SPINETOLI – Un incontro all’insegna dell’ascolto finalizzato all’inclusione: quell’inclusione desiderata, raccontata, auspicata, ma anche vissuta, a partire dal luogo in cui è avvenuto, completamente accessibile perché privo di barriere architettoniche, passando per i protagonisti, persone sia con sia senza disabilità, per giungere fino alla comunicazione, resa accessibile a tutti sia grazie ad un video collegamento che ha raggiunto chi era impossibilitato a partecipare in presenza, sia grazie alla traduzione nella Lingua dei Segni Italiana (LIS) che è stata garantita per tutta la durata dell’evento dalle interpreti Sara Brunellini e Monica Illuminati dell’Associazione Nazionale Interpreti ANIOS.
Possiamo riassumere così la Tavola Rotonda dal titolo “Famiglie invisibili“, organizzata dalla Diocesi di Ascoli Piceno in occasione della Giornata Internazionale dei Diritti delle Persone con Disabilità, che si è svolta ieri, Martedì 3 Dicembre, alle ore 18:00, presso la sede di coworking “Abilita” in Pagliare del Tronto.
Un incontro in cui la famiglia è stata messa al centro non solo del dibattito, ma anche dell’attenzione degli organizzatori: per garantire la partecipazione serena delle famiglie, infatti, è stato scelto un orario conciliante con l’uscita dal lavoro e dai centri diurni ed è stata garantita attività socio-educativa per gli eventuali figli accompagnati, grazie al servizio educativo della Cooperativa Cirenei di Ascoli Piceno.
Relatrice d’eccezione è stata la prof.ssa Claudia Giorgini, docente di Pedagogia Speciale all’Università Pontificia Salesiana di Roma e cofondatrice dell’associazione “Guscio di noce“, la quale ha centrato il suo intervento sulla situazione attuale delle famiglie di persone con disabilità e su cosa può fare la Chiesa per aiutarle ad uscire dalla loro invisibilità.
Insieme a lei, anche i rappresentanti di numerose associazioni locali, che, insieme all’Ufficio diocesano di Pastorale delle Persone con Disabilità, hanno organizzato l’evento e sono in prima linea nella lotta ai pregiudizi e per il raggiungimento di una piena inclusione. Si tratta della prima esperienza di partenariato con le associazioni del territorio delle due Diocesi del Piceno.
L’incontro, moderato da don Giorgio Del Vecchio, direttore dell’Ufficio diocesano di riferimento, ha registrato la partecipazione anche del vescovo Gianpiero Palmieri, del direttore dell’Ufficio Catechistico diocesano, Luca Marcelli, del direttore della Caritas di Ascoli Piceno, Giorgio Rocchi, delle Suore Ospedaliere del Sacro Cuore di Gesù e di tanti altri operatori pastorali che si occupano di famiglie e persone con disabilità. Presente anche Germana Gagliardi, consigliera provinciale con delega alle Pari Opportunità ed assessora del Comune di Spinetoli con delega ai servizi sociali, all’istruzione, alla sanità e all’associazionismo.
Disabilità: una Chiesa in cammino …
Proprio dalla presenza della Chiesa locale don Giorgio Del Vecchio ha fatto partire il suo saluto, sottolineando come essa sia la prova di una maggiore attenzione al tema della disabilità: «Ringrazio tutti i presenti, ma in particolare gli operatori pastorali, i sacerdoti e i direttori degli Uffici diocesani convenuti. Sono molto contento della vostra presenza, perché è la prima volta che vedo i colleghi della Curia partecipare ad un incontro del genere. Questo significa che la Chiesa è in cammino per un cambiamento di mentalità importante».
«Le persone con disabilità – ha proseguito il direttore – hanno delle esigenze relazionali particolari e spesso la gestione di queste relazioni può creare dei conflitti sia interni alla famiglia stessa sia con la comunità esterna: penso alla scuola, alle associazioni, alle istituzioni che offrono dei servizi. Anche noi, come Chiesa, spesso generalizziamo e parliamo di famiglie, senza distinguere tra quelle che hanno a che fare con la disabilità e le altre. Da un lato questo è bello, perché significa che non etichettiamo; dall’altra parte, però, siamo un po’ superficiali, perché non ci rendiamo conto che una famiglia con disabilità ha bisogno di uno sguardo in più, a partire da noi sacerdoti, ma anche da parte di tutta la comunità.
Ecco perché abbiamo pensato di celebrare la Giornata Internazionale per i Diritti delle Persone con Disabilità, mettendoci in ascolto delle famiglie. Di quelle famiglie che non ce la fanno più. Famiglie che sono anche giovani, ma sono allo stremo. Famiglie che sono sole. Famiglie che si sentono dire: “A Natale non venire con tuo figlio, perché poi urla e fa casino, gli altri nipoti non sanno come giocare e si crea un certo disagio“. Famiglie che provano ad andare in parrocchia, ma il parroco dice loro: “Aspettate un momento, fatemi vedere, perché qui ci sono degli equilibri che non possono venire meno”. Le famiglie, che si sono ritrovate in situazioni del genere, hanno costituito delle associazioni di auto mutuo aiuto, che si sono ascoltate vicendevolmente e che oggi sono ascoltate dalle istituzioni come referenti autorevoli.
Ecco perché abbiamo creato un comitato organizzativo formato da molte associazioni, perché vogliamo sentirci noi un orecchio che ascolta, vogliamo amplificare il nostro ascolto, allargandolo a tutta la Chiesa. Questo incontro non deve essere per don Giorgio o altri, che già sono sensibili al tema della disabilità, bensì è rivolto a tutta la Chiesa. E la presenza del vescovo Gianpiero, di Luca Marcelli in rappresentanza dei catechisti, di Giorgio Rocchi in rappresentanza della Caritas, delle Suore Ospedaliere e di tanti altri, è la testimonianza che questo invito è stato accolto e che c’è una parte di Chiesa che veramente vuole mettersi in ascolto».
Del Vecchio ha infine colto l’occasione per scusarsi, a nome della Chiesa, per tutte le volte che c’è stata poca attenzione e scarsa accoglienza: «Ci dispiace se qualcuno, come noi Chiesa, è arrivato tardi ad ascoltarvi. Come i vostri figli non sono tutti uguali e ciascuno ha i suoi bisogni educativi speciali e i suoi ritmi di crescita, così avviene anche per la Chiesa. Quando arriveremo tutti alla piena consapevolezza, allora avremo un orecchio maturo. E mi sento di dire che è meglio un orecchio maturo, che sa e vuole ascoltare, di un orecchio che ascolta male».
A seguire Claudia Iaconi, componente dell’Ufficio diocesano di Pastorale delle Persone con Disabilità, ha illustrato il servizio di cui l’Ufficio si occupa: «Il nostro servizio consiste nel promuovere l’inclusione. Vogliamo aprire le porte, ma prima di tutto il cuore, a quelle persone che fino ad adesso hanno avuto paura di bussare, a quelle persone che non riescono, per varie motivazioni, a sentirsi parte della Chiesa. Il nostro compito, quindi, è anche e soprattutto sensibilizzare ed informare le comunità cristiane».
Le cinque invisibilità delle famiglie con disabilità
La serata è entrata nel vivo con l’intervento della prof.ssa Claudia Giorgini, la quale ha dapprima parlato delle cinque invisibilità delle famiglie con disabilità: l’isolamento sociale, la mancanza di supporto, lo stress e la depressione che colpiscono i familiari delle persone con disabilità, le difficili dinamiche familiari, il pregiudizio. «Quante volte – ha detto la dott.ssa – le famiglie con disabilità si chiudono alla possibilità di uscire, di partecipare agli eventi, di interagire con altri? Oppure quante famiglie hanno difficoltà a trovare un supporto psicologico, terapeutico o anche un semplice confronto con altre famiglie? Poi la cura di un familiare con disabilità è molto stressante: ci porta ansia, depressione, quello che in ambito lavorativo viene chiamato burn out. Solo che, se succede con il lavoro, possiamo cambiarlo; se invece succede con un figlio, il genitore continueremo a farlo per la vita, quindi questo burn out dobbiamo affrontarlo e, per farlo, abbiamo bisogno della comunità. Quanto sono difficili inoltre le dinamiche familiari? Quando c’è una disabilità, quanto riusciamo a mantenere rapporti sereni tra coniugi e quanto è difficile gestire i rapporti tra i fratelli? Oggi i nonni hanno un ruolo fondamentale nel supporto ai genitori. Infine quante coppie si separano dopo la nascita di un figlio con disabilità? Quante volte giudichiamo queste coppie, pensando quanto sia strano che, proprio ora che i coniugi dovrebbero stringersi ancora di più intorno al figlio con disabilità, invece si allontanano. Giudichiamo senza sapere. Invece dovremmo chiederci chi supporta i genitori prima ancora di rivelare loro la diagnosi di un figlio con disabilità, così da prepararli, così da lavorare di prevenzione e non intervenire successivamente».
Le porte da aprire per superare l’isolamento
Dopo un esame attento e particolareggiato di ciascun aspetto, la docente ha descritto gli interventi positivi che è possibile mettere in atto per superare l’isolamento e vivere una socialità soddisfacente. Quattro sono le “porte” che è possibile aprire.
La prima è la porta della speranza: la famiglia può essere luogo di speranza, testimonianza di un amore concreto, anche nei momenti difficili. E siamo noi gli artefici di questa speranza, è un atteggiamento che non avviene spontaneamente, ma per il quale dobbiamo impegnarci. E, anche se fosse un germoglio spontaneo, siamo chiamati a coltivarlo sempre. Mantenere viva questa speranza significa avere una motivazione profonda, una comprensione profonda del progetto di vita che abbiamo per ciascun membro della nostra famiglia.
Poi c’è la porta della fiducia: una fiducia che permette ad ogni membro di vivere comunicazioni autentiche, basate sull’ascolto reciproco, la pazienza, la comprensione. La famiglia diventa, allora, anche luogo di crescita nel servizio, nella carità.
La terza è la porta del consiglio. Ricordate la domanda che i discepoli rivolgono a Gesù? “Maestro, cosa dobbiamo fare?” E Gesù risponde: “Mettetevi in ascolto”. In una famiglia si danno e si ricevono consigli importanti per la vita, che siano pratici, spirituali o emotivi. Ma attenzione, perché il consiglio presuppone l’ascolto. Una volta una famiglia mi ha detto: “Mai una volta che mi abbiano chiesto come possono darmi una mano sul serio! Mai una volta che mi abbiano chiesto cosa volessi che facessero per me, per farmi stare meglio!”. Qui entra in gioco la comunità. Come può aiutare? Non con consigli, ma con una “connessione umana”, per dirla alla Hemingway. Basta la presenza accanto: già quello è conforto, già quello significa uscire dalla invisibilità.
Infine la porta della benedizione: la famiglia, quella piccola Chiesa domestica, ci fa sperimentare l’amore di Dio nel vissuto quotidiano. I figli sono una benedizione per il Signore, ma anche per la società. Riusciamo a far sentire alle famiglie che ogni figlio è una benedizione? Nella nostra comunità, nella nostra parrocchia, conosciamo queste persone? Accogliamo queste famiglie o ci danno fastidio? Quanti brutti sguardi a volte! Anche a Messa!».
La prof.ssa Giorgini ha infine concluso il suo intervento, invitando la comunità ad essere solidale ed accogliente nei confronti delle famiglie con disabilità, perché, come affermava il celebre Einstein, “La maturità dovrebbe manifestarsi quando sentiamo che la nostra preoccupazione per gli altri è più grande di quella per noi stessi”.
Chiesa: da luogo di ferite a luogo di speranza
L’incontro è poi proseguito con la testimonianza di una mamma, Loredana Fanini, la quale nel suo monologo ha raccontato le porte sbattute in faccia che ha ricevuto, commuovendo tutti i presenti. A conclusione della sua storia, che ha un lieto fine, ha detto: «Continuo a domandarmi: se i genitori cattolici sono chiamati ad accettare la vita come dono in tutte le sue forme, perché poi la Chiesa pone così tanti ostacoli, quando i figli disabili crescono e sono chiamati a far parte attivamente dell’assemblea? Non si tratta di un vero e proprio controsenso? Non sono forse anche loro ragazzi, giovani, adulti, con gli stessi bisogni e le stesse necessità degli altri, prima ancora di essere disabili? E le famiglie con disabilità non vivono forse le stesse difficoltà delle altre famiglie? Si pensi a quelle economiche, a quelle di coppia, oltre a dover sostenere il proprio figlio nel suo non semplice né scontato percorso di vita? La fede forse non ci manca. D’altronde, come sarebbe possibile vivere in un’altra maniera la disabilità? Ma le ferite che la Chiesa ha inferto a mamme, papà, fratelli, che vivono ogni giorno questa condizione, ci hanno tolto la speranza di vivere la casa di Dio come casa anche nostra».
A seguire il vescovo Gianpiero Palmieri è intervenuto per un saluto ed ha affermato: «È stato per me molto importante riuscire ad ascoltare il racconto di alcune situazioni accadute, in cui le famiglie si sono trovate di fronte ad un rifiuto. Il rifiuto più doloroso non è quello di chi dice di non avere gli strumenti, di non sapere come fare, ma il rifiuto di chi, in maniera pregiudizievole, emette delle sentenze ed interpreta la realtà, dicendo dei sì o dei no che non dovrebbe dire. Come Chiesa ne chiediamo perdono e sentiamo il desiderio di unire tutte le forze per poter diventare luogo di speranza per tutte queste famiglie e per questi ragazzi».
In ascolto delle associazioni del territorio
La seconda parte dell’incontro è stata impreziosita dagli interventi dei rappresentanti delle associazioni del territorio che si prendono cura delle persone con disabilità e delle loro famiglie: il presidente Marco Rosati, per l’associazione “A Casa di Marco”; il presidente Paolo Caioni per l’“Unitalsi” di Ascoli Piceno (presente anche Rosita Di Salvatore per l’Unitalsi di San Benedetto del Tronto); la presidente Loredana Fanini, per l’associazione “Agave” di Sant’Egidio alla Vibrata; Cristiana Carniel per l’associazione “Michelepertutti” di Stella di Monsampolo; Luigi Canala, per “Confad.eu” APS di Ascoli Piceno; Antonia Paolini, per l’“AVI Marche”– sportello di Ascoli Piceno nell’Ambito 23; Chiara Izzi e Danila Corsi, rispettivamente coordinatrice e presidente di “ANFFAS” di Ascoli Piceno e di Martinsicuro; Enrico Scattolini, per “Oltre” di Ascoli Piceno; Claudia Zappasodi, per la “Casa Accogliente” sua e di suo marito Gioacchino Bruni ad Offida.
La serata si è conclusa gustando un cocktail analcolico preparato dal giovane Davide Orazi, studente del 5° anno dell’Istituto Alberghiero Ulpiani di Ascoli Piceno, che ha offerto anche uno spettacolo di cocktail acrobatico.
Cosa può fare la Chiesa per le persone con disabilità e le loro famiglie?
Le sfide per il futuro
Molto soddisfatto don Giorgio Del Vecchio, il quale dichiara: «La “porta” del cuore delle famiglie, nonostante le usure dettate dal non ascolto, dalla non accoglienza, dalla non inclusione del passato, è ancora aperta! Le famiglie sono ancora disponibili a mettersi in gioco e le associazioni ad aiutare le parrocchie a realizzare buone pratiche inclusive.
Alla Chiesa si chiedono aiuti concreti: volontari che aiutino le famiglie nella vita ordinaria, relazioni amicali e fraterne con e per i loro figli, formazione alla vita cristiana per le persone con disabilità.
Nei mesi che verranno proseguiremo il nostro impegno all’ascolto. Effettueremo prima di tutto un’indagine quantitativa presso gli Ambiti territoriali per conoscere il numero e l’età delle persone con disabilità presenti sul territorio. Poi effettueremo un’indagine qualitativa con i parroci e i collaboratori parrocchiali, così da incrociare i dati. Infine vi chiediamo di inviarci i vostri suggerimenti e le vostre idee su come la Chiesa possa farsi prossima alle famiglie con disabilità e far superare loro l’isolamento e l’invisibilità di cui spesso sono protagoniste. A tal proposito è possibile inviare una mail al seguente indirizzo di posta elettronica: pastoraledisabili.ascolipiceno@gmail.com».
Per rivivere l’incontro, clicca qui: https://www.youtube.com/watch?v=SdCVg4Ntm74.
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