere l’erudizione, il gusto di sapere le cose. No. È qualcosa che ha a che fare col sapore dell’amore. È qualcosa che ha a che fare con la vita e con il gusto della vita. È qualcosa che ha a che fare col saper vivere e stare al mondo e saperne godere, goderne appieno, sapendo trovare senso per tutto ciò che nella vita c’è”.
Si può essere adulti felici, capaci di amare e di generare
Ha poi proseguito mons. Palmieri: “Oggi viviamo una crisi della fede e – guardate un po’ – come conseguenza, c’è anche una crisi della Sapienza. Forse è per questo che non sappiamo come essere genitori o non sappiamo più vivere il rapporto di coppia. Forse è per questo che non sappiamo più bene vivere il lavoro. E anche nelle relazioni viviamo spesso dei conflitti.
Sapete? Quando incontro le ragazze e i ragazzi in vista della Cresima, faccio loro una domanda: quanti di voi, invece di crescere e diventare adulti, rimarrebbero volentieri bambini? Sapete quanti alzano le mani? E quando chiedo loro perché, i più coraggiosi mi rispondono: ‘Ci fa schifo la vita’. Scusate l’espressione, ma fa parte del modo di parlare giovanile. Ecco cosa succede quando non c’è più la Sapienza, il sapere come rendere la vita bella. Invece io dico: Guardate che si può essere adulti ed essere felici! Guardate che si può essere adulti ed essere davvero protagonisti ed amici della propria esistenza. Capaci di darci tutto. Capaci di amare. Capaci di essere felici. Capaci di generare”.
“Antonio questo lo sapeva – ha concluso il vescovo -. Per questo è il dottore evangelico, perché il Vangelo diventa Sapienza, diventa sapienza del cuore. Per questo la sua passione profonda nella vita. Perché, grazie al Vangelo, Antonio ha imparato a vivere. E anche se la sua esistenza è stata molto breve, ha sperimentato che la Parola del Vangelo è accompagnata, nel dono di Dio, dai segni dati da Dio che ne attestano l’origine divina: i malati guariscono, i demoni vengono cacciati, i poteri del nemico, i veleni, i serpenti vengono tenuti a bada, la vita fiorisce. Sì, la vita fiorisce anche in mezzo al dolore, anche in mezzo alla malattia. Fiorisce di bellezza, fiorisce di senso. Questo aveva sperimentato Antonio. Questo è quello che aveva imparato da Gesù, grazie anche all’insegnamento di Francesco. Noi, allora, oggi festeggiamo la bellezza di un’arte della vita che il Vangelo ci insegna, che Antonio vuole riproporci nuovamente e che noi oggi siamo chiamati a testimoniare come comunità cristiana, insegnando ai nostri ragazzi ad avere fiducia.
La tradizionale processione
Al termine della Celebrazione, si è svolta la tradizionale processione per le vie del centro ascolano con la reliquia di Sant’Antonio sorretta dalle mani del vescovo Gianpiero Palmieri e la statua del Santo trasportata da alcuni altri fedeli. Ad impreziosire il momento di fede e devozione sono stati il guardiano padre Danilo Marinelli, che ha letto alcuni passi dei sermoni di Sant’Antonio, la Banda della Città di Ascoli Piceno, che ha suonato il suo ricco repertorio di musica sacra, e padre Narcis Giorgiuculesei, confratello della comunità dei frati minori conventuali di Ascoli Piceno, che ha intonato i canti.
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