ASCOLI PICENO – “È stata una bellissima giornata. Per la prima volta mi sono sentita capita profondamente da qualcuno. È come se Federico avesse dato voce a quello che io penso e sento abitualmente. E mi sono sentita anche rispettata. Da tutti. Per questo sono grata a chi ha organizzato l’incontro. Una cosa, però, proprio non mi è piaciuta. C’erano solo famiglie di persone con disabilità o neurodivergenze. La vera inclusione, invece, è camminare insieme agli altri, non tra di noi. Per questo ho molto apprezzato quello che ha detto don Giorgio alla fine della giornata, cioè che non ha organizzato un pullman di pellegrini con disabilità o neurodivergenze per partecipare al Giubileo per la Disabilità, bensì desidera che partecipiamo a Settembre insieme a tutto il resto della comunità diocesana. Anche se il passo a volte è diverso, tuttavia la strada da percorrere e la meta da raggiungere sono le stesse per tutti“.

È con queste parole che Aurora, una giovane con autismo ad alto funzionamento che appartiene alle nostre Diocesi del Piceno, commenta la Terza Giornata Diocesana di Pastorale Inclusiva organizzata dall’Ufficio di Pastorale con Persone in condizioni di Disabilità o Neurodivergenze. L’iniziativa, che si è svolta Domenica 11 Maggio 2025, presso la parrocchia dei Santi Filippo e Giacomo in Ascoli Piceno, ha registrato la partecipazione di don Giorgio Del Vecchio, direttore dell’Ufficio, e di mons. Gianpiero Palmieri, vescovo delle Diocesi del Piceno.

Tre i momenti principali della giornata:
nella prima mattinata la testimonianza di Federico De Rosa, giovane di 31 anni con autismo, giornalista per Repubblica e scrittore, che ha arricchito i presenti con un intervento dal titolo “Io, il mio autismo e ciò in cui credo”;
nella tarda mattinata, poi, alle ore 11:30, la Santa Messa, presieduta da don Giorgio Del Vecchio e celebrata anche in lingua LIS (Lingua Italiana dei Segni);
nel pomeriggio infine l’apertura della Porta di Speranza sull’inclusività, con la preghiera del Rosario in una forma accessibile a tutti e la possibilità di vivere il Sacramento della Riconciliazione.

“Non siamo persone rotte, bensì menti diverse”

Federico ha detto che noi autistici non siamo persone rotte che devono essere aggiustate, bensì menti diverse che ragionano in modo diverso – prosegue la giovane Aurora –. La disabilità quindi è reciproca. È data dalla distanza tra due diverse declinazioni dell’umano. Sia gli autistici che i non autistici hanno delle abilità e delle disabilità. Solo che, essendo la maggior parte delle persone non autistiche, viene accettato da tutti come ‘normale’ il fatto che siano considerate abilità quelle dei non autistici e disabilità quelle degli autistici. Ma per chi ha una disabilità o una neurodivergenza è il contrario, come ha testimoniato don Giorgio, raccontando un’esperienza capitata a lui personalmente: in mezzo ad un gruppo di persone sorde che sapevano comunicare con la Lingua dei Segni, lui, che ancora non conosceva la LIS, era l’unico a non potersi relazionare con gli altri e si è sentito profondamente a disagio e fuori dal gruppo. Una sensazione strana per la società in cui viviamo: il mondo infatti pensa che i sordi abbiano una disabilità, mentre in quella circostanza la disabilità era dell’unico non sordo. Se tutti guardassero il mondo da questa prospettiva, molti si accorgerebbero di quanto noi autistici possiamo donare al mondo. Proprio come è capitato Domenica scorsa con Federico, che ha risposto alle domande di persone normotipiche con profondità, pienezza e verità. Credo che la sua presenza sia stata un dono grande per tutti: per me, per la mia famiglia e per tutti coloro che hanno avuto l’opportunità di incontrarlo“.

Federico De Rosa è una persona autistica ad alto funzionamento. Non è verbale: infatti si esprime molto poco a voce, però comunica usando il computer. Nei suoi libri fa leva sulla sua capacità di descrivere dall’interno la mente autistica, spesso con notevole precisione e lucidità, conseguendo così un notevole successo, soprattutto nel mondo delle persone vicine a vario titolo all’autismo (familiari di persone autistiche, insegnanti, operatori pastorali e volontari, …).
Attorno al successo delle sue pubblicazioni si è progressivamente sviluppata una attività di opinionista nell’ambito dell’autismo legata anche ad una sua nuova visione del limite, che può essere sintetizzata dal suo motto: “Diversamente Abili Diversamente Felici“.

Numerosi gli spunti forniti da De Rosa. Proprio in merito al tema della felicità, il giovane scrittore ha detto: “Si nasce felici, ma nulla è fragile quanto la felicità. Io la difendo con una essenzialità radicale”. Ha infatti aggiunto: “Credo in una vita di una semplicità radicale. Sogni zero. Pretese zero. Paura mai. Io sto benissimo. Vivere da autistico è meraviglioso. Io ho il dono del silenzio. È un dono raro di cui c’è grande bisogno”.

Anche i genitori del giornalista romano sono intervenuti, raccontando la loro esperienza di madre e padre di un figlio con autismo, la necessità di accettare una condizione che non cambierà, la difficoltà nel trovare un modo per poter comunicare con il loro figlio e la gioia di scoprirne la ricchezza interiore e spirituale.

“La chiesa è casa nostra, è casa di tutti”

In merito alla Messa, la giovane Aurora afferma: “Anche la Messa è stata molto bella. Era la prima volta che vedevo un sacerdote su una sedia a rotelle e un altro sacerdote che comunicava con la Lingua dei Segni. Sarebbe bello ritrovare certe ricchezze anche nelle nostre parrocchie. Nel mio paese, ad esempio, c’è un signore sordomuto che non può vivere la Messa come facciamo noi. Quanto sarebbe bello vederlo partecipare alla celebrazione, rispondendo con i segni!
Oltre a questo, mi è piaciuta molto anche la rappresentazione della chiesa come casa, che è stata posizionata davanti ai banchi, proprio sotto all’altare. Don Giorgio ha detto che la chiesa è la nostra casa, la casa di tutti, in cui ognuno può trovare il suo posto, in cui ognuno può sentirsi accolto e amato“.

La Santa Messa è stata presieduta da don Giorgio Del Vecchio e concelebrata da don Lino Arcangeli, parroco della comunità ospitante, don Basilio Marchei e don Vincenzo Tassi.

Queste le parole di don Del Vecchio durante l’omelia: “Siamo capaci di guardare gli altri con uno sguardo di amore e di accoglienza? Ci sono esempi di persone che sono riuscite a portare l’amore anche nelle situazioni più impensabili, nei luoghi di guerra, in un bunker. Noi, invece, che viviamo nelle nostre comode case, non riusciamo a farlo. Oggi abbiamo portato il Vangelo a tanti bambini, ragazzi e giovani che spesso non vediamo nelle nostre classi di catechismo. Eppure le nostre scuole sono pieni di bambini con autismo, DSA (Disturbi Specifici di Apprendimento), ADHD (Disturbi da Deficit di Attenzione e Iperattività), disturbi sensoriali. Vi siete mai chiesti perché a scuola sì e in chiesa no?! La giornata di oggi, allora, sia di esempio, per iniziare a guardare lontano, a guardare in profondità“.

Numerose le associazioni del territorio che hanno partecipato alla giornata: Unitalsi di Ascoli Piceno, Associazione Genitori OLTRE di Ascoli Piceno, Casa di Cura Villa San Giuseppe di Ascoli Piceno, Associazione Confad.eu e Comunità familiare “Manuela” dell’Associazione Papa Giovanni XXIII di Offida.

“Il senso dell’amore: dare senza pensare di ricevere”

“La preghiera è stato il momento che mi ha commosso di più – conclude la giovane Aurora –. All’inizio non volevo partecipare, perché non avevo capito bene come si sarebbe svolta. Quando ero piccola, infatti, temevo sempre il Rosario, perché, nel momento in cui toccava a me dire l’Ave Maria, tutti si giravano verso di me e mi fissavano. Lo sguardo che mi sentivo addosso mi metteva profondamente a disagio. Domenica, invece, è stato molto diverso. Al centro della chiesa è stato posizionato un rosario fatto di palloncini e ogni persona ne teneva uno, come se ognuno di noi avesse un’Ave Maria dedicata per sé. Però non siamo stati noi a dirla ad alta voce, bensì la preghiera è stata portata avanti da una suora. Ed è stato fatto in questo modo per tutte le persone, così nessuno si è sentito a disagio o escluso dal momento di preghiera. Inoltre la suora che ha pregato per tutti, ha guardato intensamente negli occhi ogni persona, come se volesse dirle qualcosa. Quando è stato il mio turno, io non l’ho guardata, non ci sono riuscita e questo mi ha rattristato: ho immaginato che la suora avesse pensato che io fossi maleducata e che si fosse offesa. Lei, invece, mi ha preso una mano e poi mi ha messo la sua mano sopra alla mia. È come se mi avesse letto nel pensiero e avesse voluto dirmi: ‘Non preoccuparti. Ti capisco. Io so che mi stai ascoltando e stai pregando con me’. Il suo gesto mi ha commosso, perché di solito non mi succede questo. Quando non ricalco lo stesso modo di fare, quando non replico i gesti che mi vengono fatti, quando non ricambio i sentimenti nel modo in cui mi vengono manifestati, vengo sempre lasciata da parte. La suora, invece, mi ha dato attenzione, anche se apparentemente non stavo facendo lo stesso. Non ha preteso nulla da me. Mi ha dato attenzione senza pretendere di essere ricambiata. Forse è questo il senso dell’amore: dare senza pensare di ricevere. Una cosa molto rara al mondo”.

Le dichiarazioni di don Giorgio Del Vecchio

Queste le parole di don Giorgio Del Vecchio, a distanza di una settimana dall’iniziativa: “Ancora una volta siamo stati mossi dallo Spirito Santo ad essere una Chiesa in uscita, dove gli apostoli messaggeri di Speranza sono state le persone in condizione di disabilità e neurodivergenze, le persone con autismo in special modo. Ancora una volta abbiamo sperimentato il senso di povertà interiore che ha permesso di tenderci verso la ricchezza dell’annuncio ricevuto, in modo diverso e in linguaggi per molti ancora sconosciuti. Abbiamo avuto il privilegio di una Pentecoste con il rammarico che molti, dei nostri, non erano in casa con noi, la Chiesa, Casa per tutti. ‘Dio è per tutti e ama tutti’: ci ha ribadito Papa Leone XIV, facendoci ricordare il ‘Todos. Todos. Todos’ di Papa Francesco ai giovani di Lisbona. A distanza di una settimana, rimbocchiamoci le maniche e saliamo sulla barca con Pietro andando incontro a tutti, senza etichette”.

 

 

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