Di Pietro Pompei
DIOCESI – Parlare dell’Inferno come si faceva un tempo, magari di sera, quando la scarsa illuminazione proiettava fosche ombre sulle volte delle chiese, significava incutere terrore. Di riflesso, si temeva anche il Paradiso, percepito come un luogo distante e difficile da raggiungere. In questo contesto, il Purgatorio veniva visto come una sorta di rifugio, un luogo di speranza per molti, tanto che la devozione per le anime purganti è rimasta forte fino ai giorni nostri.
Ma occorre ancora parlarne? Certamente. Nel Vangelo, il tema dell’aldilà viene riproposto frequentemente, e affrontarlo con chiarezza, con argomentazioni adeguate e adatte all’età di chi ascolta, è un dovere. Rientra, infatti, in un discorso più ampio che ha come filo conduttore la nostra libertà. In questo tempo di Quaresima, meditare sui “novissimi” significa prepararsi con consapevolezza alla Santa Pasqua, in cui il dramma umano trova compimento nella salvezza della Resurrezione, passando attraverso l’esperienza della Croce. È il dolore che ci spinge alla ricerca del bene, e solo in Gesù risorto questa ricerca trova il suo pieno compimento.
Eppure, per l’uomo di oggi, questo discorso risulta ostico. Siamo capaci di esplorare gli abissi marini, di sfidare le leggi della natura, di manipolare i misteri della vita, eppure non riusciamo a entrare dentro noi stessi, a sondare la nostra coscienza. Questo timore genera spesso il riso, sintomo di un’incapacità introspettiva. L’ironia, esibita come distacco dalle credenze e dai luoghi comuni, diventa un boomerang che si ritorce contro chi la esercita.
Per esorcizzare l’incertezza sull’aldilà, l’uomo moderno ha cercato rifugio in simboli effimeri, come il semplice “aroma del caffè”, proiettando in Inferno e Paradiso i propri limiti terreni. Oggi, ragioniamo più con il “ventre” che con la testa, lasciandoci trascinare verso il basso piuttosto che elevarci al di sopra delle nostre inclinazioni istintive.
Non sorprende, quindi, che si faccia strada una nuova narrazione sulla morte, veicolata persino attraverso spot pubblicitari che, con immagini edulcorate dell’incidente mortale, sembrano quasi suggerire il suicidio come opzione allettante. Stiamo forse assistendo alla nascita di nuove religioni? O è riemerso un nuovo “Origene” dei primi secoli del Cristianesimo per impartire lezioni di comportamento al Padre Eterno?
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