DIOCESI – Quali siano le radici storiche e culturali delle disuguaglianze di genere; perché ci sia una scarsa rappresentanza femminile nella politica e nei luoghi di potere; quali siano le disparità nel mondo dell’istruzione e del lavoro; quali siano le ragioni della distribuzione ineguale degli oneri familiari e della maggiore vulnerabilità economica femminile; cosa significhi sperare al femminile; come la speranza venga vissuta ed incarnata dalle donne; come superare le disuguaglianze con le alleanze: di questo e di tanto altro si è parlato Venerdì 7 Marzo 2025, presso il Palazzo Guiderocchi in Ascoli Piceno, a partire dalle ore 21.00, durante l’incontro dal titolo “Unica – Sperare al femminile”, organizzato dall’Equipe del Settore Adulti dell’Azione Cattolica diocesana della comunità di Ascoli Piceno, le cui responsabili sono Giuliana Norcini e Laura Morganti.

A testimoniare come la speranza venga declinata al femminile sono state quattro illustri figure del territorio: Antonietta Collazzoni, già docente di Lingue e Letteratura Straniere, che, divenuta vedova appena due mesi dopo il matrimonio, ha abbracciato la spiritualità di Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari, dedicandosi per tutta la vita al volontariato e prendendosi cura dei più fragili, come gli anziani, i malati, le persone con disabilità, i poveri, gli stranieri, soprattutto bambini e ragazzi; Raffaela Baiocchi, medico originario di Ascoli Piceno, che lavora come ginecologa per l’ONG Emergency, attualmente in Medioriente, dove aiuta numerosi mamme a partorire in contesti di guerra e di disperazione; Mara Schiavi, già presidente diocesana di AC Ascoli Piceno e ora incaricata regionale del Settore Adulti dell’AC Marche, la quale, attraverso le parole di Barbara Pandolfi pubblicate sulla rivista “Dialoghi“, ha raccontato la vita della Beata Armida Barelli, fondatrice del Movimento della Gioventù Femminile di Azione Cattolica; Donatella Ferretti, insegnante, filosofa e scrittrice, la quale ha letto e commentato alcuni passi del suo libro “Rosso di sera. Piccola filosofia della speranza“, edito nel 2023 e dedicato proprio al tema della speranza.

A rendere ancora più piacevole l’evento sono stati il fumettista Elia Virgili, che, nel corso della serata ha realizzato in diretta una sequenza di disegni sulla vita della Beata Barelli, e i musicisti Marco Sabatini alla tastiera, Paolo Pizzingrilli alla chitarra, Claudio Bernardo Carini al basso, i quali, insieme alle potenti voci di Silvia Palermi e Cristina Paolini, hanno allietato i presenti suonando dal vivo alcuni brani dedicati alle donne.

L’incontro, condotto magistralmente dal giornalista Matteo Porfiri, ha registrato la partecipazione di diverse personalità industriose ed attive all’interno dell’Azione Cattolica: mons. Gianpiero Palmieri, vice presidente della CEI (Conferenza Episcopale Italiana) e vescovo delle due Diocesi del Piceno; don Andrea Tanchi, assistente del Settore Adulti di AC Marche; Mauro Alessandrini, presidente diocesano di AC per la Diocesi di Ascoli Piceno; Paola Di Felice, responsabile del Settore Adulti di AC per la Diocesi di San Benedetto del Tronto – Ripatransone – Montalto. Presenti anche alcuni preti diocesani.

Il primo intervento della serata è stato quello di Antonietta Collazzoni, 83 anni, della parrocchia San Pietro Martire di Ascoli Piceno, la quale ha raccontato: “Cinquant’anni fa ho conosciuto la speranza. Due mesi dopo essermi sposata con l’amore della mia vita, mio marito ha avuto un incidente con l’automobile e, dopo tre anni di coma, è morto. Ero disperata, non avevo più nulla di quello che avevo sognato. Allora mi sono detta: ‘Se devo vivere, devo dare un senso a questa vita!’. Ma non sapevo come fare. Poi ho conosciuto Armida (n.d.r. Barelli), che mi diceva di amare, amare, amare. Sempre. Ma come?! Non sapendomi dare risposta, ho iniziato da quel piccolo mondo a cui appartenevo, quella della scuola. Ho iniziato a voler bene ai bambini, ad aiutarli con le ripetizioni, soprattutto quelli stranieri che subiscono il razzismo nascosto ma strisciante che c’è in giro. Ho sperimentato così che l’amore fa passare dalla morte alla vita“. Collazzoni ha ricordato lo sguardo di alcune persone incontrate nella sua vita: quello di uno studente con disabilità, quello di un’anziana signora che a 97 anni ha ripreso a suonare, quello di un malato grave. Ha poi concluso: “Sono rinata aprendo il mio cuore. È per tutti così: è necessario aprire il cuore, farlo battere. E continuerò a farlo anche ora che sono anziana. Io voglio morire da viva, non da morta“.

A seguire Raffaela Baiocchi, in un contributo video registrato appositamente per l’occasione, ha affermato: “Da diciassette anni, lavorando con Emergency, sono esposta a tanti pericoli e vivo molte realtà difficili. Negli anni sono stata in Afghanistan, dove il regime dei Talebani costringe le donne a condizioni di vita drammatiche, in Sudan, in uno dei campi profughi più grandi del mondo, dove cerchiamo di contrastare la grande crisi umanitaria che sta vivendo il Paese, e ora in Medioriente, la cui situazione continua ad aggravarsi sempre più nel quasi totale silenzio del mondo. In tutti questi anni ho capito che la speranza non è solo un moto dell’animo, bensì è il muoversi concreto verso una direzione, un agire concreto“. Baiocchi ha poi raccontato la sua esperienza nel dare cure gratuite a bambini e donne in gravidanza, sottolineando come anche nei contesti più disperati la speranza possa essere un faro che illumina la vita delle persone: “Mi hanno chiesto spesso che senso abbia e cosa spinga una donna a mettere al mondo un figlio o una figlia in un contesto di guerra, di povertà e di disperazione. La risposta è una sola: la speranza in un mondo migliore“.

La terza testimonianza condivisa è stata quella di Armida Barelli, educatrice italiana dichiarata beata da Papa Francesco nel 2022. L’incaricata regionale del Settore Adulti di AC Marche, Mara Schiavi, ha raccontato il profondo e proficuo impegno di Barelli: dagli studi in convento alla scelta di darsi agli altri; dall’incontro con padre Agostino Gemelli alla fondazione dell’Università Cattolica del Sacro Cuore; dall’ingresso nel Terz’Ordine Francescano alla fondazione, con il sostegno del cardinale Ferrari, della Gioventù Femminile Cattolica, analoga a quella maschile già esistente; dalla fondazione dell’Istituto secolare delle Missionarie della Regalità fino alla scelta radicale di consacrarsi a Dio per l’apostolato nel mondo. Schiavi ha sottolineato il suo impegno, anche sotto il regime fascista, per l’affermazione dei diritti delle donne e per lo sviluppo di politiche per il lavoro e la formazione.

A chiudere le testimonianze è stata Donatella Ferretti, già docente di Storia e Filosofia, attualmente docente di Antropologia Filosofica presso la Scuola di Formazione Teologica interdiocesana, nonché assessora alla Pubblica istruzione presso il Comune di Ascoli Piceno, la quale ha spiegato che l’esistenza non è altro che un incessante, ostinato, tenace sforzo verso il futuro, un atto di fede verso ciò che verrà, uno slancio vitale che vince anche il più cupo pessimismo. Ha detto Ferretti: “Credo che la speranza sia un tratto strutturale dell’essere umano. Nessuno vive il qui ed ora. Non c’è, infatti, un momento della giornata che non sia intriso nel futuro. Ogni nostra azione contiene l’andare oltre il qui ed ora. Ogni azione quindi è già il futuro. E il futuro è speranza. La speranza quindi non è un vagheggiare, non è inattività, bensì è vita, movimento, azione. Questo è il lato più umano della speranza“. Ha poi concluso: “In questo momento storico possono esserci alcuni rischi, come il nichilismo o il materialismo, ma io credo nell’essere umano. Noi siamo stati creati nella speranza, quindi la speranza non ci abbandona“.

La serata è stata anche l’occasione per fare il punto sulla condizione delle donne in Italia e, in particolare nelle Marche. Il quadro che emerge, seppur in miglioramento rispetto ad un decennio fa, non può dirsi ancora soddisfacente: le donne, infatti, pur essendo più numerose degli uomini e generalmente più preparate in molti ambiti, tuttavia sono percentualmente meno rappresentate e non ricoprono incarichi di potere. Questo purtroppo avviene anche nella Chiesa: il 75% dei catechisti, ad esempio, è costituito da donne, ma solo 14 donne su 225 Diocesi dirigono un ufficio catechistico.

L’incontro si è concluso con l’intervento del vescovo Palmieri, il quale, commentando i dati poco prima riferiti, ha detto: “Tra i segni di speranza di tipo ecclesiale, vorrei sottolineare tre figure di rilievo della Santa Sede: Suor Simona Brambilla, prefetto del Dicastero per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, che ha come vice un cardinale; Suor Raffaella Petrini, presidente della Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano e presidente del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano, la quale ha una carica che resta in piedi anche in caso di sede papale vacante; infine Linda Ghisoni, sottosegretaria del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita, la quale è una laica che è anche consultore della Congregazione per la Dottrina della Fede. Anche nelle nostre Diocesi del Piceno, ogni Ufficio Pastorale è diretto da un trio costituito da un uomo, una donna e un prete e, tra loro tre, viene scelto da loro stessi il responsabile. Questi sono segni molto belli ed importanti, perché rappresentano una ferita che viene sanata. Ci rendiamo conto, infatti, che all’inizio della nostra storia ebraico-cristiana c’è un racconto straordinario, unico in tutta la storiografia mediorientale. Il racconto in cui l’uomo e la donna nascono da Adam, che non è il maschio, ma l’essere umano: in ebraico infatti ‘Adam’ significa tratto dalla terra. Sul torpore che scende sull’essere umano, Dio lo divide, perché si possano guardare letteralmente ‘alla stessa altezza’, perché siamo carne della stessa carne, ossa delle stesse ossa, riconoscendo l’identità e la diversità di genere, però creandoli alla stessa altezza. Dio, infatti, non è alla stessa altezza e neanche gli animali; bisogna allora mettere il torpore affinché nascano due esseri umani che si guardino alla stessa altezza. Questa storia ci abbiamo messo tanti millenni per impararla! E forse ancora c’è da fare”.

Mons. Palmieri ha poi fatto una dedica speciale: “Man man che ascoltavo le vostre testimonianze, mi è tornato alla mente un gruppo di donne che incontravo ogni Mercoledì a Roma, quando ero in parrocchia a San Frumenzio. Donne che purtroppo erano costrette a prostituirsi sulla via Salaria. Con noi c’era una suora insignita della massima onorificenza del Presidente della Repubblica, Suor Eugenia Bonetti, una donna straordinaria, incredibile, che ci aveva insegnato ad approcciarci a queste donne con tutta la delicatezza possibile. Io lì ho incontrato e ascoltato donne straordinarie, delicate, piene di speranza. Ricordo, ad esempio, il gruppo delle ragazze nigeriane ci chiedevano solo una cosa: ‘Potete pregare con noi?’. Ci facevano mettere in cerchio: cominciavamo a cantare, a danzare e poi loro, ad un certo punto iniziavano a pregare e le loro preghiere erano bellissime. Dicevano frasi come: ‘Signore, tu sai che io non voglio stare qui. Tu sai che sono costretta. Tu sai che io vorrei lavorare, vorrei dei figli’ oppure ‘Signore, tu sei tutta la mia speranza. Io spero solo in Te!’. Georges Bernanos diceva che il segreto della speranza ce l’hanno i poveri, perché sono loro che sperano da Dio tutti i giorni qualcosa che non hanno. Io in quelle sere, anche in condizioni profondamente inumane, sentivo proprio il desiderio di riscatto, la speranza di ricominciare una vita nuova“.

Ha infine concluso Palmieri: “Tra gli interventi di stasera qualcuno ha parlato dell’importanza di guardarsi negli occhi: la speranza infatti si sprigiona in noi dal volto. I volti che si guardano creano speranza. Può anche esserci la distruzione intorno, ma due volti che si guardano possono suscitare grande speranza. Questo guardarci nel volto, questo guardare in profondità, questo voler attivare qualcosa di generativo attraverso il volto, credo sia una dote particolarmente straordinaria che troviamo soprattutto nelle donne. Io allora spero in un mondo che non perda mai la speranza, perché la speranza non è un optional, bensì – come è stato ben detto stasera – è strutturale, costitutiva del nostro essere: nasce nel momento in cui veniamo al mondo. Non possiamo vivere senza speranza. Eppure quante volte abbiamo dei tuffi al cuore e ci diciamo: ‘Sì, spero. Ma da che parte devo andare?’. Io allora spero in un mondo in cui le persone si guardino negli occhi. Speriamo tutti in un mondo in cui la speranza non venga mai meno!“.

Al termine della serata le due responsabili diocesane del Settore Adulti di AC Ascoli Piceno hanno donato alle relatrice una penna, con l’augurio, rivolto a tutte le donne del mondo, a scrivere nuove ed intense pagine di speranza.

Foto di Mario Del Gatto e Carletta Di Blasio

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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