DIOCESI – Lectio delle Sorelle Clarisse, del Monastero Santa Speranza.

Iniziamo questa nostra riflessione da alcune parole che Gesù pronuncia durante l’ultima cena con i suoi discepoli, prima della sua morte. Sono parole che ci vengono proposte, oggi, dall’evangelista Giovanni, nel brano di Vangelo di questa domenica.

«Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito».

Un po’ complicato e contorto ad una prima lettura…ma cerchiamo di entrare dentro il significato di questo testo.

Che cosa ha appena fatto Gesù prima di pronunciare queste parole? Si è alzato da tavola, ha deposto la veste, ha preso un asciugatoio, se lo è cinto ai fianchi. E poi, versata dell’acqua in un catino, ha cominciato a lavare i piedi ai discepoli. Subito dopo, ha condiviso il pane con Giuda, pur sapendo che, da lì a poco, lo avrebbe tradito.

«Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato…», dice Gesù…”ora”, dopo questi gesti, con questi gesti.

“Gloria” in ebraico significa peso. Dare gloria a qualcuno è riconoscergli tutto il suo peso, la sua importanza. Che cosa ha fatto allora Gesù per essere glorificato? Dove riposa la gloria di Dio? Su Gesù che, come servo, lava i piedi; su Gesù che dà il pane del suo amore a colui che lo tradisce.

Con questa certezza, possiamo allora addentrarci nella seconda parte del brano evangelico e capire, fino in fondo, le parole di Gesù: «Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri».

Dove sta la novità del comandamento se già nell’Antico Testamento era scritto “ama il prossimo come te stesso”? La novità sta in quel “come”. Amatevi come io vi ho amati.

Ecco l’amore nuovo per il quale Gesù è stato glorificato: innanzitutto un amore ricevuto, accolto. Non uno sforzo o una lodevole iniziativa, ma l’esperienza dello scoprirsi pensati, cercati, svelati a noi stessi, belli dentro perché illuminati dal Signore. Ci possiamo amare ed accogliere perché lui per primo ci ha amati e ci ama. Un amore gratuito che non accaparra ma spinge verso l’altro. Non un amore di simpatia, di scelta, di sforzo, di virtù ma l’amore di Cristo.

Un amore che, certamente, è sofferto e faticoso, come raccontano Paolo e Barnaba nella prima lettura, tratta dal libro degli Atti degli Apostoli. Un amore, cioè, che passa nel confronto reciproco perché donare la propria vita, spenderla per gli altri, offrirla, significa guadagnarla.

Giovanni ha fatto esperienza di questo amore, ha conosciuto questo amore, l’amore che non può tradire. Per questo, ci dice il libro dell’Apocalisse, egli contempla l’orizzonte, il punto ultimo dell’avventura umana ed è capace di scorgervi un cielo nuovo e una terra nuova, la Gerusalemme nuova.

Giovanni nutre una certezza: che la storia, la nostra storia, alla fine conoscerà un incontro e non il nulla e che noi stiamo procedendo verso un fine e non verso la fine, verso un compimento e non verso il disfacimento. Giovanni è certo che vi sarà un luogo, uno spazio, un tempo “altro” dove verrà asciugata ogni lacrima e dove non ci saranno più morte, lutto, lamento, affanno.

L’amore glorificato in Gesù è la novità della vita di Dio che irrompe nella nostra storia rigenerandola. Ed è l’anticipo della vita futura a cui aspiriamo.

Per noi, si tratta di riprendere in mano il Vangelo e, quotidianamente, familiarmente, scovarvi e ricomporre tutte le tessere del mosaico di come Gesù ha mostrato questo amore. Per fare, anche noi, come ha fatto lui, come ha amato lui.

Entra a far parte della Community de L'Ancora (clicca qui) attraverso la quale potrai ricevere le notizie più importanti ed essere aggiornati, in tempo reale, sui prossimi appuntamenti che ti aspettano in Diocesi.

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *