COLONNELLA – Quali sono le ragioni più frequenti dei conflitti nel mondo del lavoro e della scuola? Come viviamo il rapporto tra colleghi o tra compagni di classe? Sappiamo davvero perdonare oppure manteniamo il rancore e ci chiudiamo all’amore reciproco? Da genitori come ci comportiamo con un compagno che si comporta male con nostro figlio o con un docente che non promuove un clima di inclusione? Da lavoratore guardo ai successi dei colleghi con invidia o con gioia? Anche quando quel successo non è meritato? Riconosciamo il bisogno di essere perdonati oppure pensiamo sempre di essere dalla parte del giusto? Quando due persone sono in conflitto cerchiamo di aiutare con parole riconcilianti o fomentiamo i contrasti e le divisioni?
Di questo e di tanto altro si è parlato Martedì 13 Maggio 2025, a partire dalle ore 21:00, a Colonnella, presso la Cantina dei fratelli Fabrizio e Luca Biagi, durante il secondo incontro dell’iniziativa “Insieme, incontro all’aurora!”, organizzato dall’Azione Cattolica di Colonnella e dedicato al tema del perdono a scuola e a lavoro.
Quattro gli ospiti d’eccezione che sono intervenuti: don Giuseppe Capecci, assistente spirituale delle Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani (ACLI), assistente ecclesiastico e cappellano delle fabbriche per la Diocesi di Ascoli Piceno; don Silvio Giampieri, docente di Religione presso il Liceo Classico Leopardi ed assistente Settore Ragazzi dell’Azione Cattolica Diocesana per la Diocesi di San Benedetto del Tronto – Ripatransone – Montalto; Andrea Persiani, insegnante presso Scuola Primaria e segretario diocesano del MLAC (Movimento Lavoratori Azione Cattolica); Antonella Simeni, coordinatrice infermieristica presso l’Hospice dell’Ospedale “Madonna del Soccorso” Di San Benedetto del Tronto e già segretaria del MLAC.
Insieme a loro, seduti attorno al tavolo d’onore, erano presenti anche don Dino Straccia, parroco delle comunità colonnellesi di San Cipriano e San Giovanni Evangelista, il diacono Domenico Maria Feliciani, assistente spirituale di AC Colonnella, insieme a Maria De Fulgentiis, sua moglie, e Teresa Nicolina Di Buò, presidente di AC Colonnella, nonché vicesegretaria del MLAC diocesano.
Il perdono, alleanza per crescere nel cammino
Dopo i saluti della presidente Di Buò e la preghiera guidata dal parroco don Straccia, l’incontro è entrato nel vivo con la lettura di una pericope del Vangelo di Matteo proclamata dal diacono Feliciani. Il passo (Mt 5, 22-26), che segue il celebre discorso della montagna, è quello in cui Gesù ricorda alla folla che, prima di presentare un’offerta all’altare, è necessario riconciliarsi con i fratelli.
Don Silvio Giampieri, che ha spiegato con semplicità l’alto contenuto di quella Parola ascoltata, l’ha calata nella vita degli studenti con alcuni esempi pratici. Partendo dalle sfide poste dall’Intelligenza Artificiale fino a giungere alle fake news, il docente ha parlato del giudizio, non come critica che affossa l’altro, bensì come “capacità di effettuare delle scelte“, quindi come “qualcosa che fa crescere l’anima“.
Ha poi proseguito affrontando il tema sempre più attuale delle parole dette con superficialità: “Parole avventate possono creare grandi crepe. Che peso ha oggi l’insulto? Se uno reagisce, è permaloso? Oppure può essere qualcosa di costruttivo, di gratuito? A scuola c’è ancora un grande peso e spesso è necessario mettere il ‘cerotto del perdono’ tra gli studenti, tra i colleghi insegnanti, tra i collaboratori”.
Don Giampieri ha infine concluso il suo intervento riconoscendo ai giovani una grande qualità, quella della franchezza: “Forse anche noi insegnanti a volte consideriamo i ragazzi persone acerbe; invece spesso sono più capaci di noi adulti di fare parresia, di avere l’onestà nel parlare. Tutti, allora, siamo chiamati a metterci in dialogo e a perdonare: anche noi docenti dalle ferite possiamo edificare un’alleanza costruttiva per riprendere il cammino più spediti e con più vigore”.
Il perdono, una risposta generativa
A seguire, don Giuseppe Capecci ha declinato il tema del perdono nel mondo del lavoro e, riprendendo le parole del prof. Gabriele Gabrielli, docente alla LUISS e presidente della Fondazione Lavoroperlapersona ETS, ha affermato: “Il perdono, negli ambienti di lavoro, porta guadagno. Non solo in termini di vita buona, ma anche a livello economico. Il perdono nel lavoro è un aspetto fondamentale del benessere individuale e anche dell’efficacia dell’organizzazione. Quando si verificano conflitti o errori, il perdono aiuta a ridurre il risentimento, ristabilisce la fiducia e favorisce un clima lavorativo più positivo e collaborativo“.
Tra le varie situazioni ipotizzate per spiegare meglio l’argomento, il relatore ha fatto l’esempio di un mancato avanzamento di carriera e dell’astio che si viene a creare tra colleghi e ha sottolineato come il perdono faccia bene a chi lo dona, prima che a chi lo riceve: “In questi casi il controllo di sé non è facile, me ne rendo conto. Ma il perdono ci libera dalla gabbia dei risentimenti rancorosi e ci permette di lavorare bene, facendoci contribuire così al benessere dell’azienda e facendoci apprezzare dai colleghi e dai datori di lavoro”.
Don Capecci ha infine concluso il suo intervento parlando del senso del lavoro: “È importante che ogni mattina, quando ci svegliamo, abbiamo la giusta motivazione e ci rechiamo al lavoro, sapendo che stiamo contribuendo alla costruzione del bene di tutta la comunità“.
Testimoni della bellezza del perdono
La serata è proseguita con la testimonianza di Andrea Persiani e Antonella Simeni, che hanno condiviso la loro esperienza di perdono nei luoghi di istruzione e di lavoro.
Il maestro Persiani, dopo aver definito il concetto di educazione come capacità di “tirare fuori dai bambini e dai giovani la ricchezza che hanno dentro”, ha raccontato la sua doppia esperienza di perdono nel mondo della scuola, prima come alunno e poi come insegnante.
Poi, prendendo ad esempio le condizioni storico-sociali della Montessori e giungendo fino ai problemi di bullismo dei giorni nostri, Persiani ha detto: “Noi insegnanti siamo chiamati a creare un ambiente che faccia crescere i bambini non solo dal punto di vista dell’istruzione, ma anche delle relazioni. In questa dinamica il conflitto e la risoluzione del conflitto occupano un posto importante. Per fare questo non bisogna ragionare mettendo le etichette di vittima o di bullo, bensì investire sulle relazioni, conducendo i bambini a parlare delle loro emozioni, a raccontare i loro sentimenti e anche i loro risentimenti. In questo noi adulti siamo chiamati ad essere dei testimoni credibili: i primi costruttori di pace dobbiamo essere noi”.
La caposala Simeni ha invece testimoniato la sua esperienza di perdono nel mondo del lavoro, specificando i diversi livelli di relazione che si possono vivere all’interno di un reparto ospedaliero: tra operatore sanitario e paziente, tra colleghi operatori, tra operatore e superiore, infine tra operatore ed organizzazione. Tra i vari esempi concreti di perdono, Simeni ha riferito la storia di un padre e di una figlia che non si parlavano da anni: “La malattia del padre ha inevitabilmente costretto i due a rivedersi. Noi infermieri abbiamo avuto modo di ascoltare la loro storia da entrambi i punti di vista. Il padre era uno di quelli abituati a godersi la vita. La figlia, al contrario, era una tipa piuttosto austera e severa. Forse per compensare questo lato del padre. Chissà! Ad ogni modo, è stato commovente vedere come, negli ultimi giorni di vita, il padre non facesse altro che chiamare la figlia. E lei, che con noi aveva dei modi arroganti e che lasciavano un po’ a desiderare, invece con il padre era capace di una dolcezza straordinaria. La tenerezza nei loro gesti, nelle loro parole e nei loro sguardi è stata la prova più chiara del loro perdono reciproco. E ci siamo chiesti: ‘Perché aspettiamo certi eventi per riconciliarci?!’. È una domanda che rivolgo a me e anche a tutti noi”.
Interessante e anche prolungato il dibattito che si è creato dopo la meditazione della Parola da parte dei relatori e la testimonianza degli ospiti intervenuti. Tra i vari interventi, particolarmente significativo è stato quello dell’associata Maria De Fulgentiis, che ha raccontato le difficoltà di uno dei suoi figli adottivi ad inserirsi nel contesto scolastico: dalle parole offensive di un bambino all’alleanza costruttiva con la madre, fino alla risoluzione del conflitto e alla nascita di un’amicizia.
La serata, che si è conclusa con un momento di convivialità, è stata anche l’occasione per fare una preghiera speciale per alcune persone della comunità che purtroppo non versano in buone condizioni di salute.
Foto di autori vari: si ringraziano i partecipanti per la condivisione.
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