Riportiamo di seguito la recensione che Filomena Gagliardi ha scritto in merito al libro “La Mia parola, La caduta all’inferno e la rinascita di cinque donne vittime di violenza domestica” di Margherita Carlini, Poderosa Edizioni, Fermo 2024

Margherita Carlini è una donna il cui curriculum vitae parla da sola. Riassumerò dicendo che è, sia de iure che de facto, un’esperta nel settore relativo alla violenza di genere, offrendo un concreto aiuto alle donne.
Chi è competente ed esperto, tuttavia, può ulteriormente contribuire ad aiutare le donne, attraverso la scrittura: che si tratti di scrittura-testimonianza, di scrittura informativa, di scrittura in parte fittizia, oppure di tutte queste cose messe insieme e organizzate al fine di sensibilizzare ed educare il pubblico, si tratta in ogni caso di un gesto meritorio.

La struttura

Il libro presenta una premessa in cui l’autrice offre un’ampia rassegna di quelle che sono le radici storiche e culturali sottese alla violenza di genere.
Pur muovendosi in un ambito internazionale, la scrittrice si concentra soprattutto sullo status quaestionis italiano, che presenta storicamente un apparato legislativo non certo favorevole alle donne: fino al 1960 esisteva, infatti, lo ius corrigendi in base al quale il pater familias aveva la facoltà di «”correggere” il comportamento dei figli e della moglie anche attraverso l’uso della violenza».
A questa data era già entrata in vigore la Costituzione italiana (1948) che pure presenta significative aperture verso il riconoscimento della pari dignità fra uomo e donna: ciò nonostante, restano in piedi leggi in contrasto con essa.
Oltre a quella sopra menzionata, la dottoressa Carlini ricorda che solo nel 1981 viene “emanata una legge” che cancellava “ciò che era previsto dal Codice Rocco che normava[…]] il matrimonio riparatore ed il delitto d’onore”.
Inoltre fino al 1996 la violenza sessuale sarebbe stato considerato “un reato contro la morale pubblica e non contro la persona”.

La Carlini illustra poi le varie forme di violenza che possono manifestarsi contro le donne: violenza fisica, psicologica, economica, sessuale, stalking; successivamente ripercorre la storia e il ruolo dei centri antiviolenza in Italia, concentrandosi poi su quello di Ancona, con cui collabora e in cui ha potuto conoscere direttamente tre delle cinque donne protagoniste del suo libro: “Le donne vittime di violenza trovano uno spazio a loro dedicato nei centri antiviolenza dove operatrici specificamente formate le accolgono, le ascoltano, non le giudicano, forniscono supporto, aiuto e informazioni, non si sostituiscono nelle loro scelte e rispettano le loro decisioni. Proprio nel centro antiviolenza ho potuto conoscere personalmente tre delle cinque donne che hanno deciso di narrare il loro vissuto in questo libro e alla storia di ognuna dedico una riflessione”.
Dopo ogni storia, dunque, segue un capitolo di spiegazione della stessa sul piano giuridico morale e personale.

Le voci narranti

Ne consegue una sinfonia di voci narranti.
Nei capitoli in cui racconta le storie delle sue protagoniste, infatti, la Nostra cede loro la prima persona, per poi tornare a riprendere la terza persona quando riflette sulle storie stesse.

Il titolo. La mia parola

Questo scambio di punti di vista e di focalizzazione consente all’autrice di usare il titolo La mia parola in modo duplice secondo me: da un lato, cedendo la parole alle altre donne, fa in modo che ciascuna possa essere detentrice del proprio racconto, come a voler dire “la mia parola conta”, in opposizione alla cultura condivisa secondo cui le donne non sarebbero attendibili; “la mia parola”, però, può essere quella della Carlini che con il proprio racconto (nel racconto) garantisce per loro.
Che siano le donne da lei conosciute direttamente o meno, che siano quelle che hanno mantenuto i nomi reali o quelle che hanno assunto nomi inventati, esse testimoniano un resoconto vero, esattamente come il libro: “questo libro nasce dalla volontà e dalla riflessione di dare spazio alle parole delle donne che hanno subito violenza, affinché potessero raccontare la loro storia che è parte della loro vita, attraverso le loro parole, a modo loro, senza che nessuno potesse metterle in discussione, giudicarle, mistificarle”.

Alcuni esempi: Mariarosa e Diana

Mariarosa è una donna che solo dopo molto tempo riesce a liberarsi del marito violento, chiedendo aiuto a Margherita. Eppure ancora oggi non riesce a superare del tutto i sensi di colpa per non aver avuto prima il coraggio di denunciare prima, per il fatto che la giustizia stia facendo il suo corso sì, ma in modo molto contraddittorio, tra divorzio, decadenza della responsabilità genitoriale paterna e successivo ripristino della stessa: “Oggi mi guardo indietro con benevolenza, ho capito i miei errori, non avrei mai dovuto lasciarmi modellare a suo piacimento, avrei dovuto reagire prima per proteggere me e i miei figli, tuttavia ho accettato il mio passato. Non posso scappare da ciò che sono stata e mi riconosco il coraggio di accettare ciò che è stato”.

Diana invece è una donna molto preparata e competente che però, a causa della poca fiducia in se stessa, ha finito per affidare ogni aspetto della sua vita, anche economico, a suo marito, certamente molto abile sul piano dell’amministrazione, ma non leale.
Si è comportata così perché anche nella propria famiglia di origine ha appreso a fare così: “Mia madre ha sempre delegato le questioni economiche di casa, e del suo lavoro, a mio padre, senza mai sospettare che lui potesse approfittarne”.
Quando poi Diana, ormai grande, succube di suo marito decide di accettare la proposta di lui di costruire e dedicarsi ad un agriturismo, sperimenta innanzitutto l’invidia del partner e poi la violenza economica che lui, gestore finanziario della struttura, le impartisce: o trattenendole parte dello stipendio, o boicottandola nel lavoro (ad esempio chiudendo l’ acqua calda o il riscaldamento in presenza di ospiti).
Soltanto grazie ad una amica bancaria, ad un avvocato e soprattutto ad Antonella, impiegata presso uno sportello di aiuto per le donne, la donna riesce ad affrancarsi dall’uomo.
Leggiamo in conclusione: “Fuggii di casa, con le figlie, tre anni fa esatti. Ora sono divorziata e ho riottenuto indietro i soldi dei genitori e i miei con un mantenimento mensile più che onorevole. Sto ricominciando tutto da capo e lo sto facendo perché la donna scintilla (Antonella) dello sportello delle donne mi ha aiutato e sostenuto psicologicamente ed è grazie al suo sostegno gratuito e alla sua presenza costante se non sono impazzita del tutto. Mi ha indicato e guidato nel mio percorso di consapevolezza e interezza, insegnandomi che i soldi hanno importanza perché ti permettono di ricominciare. Ti sarò sempre grata Antonella”.

Conclusione

Questo libro, pubblicato nell’autunno del 2024, sta andando molto in giro nelle Marche e non solo, in quanto l’autrice e il suo editore stanno organizzando molte presentazioni. Alcune proprio in questo mese di marzo, anche in concomitanza con l’ 8 marzo.
Il 25 novembre, così come l’8 marzo sono date simbolo, che dovrebbero ricordarci quanto libri come questi ancora servano molto: non dico sfortunatamente, perché un libro è sempre un dono e sempre uno strumento che può aiutare a sensibilizzare i cittadini, anche e soprattutto se a scriverlo è una persona esperta e competente, con il valore aggiunto di essere una donna, quindi più sensibile a certe tematiche, come la dottoressa Margherita Carlini.

 

 

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