Di Sergio Calistri
MARCHE – La parrocchia dello Spirito Santo a Parigi accoglie persone che vivono per strada durante l’inverno, offrendo loro un alloggio e un pasto caldo. Abbiamo incontrato Caterina ed Emanuele, una coppia di sposi Marchigiani che recentemente hanno avuto una bambina e che collaborano a questa opera di carità.
Caterina ed Emanuele, in cosa consiste questa opera della Parrocchia dello Spirito Santo a Parigi?
L’iniziativa si chiama “Inverno Solidale” ed è promossa dalla diocesi di Parigi, coinvolgendo ogni anno 41 parrocchie. Si tratta di un progetto di accoglienza per persone senza fissa dimora, offrendo loro un luogo con bagni e docce, una colazione, una cena e un posto pulito e riscaldato per la notte. Durante il giorno, invece, gli ospiti sono autonomi.
Chi collabora a questa opera di accoglienza volontaria? Quali sono i profili dei volontari?
I volontari sono molto diversi tra loro: giovani e meno giovani, coppie, famiglie, studenti universitari, pensionati. C’è un calendario di turni e chi desidera aiutare si iscrive per preparare i pasti e fornire assistenza. C’è una grande partecipazione e raramente capita che ci siano turni scoperti. Per ogni turno è necessario almeno un volontario per ogni compito: preparazione della cena, presenza alla cena e turno notturno. In totale ci sono sei posti letto: uno per il volontario e cinque per le persone accolte.
Che tipologia di persone vengono accolte?
Non esiste una tipologia precisa: uomini e donne, cristiani e non cristiani. Nonostante l’accoglienza avvenga in un contesto cattolico, è aperta a tutti. Le persone accolte hanno storie diverse, perché chiunque può trovarsi in difficoltà e finire per strada, a causa di problemi economici o di disagio sociale. Viene richiesto loro di essere presenti ogni sera, di rispettare gli orari, di non bere né drogarsi e di collaborare apparecchiando la tavola e pulendo dopo la cena.
Oltre alla semplice accoglienza, c’è un obiettivo più importante: Caterina, ce ne vuoi parlare?
L’obiettivo finale dell’“Inverno Solidale” non è solo aiutare le persone a superare il freddo invernale, ma offrire loro una speranza per il futuro. Durante i tre mesi di accoglienza, si cerca di comprendere i loro bisogni e, con l’aiuto di assistenti sociali e associazioni, si prova a trovare soluzioni concrete per reinserirle nella società, attraverso un lavoro e un alloggio. Anche se la percentuale di successo è alta, non tutti scelgono di cambiare vita. Ad esempio, una persona accolta nell’inverno 2023-2024 ha deciso di tornare in strada più volte, incapace di adattarsi a una vita più stabile. Tuttavia, nulla esclude che in futuro possa cambiare idea.
Come vi comportate con le persone accolte?
Durante la cena, ai volontari viene consigliato di evitare domande troppo personali per non mettere a disagio gli ospiti, che incontrano ogni sera persone diverse. L’obiettivo non è conoscere la loro storia, ma offrire un sostegno concreto. Se qualcuno desidera condividere il proprio vissuto, è libero di farlo.
Avete degli episodi che ricordate particolarmente?
Ci sono tre storie che ci hanno colpito. La prima riguarda un uomo che, parlando, si è rivelato essere una persona molto colta. In passato era stato manager di un’azienda, ma ha perso tutto a causa del gioco d’azzardo, finendo per strada. Grazie a “Inverno Solidale”, ha trovato un alloggio e successivamente un lavoro. La seconda storia riguarda un giovane che inizialmente avevamo scambiato per un volontario, perché ben vestito e curato. Spesso si ha un’idea stereotipata delle persone senza fissa dimora, ma tra loro ci sono anche persone istruite o dall’aspetto distinto. Infine, vogliamo raccontare la storia di un uomo libanese, un tempo proprietario di alberghi, che dopo essere finito in difficoltà economiche si è trasferito in Francia. Accolto dall’“Inverno Solidale”, ha trovato nella comunità cristiana un sostegno così forte da decidere di convertirsi al cattolicesimo. Non è stato facile per lui, dato che la sua famiglia non ha accettato la sua scelta, ma nell’aprile 2024 è stato battezzato durante la Veglia Pasquale.
Emanuele, come ci si ritrova per strada?
Ti rendi conto di due cose: la prima è che Parigi è una città spietata, e se hai difficoltà economiche puoi ritrovarti senza una casa in pochissimo tempo. La seconda è che, pur essendo la Francia un paese laico, ci sono ancora tanti valori cristiani in azione. Esistono anche centri di accoglienza non legati alla Chiesa che aderiscono all’iniziativa, e questo dimostra che la solidarietà va oltre le appartenenze religiose. Abbiamo scoperto “Inverno Solidale” tramite la nostra parrocchia ed è un’esperienza a cui siamo molto legati, perché ogni volta torniamo arricchiti.
Un’ultima domanda: Caterina ha detto che spesso si confondono volontari e persone accolte. Qual è la tua esperienza?
L’aspetto più bello è che, quando sei lì, non sei più definito dal tuo ruolo sociale. Non sei il manager, il professore o lo studente: sei semplicemente te stesso, di fronte a un’altra persona. Questo rende l’incontro autentico. Inizialmente faccio resistenza ad andarci, ma poi ho sempre difficoltà ad andarmene, perché si crea un clima di semplicità e condivisione che è raro trovare altrove.
Caterina, cosa ti spinge a continuare questo impegno e a coinvolgere altre persone?
Mi piace mostrare il bello di questa esperienza e cerco di coinvolgere amici di ogni tipo: colleghi, italiani, francesi. Siamo un po’ il “club degli italiani”, anche se a volte partecipano anche francesi. Racconto un aneddoto: la prima volta abbiamo cercato di cucinare piatti tipici francesi, ma ci hanno detto che era una cucina “italiana con un tocco di francese”. Così abbiamo deciso di preparare solo piatti italiani, e gli ospiti ne sono sempre felici. Facciamo risotti, pasta, piatti sostanziosi perché non sappiamo se riescano a pranzare durante il giorno. Quest’anno, avendo una bimba piccola, ci occupiamo solo della preparazione della cena, senza restare a mangiare.
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