
Di Eloisa Giannese
Si è svolto lo scorso 31 maggio a Torino, al Sermig, Arsenale della Pace, il convegno dal titolo “Un arcobaleno prima della tempesta. Pensieri e pratiche per una pace possibile”. L’evento ha visto numerosi relatori, quali il professore di filosofia teoretica dell’Università di Macerata, Roberto Mancini, il vescovo emerito di Altamura-Gravina-Acquaviva e Presidente Nazionale di Pax Christi, mons. Giovanni Ricchiuti e il magistrato ed esperto di giustizia penale internazionale Alberto Perduca. Quest’ultimo, parlando sul tema “Quale contributo della giustizia internazionale per la pace?”, ha spiegato come queste due dimensioni, pace e giustizia, siano strettamente legate ma non automaticamente collegate. Perduca ha affermato che “la giustizia penale internazionale si occupa dei crimini più gravi riconosciuti dal diritto internazionale: crimini di guerra, crimini contro l’umanità, genocidio e crimine di aggressione. L’obiettivo è perseguire gli abusi che, nel corso degli ultimi 120-130 anni, la comunità internazionale ha ritenuto intollerabili, crimini che oggi la giustizia internazionale cerca di punire: “Parliamo di quattro categorie principali – ha spiegato Perduca – crimini di guerra, crimini contro l’umanità, genocidio e crimine di aggressione. Per dare applicazione concreta a questi principi sono nati tribunali e corti internazionali, con un percorso che ha fatto passi importanti negli ultimi ottant’anni”. Perduca ha poi spiegato l’importanza della Corte Penale Internazionale (CPI), con riferimenti alla stretta attualità, menzionando i recenti mandati d’arresto emessi nei confronti di Vladimir Putin e Benjamin Netanyahu. A margine dell’evento, il magistrato, ha rilasciato al Sir un’intervista:

(Foto ANSA/SIR)
Qual è il ruolo della giustizia internazionale nel conseguimento della pace globale?
Il paradosso di questi tempi è che abbiamo una giustizia penale internazionale certamente più attiva rispetto al passato, basti pensare ai mandati di arresto emessi nei confronti di due Capi di Stato, uno della Federazione Russa e l’altro di Israele, Putin e Netanyahu. Spetterà ovviamente ai giudici stabilire se le accuse siano fondate. Tuttavia, a fronte di questa scelta di intervenire, si è scatenata una reazione violenta proprio contro la giustizia:
la Corte penale internazionale è stata vilipesa, i suoi magistrati non solo attaccati verbalmente, ma anche colpiti da provvedimenti coercitivi e misure di interdizione, comprese restrizioni di natura finanziaria.
Purtroppo, dobbiamo registrare che a distanza di alcuni anni da questi interventi le guerre non sono state ridotte anzi, se possiamo dire si sono aggravate esponenzialmente. Non ci ha perso solo la pace, ci ha perso anche la giustizia. In questo senso si avverte un allentamento della cooperazione nei confronti di questa Corte anche da parte degli Stati che a questa collaborazione sono tenuti e che hanno volontariamente aderito con l’adesione allo statuto istitutivo dell’accordo.

(Foto ANSA/SIR)
Dal pubblico presente è venuta anche la domanda sulla fattibilità di un governo ‘mondiale’ che sappia meglio affrontare questa crisi del diritto internazionale. È realistico pensare a un governo simile nel prossimo futuro?
“All’orizzonte non si intravedono prospettive serie e concrete per l’emergere di un governo mondiale; anzi, assistiamo a una deriva in senso opposto.
Siamo di fronte a una crisi del diritto e delle organizzazioni internazionali. L’esempio della CPI è emblematico.
Come dicevo poco fa, non solo è oggetto di attacchi, ma anche gli Stati che avrebbero l’obbligo di collaborare spesso si sottraggono. Mi pare un segnale evidente. Di recente, alcuni Paesi si sono rivolti al Consiglio d’Europa per contestare interventi non graditi, chiedendo una riforma. Al di là dell’esito di questa iniziativa, ciò che emerge chiaramente è un’insofferenza crescente verso decisioni adottate da autorità legittime. Tutto ciò indica che il clima attuale è tutt’altro che favorevole a qualsiasi ipotesi di governo internazionale.
Quali sono oggi i principali limiti e rischi per l’efficacia della CPI?
“Gli organismi giudiziari internazionali hanno un punto di forza e un punto debole. Il loro punto di forza è rappresentato dall’indipendenza garantita per statuto e dalla competenza e autorevolezza dei loro componenti. Non dovrebbero subire pressioni o influenze esterne.
Tuttavia, nella realtà, le grandi potenze riescono comunque a esercitare un’influenza significativa, anche senza interferenze dirette, è sufficiente tagliare i finanziamenti.
Se i fondi mancano, le indagini non possono andare avanti. Oggi viviamo un clima di crescente insofferenza verso le autorità indipendenti, e la CPI ne sta subendo le conseguenze, soprattutto da quando ha aperto procedimenti contro Vladimir Putin e Benjamin Netanyahu, Capi di Stato rispettivamente alla guida di una potenza nucleare e membro del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, e di un tradizionale alleato dell’Occidente”.
Alla luce di questo scenario, quale dovrebbe essere oggi il compito della comunità internazionale?
“Certamente il momento è delicato, non c’è pace senza giustizia e in questo momento sui due teatri di guerra russo-ucraino e Israelo-palestinese non c’è pace e quindi anche la giustizia è in una situazione di difficoltà. Credo quindi che sia importante tanto per la pace quanto per la giustizia mantenere alta la guardia e un richiamo a noi tutti di conoscere, di vigilare criticamente e di sostenere”.
Come?
“Con un invito alla responsabilità. Serve un forte impegno per la pace, ma anche per la giustizia”.
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