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VIDEO Vescovo Gianpiero: “I volontari della Caritas imparano a sentire la bellezza di farsi poveri con i poveri”

VIDEO Caritas San Benedetto, il vicedirettore Fernando Palestini: “Dobbiamo farci poveri noi stessi!”

– VIDEO Caritas Ascoli Piceno, direttore Giorgio Rocchi: “Abbiamo tutti bisogno di coltivare relazioni di amicizia”

DIOCESI – Giovedì 5 settembre, presso la parrocchia dei Santi Simone e Giuda di Monticelli di Ascoli Piceno, si è svolto un importante incontro formativo in occasione della festa in onore di Santa Madre Teresa di Calcutta e della Giornata Internazionale della Carità. L’evento, guidato dal Vescovo Gianpiero Palmieri, ha visto la partecipazione di circa 150 volontari della Caritas appartenenti alle tre diocesi di Ascoli Piceno, San Benedetto del Tronto-Ripatransone-Montalto e Ancona – Osimo.

All’incontro erano presenti anche i direttori delle rispettive Caritas diocesane: Don Gianni Croci per San Benedetto del Tronto, Giorgio Rocchi per Ascoli Piceno e Simone Breccia per Ancona – Osimo.

L’evento ha rappresentato un momento di riflessione e condivisione per tutti i partecipanti, impegnati nel servizio di carità e solidarietà nelle loro comunità.

L’incontro si è aperto con una relazione da parte del Vescovo Palmieri sull’importanza della preghiera: «La Giornata dei poveri 2024 si intitola “La preghiera del povero sale fino a Dio”, frase che troviamo nel libro del Siracide al capitolo 21, versetto 5. Come sottolinea il Papa nella sua lettera, Dio ascolta tutte la preghiere, ma c’è una preghiera particolarmente efficace, che potremmo definire, tra virgolette, particolarmente “disponibile” all’ascolto: la preghiera del povero. La preghiera del povero è capace di trapassare il cielo e di arrivare fino al cuore di Dio, sapendo già che il cuore di Dio è particolarmente predisposto ad accoglierla. Ed è quello che il Papa sottolinea a partire dal libro del Siracide».

Il vescovo Gianpiero ha poi affermato: “Voglio raccomandarvi un libro molto interessante che ci fa riflettere sulla figura dei poveri all’interno della Bibbia: “Il povero scelto come Signore”. È stato pubblicato postumo alla morte dell’autore, Dominique Barthelemy, un biblista francese. In ebraico i poveri vengono chiamati “anawim” e rappresentano per Dio una categoria molto importante; in un certo senso potremmo dire che il Signore senza di loro non fa nulla. Noi non dobbiamo limitarci a servire i poveri, siamo chiamati a diventare poveri. All’interno del nostro servizio presso le Caritas ci confrontiamo ogni giorno con una categoria che ci ricorda continuamente come dobbiamo diventare: farci poveri, farci “deboli”».

Scendendo ancora più in profondità nel tema, l’arcivescovo ha proseguito dicendo: «La povertà, quindi, è una categoria teologica ed esistenziale profonda, alla quale tutti siamo chiamati. E’ un po’ difficile servire i poveri senza essere diventati poveri!  Secondo Barthelemy ci sono quattro elementi che caratterizzano il popolo dei poveri, degli anawim. Secondo alcuni studiosi, si può suddividere il popolo degli “Anawim” in quattro contenuti. Il primo ci ricorda che il popolo dei piccoli e dei poveri ha la caratteristica di essere invisibile agli occhi degli uomini, ma visibile agli occhi di Dio. Non sono appariscenti perché non hanno ricchezza, prestigio o troppa sapienza da attirare l’attenzione del mondo. San Paolo, all’inizio della Prima Lettera ai Corinzi, ci dice: “Fratelli miei, considerate la vostra chiamata: non ci sono tra voi molti potenti”. Io immagino i Corinzi scuotere la testa rispondendo di no; infatti, non c’erano molti potenti o molti nobili o sapienti. Ma Dio ha scelto ciò che per il mondo è debole, insipiente, ignobile e disprezzato per salvare il mondo stesso. Nel cuore di Dio i poveri occupano un posto particolare e privilegiato».

«Il secondo punto ci fa sapere che i poveri hanno imparato a fidarsi di Dio, più che di sé stessi. Loro non possono contare sui loro possedimenti o sulle loro qualità personali. In un bellissimo testo di Georges Bernanos leggiamo: “Soltanto i poveri conoscono il segreto della speranza”, loro sperano tutti i giorni. In san Paolo il povero è rappresentato da Gesù stesso, che ha deciso di diventare insipiente, debole, ignobile. Ha scelto la croce per salvare il mondo: Dio si è fatto povero tra i poveri».

«Terzo elemento: dentro il mondo interiore dei poveri c’è tanto spazio per Dio e per gli altri. Il loro “io” non soffre di sclerocardia e non è così gigantesco da occupare tutto lo spazio disponibile. C’è una bellissima preghiera scritta da san Thomas More, primo ministro del re d’Inghilterra, chiamata anche la “preghiera del buon umore”. Inizia così: “Signore, dammi uno stomaco buono e possibilmente qualcosa da mangiare…”. Ad un certo punto poi recita: “Aiutami a non prendere troppo sul serio quell’amico ingombrante che si chiama ‘io’, aiutami a saper relativizzare i miei stati d’animo e a non darmi troppa importanza”».

Nel quarto e ultimo punto ci viene ricordato che i poveri sanno che Dio vuole cambiare il mondo attraverso di loro. È questa una libera scelta di Dio, il quale si complimenterà con noi per le nostre qualità, per i nostri averi, ma ci ricorderà che non gli siamo utili così. A Dio non serviamo a nulla se non diventiamo poveri e deboli, almeno nella condizione del cuore. Questo tema nel Vangelo è costante, ci sono molti episodi che sottolineano che ogni volta che qualcuno si è presentato davanti a Gesù con un atteggiamento di potere e di possesso, è stato ricondotto alla misura della piccolezza».

Terminata questa parte della riflessione, mons. Palmieri si è introdotto più nello specifico nel significato dell’essere volontario nelle Caritas: «Sento un’esigenza di porvi una domanda, partendo dalla mia personale esperienza: “Cosa rappresenta il servizio delle Caritas rispetto ad altre realtà? Ad altri contesti anche molto meritevoli?”. I dati Caritas ci fanno sapere che le persone si sentono più a loro agio esponendo le loro problematiche alle Caritas rispetto ad altri enti; la differenza sta nel modo di porsi dei volontari, nel loro avvicinarsi con una spiritualità cristiana all’altro come a un mistero, nel modo di vivere il servizio. Il mistero biblico, teologico è la realtà che non si conosce, ma che si rivela continuamente per opera dello Spirito Santo. Dio si è fatto uomo ed ha rivelato il suo mistero anche perché vuole dirci che ogni uomo è un mistero abitato da Dio. Io tutte le volte che incontro i ragazzi che si stanno preparando per la Cresima, i loro genitori, i loro padrini e le loro madrine, chiedo sempre: “Da quando lo Spirito è dentro di voi?”. A questa domanda ci risponde san Paolo che nei primi tre capitoli della Lettera ai Romani ci dice che gli ebrei hanno la Torah, i cristiani la Parola di Gesù e i pagani hanno la Parola dello Spirito Santo nel cuore, che si fa sentire nella loro coscienza. I Padri della Chiesa dicevano inoltre: l’uomo è corpo, anima e Spirito Santo nello spirito umano. Questo significa che lo Spirito Santo è presente ed agisce nel cuore di ogni uomo dal momento in cui viene al mondo, un tempo si diceva “grazia preveniente”. In ogni cuore umano lo Spirito Santo e l’uomo è un mistero. La fede ci aiuta a capire questo».

Il vescovo Gianpiero prosegue nella riflessione specifica sul servizio dei volontari delle Caritas: «Quando davanti a noi si presenta un bisognoso, tendiamo a mettere delle etichette, a individuare la sua condizione e a giudicarlo. Questo non significa aver capito tutto di quella persona. Può darsi che invece non abbiamo capito nulla, perché non conosciamo tutta la sua storia; è questa persona che deve dirci come sono andate le cose e forse non ci dice neppure tutto, anche per motivi di pudore. La spiritualità cristiana aggiunge questa convinzione in noi: Dio è dentro di me, Dio è dentro l’altro. L’altro è un mistero e io devo togliermi i sandali e ascoltare senza etichettare. È un’ascesi continua; ci troviamo sempre a fare i conti con questa fatica. Quando Papa Francesco incontra i carcerati, dice una frase in particolare: “Io non so perché voi siete lì ed io qui”. Il Papa ci vuole far capire che intende togliersi i sandali ed ascoltare, capire perché quella determinata persona si trova in carcere e non vuole giudicarla. La spiritualità cristiana ci permette di possedere una comprensione che non hanno altre realtà che, forse, sono anche più brave delle Caritas, ma mancano di questo dono: il riconoscere che l’altro è un mistero. Voglio porre l’accento anche sulla dimensione cristologica ed ecclesiale. Quando incontro l’altro, significa che il Signore mi sta venendo incontro. San Francesco ne è un esempio tipico; lui non ha baciato il lebbroso perché era bravo, ma perché si è sentito baciato da Gesù. La Caritas è sempre una dimensione della vita ecclesiale, non un’associazione. Papa Francesco sottolinea che molte persone povere non hanno bisogno solo di cibo, ma di una comunità. Non dobbiamo offrire solo il servizio, ma anche una famiglia. Io ricordo un ragazzo Rom che era malato di tumore e non aveva famiglia; la parrocchia gli è stata vicina fino alla sua morte, diventando la sua famiglia. Questo ragazzo mantenne la sua dignità fino all’ultimo giorno, per sdebitarsi del bene ricevuto esercitò la professione di barbiere. Quando la Chiesa offre sé stessa e non solo i servizi, diventa una famiglia per i poveri».

«Papa Benedetto ci ripeteva che non siamo noi che riceviamo Cristo nelle mani, ma è Egli che ci prende e ci fa diventare una sola cosa con sé e ci manda nel mondo invitandoci a portare Cristo nel mondo e ad agire come avrebbe agito Lui».

Il Vescovo Gianpiero ha concluso dicendo: «Dobbiamo avere in noi la convinzione che Dio cambia il mondo attraverso i poveri, dobbiamo ridimensionarci per essere più “agili” nelle mani di Dio. L’interpretazione più corretta di “Beati i poveri in Spirito” è “Beati i poveri, cioè coloro che rimpiccioliscono il proprio “io” per seguire le indicazioni dello Spirito”. Elsa Morante scrisse una bellissima ballata, che trovate all’interno del libro “Il mondo salvato dai bambini”, che ci parla dei “Pochi felici e infelici molti”. I primi sono quelli che hanno scoperto il segreto evangelico della spiritualità e della piccolezza, i secondi sono coloro che puntano al successo, al potere, ai soldi e cose simili. Dio cambia il mondo quando gli “infelici molti” si trasformeranno in “felici pochi”. Noi siamo convinti di salvare il mondo con il potere e con i soldi, ma al Signore tutto questo non interessa; Lui guarda alla nostra disponibilità a seguire lo Spirito per realizzare il Regno. Quando veniamo in contatto con le persone più vulnerabili sappiamo che insieme con essi possiamo fare grandi cose».

L’incontro ha poi lasciato spazio alla riflessione personale sulla domanda: «Cosa aggiunge la spiritualità cristiana al nostro servizio in Caritas?».

Dopo un momento di condivisione con i propri vicini, tutti i presenti hanno vissuto un momento di risonanza insieme al Vescovo Palmieri.

Il pomeriggio si è concluso con la Santa Messa presieduta dall’Arcivescovo in Chiesa e con l’augurio di potersi ritrovare, tra i volontari delle diverse diocesi, per vivere insieme altri momenti formativi.

Di seguito la dichiarazione di Simone Breccia, direttore della Caritas diocesana di Ancona – Osimo.

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