SANT’EGIDIO ALLA VIBRATA – “L’alleanza educativa, che era il tema di questa serata, non è semplicemente un’intenzione, bensì un fatto, qualcosa che abbiamo sperimentato già questa sera. Quando una società, un gruppo di persone, gli abitanti di un territorio sentono il bisogno di radunarsi, conoscersi e mettere insieme quello che ognuno pensa, sperimenta, realizza, nella forma delle associazioni o delle istituzioni, significa che già si sta costruendo qualcosa per il bene comune”.

È con queste parole che mons. Gianpiero Palmieri, vescovo delle Diocesi del Piceno, ha commentato l’iniziativa “Insieme si può …”, organizzata dalla Vicaria Santa Maria in Montesanto Mercoledì 4 Giugno, alle ore 21:00, presso la Sala Consiliare del Comune di Sant’Egidio alla Vibrata. È questa la “Porta di Speranza” che la piccola Vicaria abruzzese ha voluto aprire nel territorio: provare a costruire un patto educativo territoriale che coinvolga tutte le istituzioni, le associazioni e i cittadini della Vicaria.

Oltre al vescovo Palmieri, erano presenti all’incontro Annunzio Amatucci e Cristina Di Pietro, sindaci rispettivamente dei Comuni di Sant’Egidio alla Vibrata e Civitella del Tronto, Lucia Condolo, dirigente scolastica dell’Istituto Omnicomprensivo Primo Levi, don Marco Claudio Di Giosia, don Elvezio Di Matteo, don Stefano Iacono e don Luigino Scarponi, parroci delle comunità cristiane dei due Comuni coinvolti, e i rappresentanti di numerosissime realtà del territorio: associazioni sportive, gruppi e movimenti parrocchiali, comitati di quartiere, enti del terzo settore, associazioni di volontariato che si occupano di aiutare persone con disabilità o di svolgere attività di protezione civile.

Bene comune, solidarietà e fraternità:
le tre chiavi per aprire la porta di speranza su un patto educativo condiviso

Mons. Palmieri, dopo aver ascoltato con attenzione la presentazione di tutte le associazioni convenute, ha individuato i tre requisiti necessari per avviare un dialogo e costruire davvero un patto educativo : “Vi ricordate quando c’è stata la Rivoluzione Francese? C’erano tre parole chiave, che erano libertà, uguaglianza e fraternità. L’uguaglianza sì, la libertà sì, ma la fraternità – una parola che ha una matrice proprio cristiana – non è affatto scontata. Non è scontato, cioè, che un gruppo di persone, che sono uguali nella libertà e nei diritti, decidano di vivere come fratelli. Eppure la fraternità è importantissima e ci rimanda ad una dimensione più grande, più ampia. Ecco allora tre parole chiave: bene comune, solidarietà, fraternità. Da queste tre parole può nascere un patto educativo che davvero parli di speranza per il futuro e quindi per i nostri bambini, ragazzi e giovani. Il fondatore degli Scout, Lord Baden Powell, diceva sempre a tutti, in ogni angolo della terra in cui si recava, di lasciare il mondo migliore di come lo avevano trovato. Facciamo allora un patto affinché qui a Sant’Egidio alla Vibrata, si creino le condizioni per cui tutti i bambini, i ragazzi e i giovani possano crescere nel benessere, non quello economico – quello magari non dispiace a nessuno – ma soprattutto nel benessere inteso come vivere bene, stare bene, crescere nella solidarietà e nella fraternità, curandosi del bene comune”.

Mettere al centro i ragazzi, partendo dai più fragili:
l’indicazione principale da seguire dentro e fuori la scuola

“Per fare questo bisogna mettere al centro i ragazzi, tutti, partendo da quelli più fragili – ha affermato mons. Palmieri -. Non si mettono al centro pochi e quelli che sono i più dotati. Si fa il contrario, perché, se quelli più fragili si sentono accolti, aiutati, accompagnati, allora forse riusciamo ad aiutare tutti. Come si fa a fare questo? La Scuola può sicuramente aiutare. Voi sapete che è cambiato il nome del Ministero della Pubblica Istruzione: adesso è il Ministero della Pubblica Istruzione e del Merito. Quando è giunta questa nuova denominazione, il presidente dei Vescovi italiani, il cardinale Zuppi, ci ha ricordato le parole di un grande educatore, don Milani, il quale diceva: ‘Il merito ognuno c’ha il suo e la scuola deve aguzzare l’ingegno e perdere il sonno, finché non ha permesso a ogni ragazzo di scoprire qual è il suo’. Ecco allora cosa significa mettere al centro i ragazzi, soprattutto i più fragili: significa fare in modo che ognuno scopra il suo merito, cioè ciò che lo rende unico, il contributo unico ed insostituibile che può dare al bene comune, alla solidarietà e alla fraternità, ciò che può esprimere. È compito di noi adulti aiutare ed accompagnare ogni ragazzo, ogni ragazza, a scoprirlo e ad esprimerlo. Una volta che l’ha scoperto e l’ha espresso, veramente ha compiuto una svolta, il cambiamento della sua vita”.

L’ascolto:
primo strumento per intercettare il disagio giovanile

Il vescovo Gianpiero ha poi parlato del disagio giovanile, sottolineando quanto sia diffuso e comune tra i ragazzi ed annunciando l’intenzione della Chiesa di San Benedetto e di Ascoli di “voler effettuare un’indagine sul disagio dei giovani del nostro territorio con l’aiuto dell’Università Cattolica di Milano e di alcuni docenti di Religione delle Scuole Superiori. Sarà un’indagine non quantitativa, bensì qualitativa, cioè non ci saranno domande secche a cui rispondere sì o no, bensì ci sarà un ascolto profondo delle storie dei ragazzi, tanto che un’intervista potrà durare anche due, tre o quattro ore. Quello che spesso manca a i giovani, infatti, è la presenza di adulti che li ascoltino. A tal proposito, io personalmente penso che non sia una crisi dei ragazzi, bensì c’è una crisi del mondo adulto nella sua capacità genitoriale. Forse noi non viviamo questo, non lo so, però sta di fatto che c’è un disagio molto diffuso che vale la pena comprendere e contrastare. Un’alleanza educativa serve a questo: ad aiutare i ragazzi a leggersi dentro, ad individuare il contributo che possono dare nel mondo. Per fare questo c’è bisogno di tutti: dell’allenatore sportivo e del genitore, dell’insegnante e della suora, del catechista e dell’animatore. Perché? Perché tutti siamo l’ambiente che permette ai ragazzi di crescere. E questo è straordinario”.

Il contributo delle associazioni:
dal sogno alla realtà, una speranza che già è in moto

Davvero formidabile il contributo che ogni associazione porta al territorio e che è stato testimoniato nel corso della serata.
Tra le associazioni sportive, qualcuno ha sottolineato l’impegno profuso nel far crescere i ragazzi non solo come atleti, ma anche come uomini e donne che sanno distinguere ciò che è bene da ciò che è male; qualche altro ha ricordato come lo sport insegni anche il rispetto per l’avversario e l’attenzione verso chi è più fragile; qualche altro ancora ha evidenziato l’importanza di coinvolgere tutti, anche chi è stato scartato da altre squadre o da altre società, promuovendo come valori essenziali l’accoglienza e l’inclusione; altri infine hanno fatto notare come lo sport sia anche uno strumento molto utile per far accettare la sconfitta.

Anche i comitati di quartiere hanno evidenziato diversi aspetti delle loro attività: la responsabilità educativa, che non è mai un peso, bensì uno stimolo, una sfida; la promozione della socialità, che si esplica nel curare l’animazione della comunità, avendo come obiettivo quello di dare un obiettivo ai ragazzi; la capacità di inclusione, che si traduce nel saper vedere anche le persone apparentemente invisibili e sole, nel saperle coinvolgere e nel non lasciare nessuno ai margini; l’abilità di fare attività per il territorio, riunendo tutte le associazioni e facendole lavorare in sintonia.

Particolarmente significativi sono stati i contributi dati dalle associazioni che si occupano dei più fragili, in particolare delle persone con disabilità e dei tossicodipendenti.
Per quanto concerne la prima categoria, la mamma di un ragazzo con disabilità, ha detto: “Quando nasce un figlio con disabilità, molti si chiedono: ‘Ma quale speranza vuoi avere?’. Invece noi abbiamo la speranza, anzi la certezza che un futuro diverso per i nostri figli ci possa essere. E possa essere proprio qui a Sant’Egidio, in questo territorio all’apparenza forse rude, ma che ha un cuore grandissimo. Diciamo questo perché noi vediamo che i nostri ragazzi vengono accolti bene nelle varie associazioni, non sopportati, ma inseriti realmente. Vorremmo, un po’ alla volta, passare da una disabilità vista come assistenzialismo ad una disabilità vista come un’opportunità, in cui tutti possono dare qualcosa per la società. Mi pare che ci stiamo già riuscendo”.
Per quanto riguarda invece la seconda categoria, hanno reso la loro testimonianza due giovani adulti con un passato di tossicodipendenza: “Il volontari dell’associazione hanno creduto in noi, quando neanche noi credevamo in noi stessi. Avevano più speranza loro di noi. Dopo tutti i nostri fallimenti, abbiamo incontrato la speranza negli occhi delle persone che ci erano di fianco ed è lì, in quel momento, che abbiamo compreso che l’amore di Dio passa attraverso le persone. Noi siamo testimoni di questo”.

Le persone:
la vera ricchezza del territorio

A chiudere l’incontro è stato don Marco Claudio Di Giosia, il quale, nella sua veste di vicario foraneo della Vicaria Santa Maria in Montesanto, ha ringraziato le sei parrocchie della Chiesa locale, i sacerdoti, i catechisti, le associazioni e le autorità intervenute. Ha infine concluso: “Papa Francesco diceva che compito della Chiesa è far iniziare processi. Non abbiamo quindi la pretesa di giungere subito a delle conclusioni, ma abbiamo il desiderio di cominciare. E stasera lo abbiamo fatto. Ora spetta a tutti voi, che siete il vero tesoro prezioso di questo territorio, fare un piccolo lavoro, attraverso un delegato per ogni associazione, per redigere un patto educativo che metta al centro l’amore, il fatto che noi vogliamo bene a questo territorio e che tutti ci stanno a cuore“.

A tutti i partecipanti è stata donata la stampa della poesia “Considero valore” di Erri De Luca, un monito ad interrogarsi nel profondo e a considerare valore ciò che davvero rende felice l’uomo nella sua integralità e l’umanità nella sua totalità:
Considero valore ogni forma di vita, la neve, la fragola, la mosca.
Considero valore il regno minerale, l’assemblea delle stelle.
Considero valore il vino finché dura il pasto, un sorriso involontario,
la stanchezza di chi non si è risparmiato, due vecchi che si amano.
Considero valore quello che domani non varrà più niente
e quello che oggi vale ancora poco.
Considero valore tutte le ferite.
Considero valore risparmiare acqua, riparare un paio di scarpe,
tacere in tempo, accorrere a un grido, chiedere permesso prima di sedersi,
provare gratitudine senza ricordare di che.
Considero valore sapere in una stanza dov’è il nord,
qual è il nome del vento che sta asciugando il bucato.
Considero valore il viaggio del vagabondo, la clausura della monaca,
la pazienza del condannato, qualunque colpa sia.
Considero valore l’uso del verbo amare e l’ipotesi che esista un creatore.
Molti di questi valori non ho conosciuto.

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