“Come leader religiosi, siamo profondamente turbati dall’impatto che questa attuale crisi del debito sta avendo sulle vite dei più poveri e vulnerabili in tutto il mondo”. Lo scrivono, in una lettera ai ministri delle finanze del G20, 124 leader religiosi, tra cui cardinali, vescovi, responsabili di congregazioni religiose e rappresentanti di diverse fedi, che si rivolgono ai leader politici per chiedere di lavorare per porre fine alla crisi del debito che paralizza gli sforzi per contrastare la povertà e l’azione sul clima. “Oggi, la necessità di agire è persino maggiore rispetto al Giubileo del 2000, quando è stata lanciata la prima campagna per la riduzione del debito: 3,3 miliardi di persone, quasi metà della popolazione mondiale, vivono ora in Paesi che spendono di più per il pagamento del debito che per la salute, l’istruzione o interventi climatici salvavita”. Secondo le religioni, le ristrutturazioni del debito secondo il quadro comune del G20 “richiedono tre volte più tempo rispetto ai processi precedenti” con un pesante ruolo dei creditori privati. Si parla di “inefficienza e iniquità” in questi meccanismi, mentre c’è bisogno di “un sistema di debito globale equo e funzionale” che, scrivono i leader religiosi, è quello previsto dalla tradizione del Giubileo: perdono dei debiti, restituzione della terra, liberazione degli schiavi, azioni che esprimono “giustizia, misericordia e riconciliazione”, in un patto rinnovato con Dio e in armonia all’interno della comunità.

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