DIOCESI – “Permettete che inizi questa mia omelia con un sincero ringraziamento al vescovo Giampiero e a tutti voi – sacerdoti, diaconi, religiosi e fedeli -, per aver voluto unirvi a me in preghiera in questa giornata in cui ricordo il 50° anniversario della mia ordinazione presbiterale: era esattamente il 7 Giugno. In questa giornata, con voi, ringrazio vivamente Dio per avermi chiamato ad essere il suo ministro, prima come sacerdote e poi come vescovo di questa Chiesa Truentina che ho amato intensamente e che, sia pure da lontano, continua ad essere nel mio cuore e nelle mie preghiere quotidiane. Sono molto grato di poter celebrare con voi questo anniversario: mi dà davvero molta gioia questo vostro pregare con me e per me, come io prego con voi e per voi”.
Con queste parole, cariche di gioia e gratitudine, mons. Carlo Bresciani, vescovo emerito della Diocesi di San Benedetto del Tronto – Ripatransone – Montalto, ha iniziato la sua omelia durante la Veglia di Pentecoste che si è celebrata Sabato 7 Giugno, alle ore 21:00, presso la cattedrale Santa Maria della Marina in San Benedetto del Tronto. La Messa, presieduta dal prelato, è stata concelebrata da mons. Gianpiero Palmieri, vescovo delle Diocesi del Piceno, da don Patrizio Spina, vicario generale nonché parroco della comunità della Marina, e dalla quasi totalità del clero diocesano.
La Celebrazione è stata anche l’occasione per ringraziare il Signore per il dono del vescovo emerito Bresciani nel giorno del suo 50° anniversario di ordinazione presbiterale, avvenuta proprio il 7 Giugno del 1975.
L’invocazione dello Spirito Santo e dei suoi sette doni
La Celebrazione Eucaristica, la cui animazione è stata affidata alla Consulta Laicale Diocesana, ha registrato la partecipazione di numerosi gruppi, associazioni e movimenti presenti nella Diocesi Truentina. Anche il coro, diretto dal M° Marco Laudi, era costituito per l’occasione da tutti coloro che fanno parte delle varie realtà ecclesiali diocesane. A nome di tutte loro, nella monizione introduttiva Mascia Moretti, segretaria della Consulta, ricordando le sollecitazioni di Papa Francesco, ha invitato a pregare per la pace.
Alcuni rappresentanti delle varie realtà ecclesiali diocesane hanno anche acceso dei lumi dal cero pasquale e li hanno deposti sotto ad una tela, per l’occasione posizionata davanti all’altare, che rappresentava il momento dell’effusione dello Spirito Santo sugli Apostoli. I ceri erano sette, a rappresentare i sette doni dello Spirito Santo: Sapienza, Intelletto, Consiglio, Fortezza, Scienza, Pietà e Timore di Dio.
L’omelia del vescovo emerito Carlo Bresciani
Dopo la liturgia della Parola, per l’occasione ampliata a più letture e salmi, il diacono Francesco Bollettini ha letto il Vangelo tratto da Giovanni.
Durante l’omelia il vescovo Carlo Bresciani ha detto: “Papa Francesco ha posto come tema che ci accompagna in quest’anno del Giubileo ‘Pellegrini di speranza’ o forse meglio ‘Pellegrini nella speranza’. Da cristiani dovremmo essere portatori di speranza, ma lo possiamo essere solo se noi stessi camminiamo nella speranza. Sappiamo bene che nessuno può dare quello che non ha: si possono dire molte cose, anche molto belle, ma nessuno potrà mai dare quello che non ha.
Siamo dei pellegrini dunque. Che cosa significa essere pellegrini? Non solo essere in cammino. Sono in cammino anche il vagabondo e il perditempo, ma non sono pellegrini. Che cosa ci differenzia? Il fatto che il vagabondo e il perditempo non hanno una meta precisa, mentre il pellegrino ce l’ha. Il vagabondo può camminare anche molto, ma alla fine non va da nessuna parte. Il pellegrino invece è colui che ha una meta cui indirizza tutti i suoi passi e le sue fatiche di viaggio. Sa che la meta è lontana, che il viaggio non è privo di fatiche, anche notevoli a volte, ma sa che la meta merita tutto quanto sta facendo. Penso ai grandi pellegrini del Medioevo, che si mettevano in cammino a piedi verso la Terra Santa, verso Roma o verso Santiago di Compostela, solo per fare qualche esempio. Lo scopo di tali pellegrini non era solo una meta geografica, né una meta artistica, per quanto potessero essere mete interessanti anche sotto questo aspetto: non sarebbero stati dei pellegrini, ma dei turisti avventurosi.
Il pellegrino nella speranza non ha solo una meta geografica o artistica, ma principalmente una meta spirituale: è questo che lo contraddistingue da qualunque altro viaggiatore. E la meta spirituale, detto molto sinteticamente, è un incontro personale – e per noi chiesa anche comunitario – più profondo con Dio, un conformare sempre più la nostra vita a quella di Gesù”.
Il vescovo emerito ha poi aggiunto: “Una ulteriore nota sul pellegrino. Che cosa porta con sé? Egli non può portare tutto, ma solo l’essenziale. E via via che il cammino procede, si accorge che molte cose che riteneva essenziali, di fatto non lo sono, sono solo un peso che ostacolo il cammino, perciò deve liberarsene, altrimenti la meta diventa un’illusione. Il pellegrinaggio, quindi, è anche un cammino di purificazione propiziato anche dalle fatiche del cammino.
Se bene riflettiamo su questo, vediamo immediatamente che il pellegrinaggio è una metafora della vita e della vita cristiana in particolare. Il Giubileo ci ricorda innanzitutto che su questa terra siamo tutti pellegrini. Rendercene effettivamente conto non è cosa da poco. Ma da cristiani, siamo pellegrini verso dove? E di quale attrezzatura abbiamo bisogno, perché la speranza di raggiungere la meta abbia almeno qualche fondamento? Solo il grande ingenuo può pensare di scalare montagne con l’infradito o con zaini sovraccarichi. Verso dove? Con quali mezzi? Sono certamente domande essenziali per chiunque non voglia essere un semplice vagabondo e, alla fine, un deluso della vita.
Nel nostro pellegrinaggio di vita nella vita abbiamo bisogno di alcune risorse essenziali, cui non possiamo assolutamente rinunciare. Esse danno corpo alla speranza di raggiungere la meta; sono un dono prezioso, sono capaci di sostenere nelle fatiche del cammino, perché non illudiamoci, anche il pellegrinaggio nella vita del cristiano ha le sue fatiche e le avrà sempre, eccome! Quali sono le nostre risorse? In estrema sintesi: il dono della fede, la Chiesa e i Sacramenti. Si tratta di tre pilastri fondamentali che sorreggono e nutrono la speranza nel cammino. La fede è ciò che ha sorretto il pellegrinaggio dei patriarchi, da Abramo in poi ,come ci ricorda la lettera agli Ebrei, quando quasi come un ritornello ci ripete: per fede Abele …, per fede Abramo …, per fede Isacco …, per fede Giacobbe …, per fede Mosè … (cfr Eb 11). La fede ci assicura che nel nostro pellegrinaggio non siamo soli: Dio è il compagno di viaggio. Fidandosi di questo compagno, i patriarchi non si sono ritratti dall’arduo cammino loro proposto. È un po’ quello che abbiamo sentito nelle letture proclamate in questa solenne Veglia”.
Per leggere l’omelia integrale del vescovo Bresciani, clicca qui: Omelia Vescovo Bresciani – 50° ann. Ordinazione Presbiterale
Il segno della luce e l’aspersione dell’assemblea
Dopo l’omelia, come di consueto, i fedeli sono stati invitati a professare la loro fede, rinnovando le promesse battesimali: alcuni diaconi hanno acceso dal cero pasquale le loro candele e hanno propagato la fiamma a tutta la comunità presente, segno della luce della fede che illumina il popolo di Dio. Il vescovo Bresciani ha poi asperso i fedeli, passando tra i banchi e raggiungendo tutta l’assemblea. Tante le intenzioni manifestate durante le preghiere dei fedeli, in particolare per la pace nel mondo, per l’unità della Chiesa e per il vescovo Bresciani, affinché il Signore lo custodisca nella salute del corpo e dell’anima.
La gratitudine della comunità nei confronti del vescovo emerito Carlo Bresciani
La comunità diocesana ha voluto omaggiare il vescovo Carlo con una serie di doni. Durante l’Offertorio alcuni rappresentanti dei gruppi, delle associazioni e dei movimenti ecclesiali presenti nella Diocesi Truentina, hanno donato al vescovo un cesto di prodotti locali in segno di gratitudine per il tempo trascorso insieme. Più tardi, prima della benedizione finale, inoltre, alcuni esponenti della Consulta Laicale Diocesana ha consegnato al prelato alcune ceramiche decorate, pezzi unici realizzati a mano da Maestri artigiani, che non sono stati solo un regalo per il suo cinquantesimo anniversario di ordinazione presbiterale, ma hanno anche voluto rappresentare in maniera concreta il sentimento di gratitudine che la Chiesa locale prova nei confronti del vescovo emerito per i tanti anni trascorsi nella Diocesi Truentina. A mons. Bresciani è stata consegnata infine anche una tela, opera dell’artista Patrizio Moscardelli.
Al termine della Messa il vescovo Bresciani è sceso a salutare l’assemblea che si è stretta intorno a lui per riabbracciarlo, fargli gli auguri e scattare qualche foto ricordo.
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