
Di Patrizia Caiffa
La questione del Kashmir, territorio di confine conteso da India e Pakistan da 70 anni, si è riaccesa in queste ore in modo gravissimo, con un forte scontro militare tra i due Paesi, entrambe potenze nucleari e attrezzate con i più potenti eserciti al mondo. Ad oggi sono almeno 15 i morti e 43 i feriti tra gli indiani, mentre il Pakistan conta 26 civili uccisi. Scuole e università sono state chiuse nel Kashmir indiano e in Pakistan. Quasi 550 voli interni sono stati cancellati, mentre le rotte dei voli internazionali sono state deviate. L’India, sotto la guida del primo ministro Narendra Modi, del partito nazionalista indù Bjp (Bharatiya Janata Party) ha sferrato un forte attacco tramite l’operazione Sindoor “per sradicare il terrorismo”. Sono state colpite con missili nove obiettivi in Pakistan, danneggiando anche una centrale idroelettrica, quattro moschee e una clinica medica. Maulana Masoo Azhar, leader del gruppo terrorista Jaish-e-Mohammed attivo in Kashmir, è stato ucciso insieme a quattro suoi collaboratori e dieci persone della sua famiglia. Il primo ministro pakistano Shehbaz Sharif ha annunciato che le forze armate pakistane sono “autorizzate a rispondere di conseguenza”: l’esercito pakistano ha subito dichiarato di aver abbattuto cinque jet indiani. L’attacco indiano è considerato una risposta, sulla base di informazioni dell’intelligence, all’attentato avvenuto il 22 aprile nella località turistica di Pahalgam, nel Kashmir indiano, durante il quale sono morte 26 persone, in maggioranza turisti indiani.
Il Kashmir è una florida regione di frontiera divisa tra India e Pakistan. E’ ricca di risorse naturali, minerali idriche, ambita meta di turismo per le sue montagne, la meravigliosa città di Srinagar, famosa per le house boat sul Dal Lake e per i mercati sull’acqua.
Una zona così bella e preziosa, strategica per la sua collocazione geografica (è anche vicina al confine cinese) non poteva non essere oggetto di contesa.
Il motivo storico ha origine nella sanguinosa spartizione del subcontinente indiano nel 1947, in cui l’ex colonia britannica veniva divisa nell’India a maggioranza indù e nel Pakistan a maggioranza musulmana, che comprendeva all’epoca anche il Bengala orientale, oggi Bangladesh. Quasi 15 milioni di persone furono costrette a spostarsi (i musulmani indiani verso il Pakistan e viceversa), con feroci scontri che ebbero come conseguenze milioni di morti. Noti agli storici e a chi si interessa di quelle regioni sono i tragici episodi delle mattanze dei “nemici” di religione e appartenenza diversa tagliando le teste che sporgevano dai treni degli sfollati.
Nell’autunno 1947 scoppia la prima guerra indo-pakistana per il controllo del Kashmir, che viene annesso all’India. Una risoluzione Onu del 1948, rimasta lettera morta, chiede un referendum sull’autodeterminazione del Kashmir, ma l’India si oppone decisamente. È l’inizio di odi e risentimenti da parte dei kashmiri musulmani, molto diversi culturalmente dagli indiani e frustrati per non riuscire ad ottenere, se non l’indipendenza, almeno l’autodeterminazione del loro popolo. Nel 1949 il Kashmir viene diviso in due parti: il 37% appartiene al Pakistan e il 63% all’India, nello Stato di Jammu e Kashmir, a prevalenza musulmana. Il conflitto si riaccende nel 1965, nel 1971, nel 1984, nel 1987, nel 1989 (quando avvenne una insurrezione separatista), nel 1995 e nel 1999. Nel 2002 ci si è trovati sull’orlo di una guerra nucleare, scongiurata anche grazie alla comunità internazionale. Nel 2003 i due Paesi riallacciano relazioni diplomatiche e si firma un cessate il fuoco.
Un conflitto “a bassa intensità”. Questo però non mette fine alle tensioni: nel Kashmir indiano si organizza una resistenza interna in risposta alla
forte presenza dell’esercito indiano, che lo rende una delle zone più militarizzate al mondo.
I turisti che riescono a visitare il Kashmir, rischiando spesso di rimanere chiusi nelle house boat o negli alberghi a causa delle tensioni che ogni tanto si inaspriscono, si rendono subito conto della situazione. Tanti sono i check in presidiati dai militari indiani, migliaia i soprusi contro veri o presunti “terroristi”, molti sono bambini e adolescenti. Nelle carceri indiane languono migliaia di kashmiri e i diritti umani vengono ripetutamente violati, come documentato da decine di report delle organizzazioni per i diritti umani. Oltre a tutto ciò il 5 agosto del 2019 il governo indiano ha cancellato l’autonomia del Jammu e Kashmir, abrogando la clausola della Costituzione che garantiva lo statuto speciale al Kashmir, trasformandolo in due unità territoriali sottoposte all’autorità del governo centrale. I kashmiri sono stati isolati per oltre sei mesi, senza comunicazioni telefoniche e internet. Molti indiani di religione indù prendono possesso di terre in zone a maggioranza musulmana.
Ci sono tutte le caratteristiche per uno di quei conflitti definiti “a bassa intensità”, che rischiano di diventare molto pericolosi per l’importanza economica e strategica delle parti in causa.
L’India con la sua popolazione di 1 miliardo e 450 milioni di abitanti, potenza economica emergente; il Pakistan, con 247,5 milioni di abitanti, secondo Paese con più musulmani al mondo, dopo l’Indonesia.
La comunità internazionale invita alla moderazione. Non è un caso, quindi, se i principali governi del mondo in queste ore si siano immediatamente allarmati. Tutti stanno chiedendo “moderazione”. Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha definito gli attacchi dell’India “una vergogna”, sperando che “finisca molto presto”. L’Unione europea, la Russia, la Cina, la Francia, l’Afghanistan e l’Iran chiedono ad entrambe le parti di “dar prova di moderazione”. La Gran Bretagna si dice pronta a “sostenere entrambi” nella de-escalation del conflitto. L’Italia sta seguendo le vicende “in contatto con i nostri alleati”, ha detto la premier Giorgia Meloni, ed è pronta a riferire in aula. La Turchia allerta sul rischio di “una guerra totale” totale tra i due Paesi mentre il segretario dell’Onu Antonio Guterres afferma nettamente: “Il mondo non può permettersi uno scontro militare” tra India e Pakistan.
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