I Diaconi Walter ed Emanuele.

DIOCESI – Si è svolto a Roma, da venerdì 21 febbraio fino a domenica 23, il Giubileo dei Diaconi, “Pellegrini di Speranza“.

Il Santo Padre, Francesco, ricoverato al Gemelli, non ha potuto essere presente alla Santa Messa conclusiva del Giubileo nella Basilica Vaticana e ha delegato monsignor Rino Fisichella, pro-prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione, a presiedere la Celebrazione Eucaristica, con l’ordinazione di 23 nuovi diaconi e la presenza di oltre seimila diaconi permanenti arrivati, con le loro famiglie, da cento Paesi del mondo (4.000 gli italiani, 1.300 dagli USA). L’omelia del Papa, letta dal Celebrante, ha riassunto la dimensione fondamentale della vita cristiana e del ministero diaconale: la gratuità, declinata in tre aspetti: il perdono, il servizio disinteressato e la comunione.

Primo. Il perdono. L’annuncio del perdono è un compito essenziale del diacono. È necessario saper perdonare e chiedere perdono. Un mondo dove per gli avversari c’è solo odio è un mondo senza speranza, senza futuro. E il diacono si impegna a vedere e a insegnare agli altri a vedere in chi sbaglia e fa soffrire, una sorella e un fratello bisognosi di riconciliazione, di guida e di aiuto. Lo vediamo in Gesù, modello di ogni diaconia, che sulla croce, “svuotando” sé stesso fino a dare la vita per noi, prega per i suoi crocifissori.

Secondo punto: il servizio disinteressato. Il Signore nel Vangelo ce lo descrive in modo semplice: “Fate del bene e prestate senza sperarne nulla”. Per il diacono tale atteggiamento è una dimensione sostanziale del suo essere. Il lavoro gratuito che svolge è per lui il primo annuncio della Parola, fonte di fiducia e di gioia per chi incontra, e sia sempre accompagnato da un sorriso, senza lamentarsi e senza cercare riconoscimenti. L’agire concorde e generoso sarà così un ponte che unisce l’Altare alla strada; la carità sarà la liturgia più bella e la liturgia il più umile servizio.

Terzo punto: la gratuità come fonte di comunione. Dare senza chiedere nulla in cambio unisce, crea legami, perché esprime e alimenta uno stare insieme che non ha altro fine se non il dono di sé e il bene delle persone. Mariti, padri e nonni pronti, nel servizio, ad allargare le proprie famiglie a chi è nel bisogno, là dove si vive”.

Durante la Celebrazione, alcuni candidati hanno ricevuto il sacramento dell’Ordine. A loro sono state rivolte le parole del Papa: “Essi “discenderanno” i gradini del ministero; “discenderanno” e non “ascenderanno”, perché con l’Ordinazione non si sale, ma si scende e ci si fa piccoli, ci si abbassa e ci si spoglia”. E conclude: “La Vergine Maria e San Lorenzo, patrono dei diaconi, siano di aiuto a vivere ogni ministero con cuore umile e pieno di amore e a essere, nella gratuità, apostoli di perdono, servitori disinteressati dei fratelli e costruttori di comunione”.

L’apertura del Giubileo dei diaconi, venerdì pomeriggio, ha avuto inizio con una catechesi su: “Segni concreti di speranza nel ministero diaconale”, tenuta dal vescovo mons. Andrea Ripa, segretario della Segnatura apostolica vaticana e sottosegretario del Dicastero per il Clero, nella chiesa giubilare, Basilica di San Giovanni Battista dei Fiorentini, per i diaconi di lingua italiana. Nella sua relazione, dopo un breve excursus sulla nascita del diaconato negli Atti degli Apostoli, ricordando alcune figure di diaconi come Stefano, Filippo e due collaboratori di Paolo, metteva in risalto come la Tradizione Apostolica sottolineasse l’esercizio del diacono soprattutto nell’annuncio del Vangelo e nel servizio ai poveri. Nel V secolo si ha una decadenza del diaconato, quando l’avvento dei monaci tolse loro il servizio ai poveri, finendo con il rimanere solo come tappa intermedia per il presbiterato. Il Concilio di Trento dispose che il diaconato permanente venisse ripristinato, come era anticamente, secondo la sua propria natura, quale originaria funzione nella Chiesa. Ma tale prescrizione non trovò concreta attuazione. Fu il Concilio Vaticano II a stabilire che il diaconato potesse in futuro essere restaurato come grado proprio e permanente della gerarchia. Il relatore ha voluto sottolineare alcuni aspetti caratteristici del diacono permanente, oggi. Che sia un ministro dinamico e “in uscita”, un diacono “rompighiaccio” e che abbia un legame specifico con il Vescovo e con l’ambito liturgico. Si occupi soprattutto di pastorale familiare e di sostenere la formazione delle Caritas parrocchiali e di preparare i Catechisti. Inoltre, si prenda cura degli ammalati e dell’animazione pastorale di una o più parrocchie. Sia anche animatore di incontri di preghiera e sia presente nel mondo del lavoro.

Sabato mattina abbiamo partecipato a un evento di respiro mondiale, organizzato dal Dicastero per il Clero, nell’Auditorium Conciliazione: l’incontro internazionale “Diaconi in una Chiesa Sinodale e Missionaria: per essere Testimoni di Speranza”, presieduto dal cardinale prefetto Lazzaro You Heung-sik e moderato dal vescovo segretario mons. Andrés Gabriel Ferrada Moreira. Il vescovo Moreira, ricordando che nel mondo ci sono circa 47.000 diaconi, ha voluto sottolineare come il diacono sia il “pellegrino di Speranza” per eccellenza, perché la sua speranza è radicata in Gesù Cristo, che ha amato tutti allo stesso modo e ha donato la vita per ciascuno di noi.

Il convegno termina con il pellegrinaggio alla Porta Santa della Basilica di San Pietro. Nel pomeriggio, una Veglia di preghiera ha raccolto tutti i seimila diaconi, molti con le rispettive mogli, nell’Aula Paolo VI per un momento di preghiera in ascolto della Parola di Dio, per il rinnovo delle promesse diaconali e per ascoltare le testimonianze di tre diaconi, un italiano, uno spagnolo e uno statunitense. Al termine abbiamo pregato per la guarigione di Papa Francesco.

È stata una grazia e una gioia grande partecipare a questo Giubileo. Ringrazio il Signore e Papa Francesco per il tema scelto “Diaconi, pellegrini di Speranza”.

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