DIOCESI – Si terrà stasera, 6 Maggio 2024, alle ore 21:00, presso la Parrocchia San Filippo Neri in San Benedetto del Tronto, un incontro con il Vescovo Carlo Bresciani in cui verrà presentato il Documento del  Dicastero per la Dottrina della Fede  dal titolo Dignitas Infinita – circa la dignità umana”.

L’incontro è rivolto in particolare ai volontari della Caritas, ma  sono invitati tutti i fedeli della Diocesi di San Benedetto del Tronto – Ripatransone – Montalto, in quanto – come afferma il Cardinale Víctor Manuel Fernández, Prefetto del Dicastero – sebbene questa Dichiarazione non abbia “la pretesa di esaurire un argomento così ricco e decisivo”, intende comunque “fornire alcuni elementi di riflessione che aiuteranno a tenerlo presente nel complesso momento storico in cui viviamo, affinché in mezzo a tante preoccupazioni e ansie non perdiamo la strada e non ci esponiamo a più laceranti e profonde sofferenze“.

Riportiamo di seguito la lettera della Caritas Diocesana dal titolo “Dammi tre parole“: 

Da diverso tempo si assiste ad un progressivo impoverimento del linguaggio. Il
linguista Tullio De Mauro, attingendo alle sue ricerche, sostiene che nel 1976 un ragazzo medio dei primi anni del liceo conosceva all’incirca 1600 parole, ma già nel 1996 erano scese a circa 600/700, mentre oggi si stima siano diventate intorno alle 300. È evidente che, pensando in base alle parole di cui disponiamo, facciamo fatica ad elaborare delle idee, dei progetti, dei sogni. Si tratta allora di arricchire il nostro lessico, attingendo anche dalla fede pasquale, recuperando termini come “novità”, “speranza”, “bellezza.

1. IL LIEVITO DI NOVITÀ
Un esperto di un linguaggio ricco e innovativo è stato senz’altro don Tonino Bello di cui ricorre il 31esimo anniversario della morte in questi giorni. In un’omelia di Pasqua si soffermava su un testo di S. Paolo: “Togliete via il lievito vecchio, per essere pasta nuova, poiché siete àzzimi” (1 Cor 6,6b-8). Spiegava come gli Ebrei nomadi, quando arrivava la primavera, per antiche tradizioni, eliminavano il vecchio lievito conservato nella madia. Per una settimana mangiavano pane azzimo cioè non lievitato, un modo per dire la voglia di ricominciare da capo, senza tener conto del passato, il grande
desiderio di imboccare strade nuove, la decisione forte di romperla con vecchie storie.
Poi, come sappiamo, per questo popolo, in una notte di primavera, è arrivata
l’esperienza dell’esodo, della liberazione dalla schiavitù, proprio nel momento in cui si mangiava gli azzimi e il pane senza lievito si era caricato di un altro significato: la fretta della partenza per la terra della libertà. Anche noi, nell’equinozio di primavera, abbiamo celebrato la Pasqua del Signore e abbiamo ascoltato lo stesso invito. Con l’aiuto dello Spirito del Risorto possiamo davvero fare scelte che portano ad un reale e significativo cambiamento, possiamo lasciarci alle spalle ogni tipo di schiavitù per
abitare la libertà, per vivere una vita nuova. Questa è la prima parola che ci consegna la pasqua: la novità.

2. L’ANCORA DELLA SPERANZA
Visitando domenica 28 Aprile le detenute della casa di detenzione della Giudecca, Papa Francesco ha detto che anche una realtà dura, come quella del carcere, può “diventare un luogo di rinascita, rinascita morale e materiale, in cui la dignità di donne e uomini non è “messa in isolamento”… può segnare l’inizio di qualcosa di nuovo, attraverso la riscoperta di bellezze insospettate in noi e negli altri”. E ha concluso con l’altra parola importante da recuperare in questo mondo troppo disperato: “Cari amici e amiche, rinnoviamo oggi, io e voi, insieme, la nostra fiducia nel futuro: non chiudere la finestra, per favore, sempre guardare l’orizzonte, sempre guardare il futuro, con la speranza. A me piace pensare la speranza come un’ancora, sai, che è ancorata nel futuro, e noi abbiamo nelle mani la corda e andiamo avanti con la corda ancorata nel futuro. Proponiamoci di cominciare ogni giornata dicendo: “oggi
è il momento adatto”, oggi, “oggi è il giorno giusto”, oggi (cfr 2Cor 6,2), “oggi
ricomincio”, sempre, per tutta la vita!”.  È davvero bella questa immagine
dell’ancora, così familiare a noi che conosciamo il fascino del mare e del porto.
Dobbiamo tornare a sperare, perché il dinamismo della Pasqua ormai si è innestato dentro la storia del mondo. Ecco la seconda parola pasquale: la speranza.

3. UNA MOSTRA DI BELLEZZA
Ma Pasqua vuol dire passaggio dalla desolazione della croce sul Golgota alla visione del Risorto nel giardino di Giuseppe d’Arimatea: una storia di sofferenza, ma anche di bellezza. Racconta il Vangelo di Giovanni che “Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro”. Insieme a Pietro e Giovanni, questa straordinaria donna scopre che nella tomba è rimasto solo un lenzuolo. A volte la morte, non solo quella fisica, ma anche quella per il fallimento di un amore, per la perdita del lavoro, per il tradimento di un amico, sembra ridurci ad uno straccio. Ma la morte, con la sua bruttura, non ha il potere di annientarci. Se nella tomba di Cristo c’è solo un lenzuolo è perché il suo corpo è risorto in tutto il suo splendore. Il Signore rimuove i macigni che chiudono i nostri sepolcri perché possiamo venir fuori, abbandonare il buio e ritrovare la bellezza nella luce dell’alba. Sempre a Venezia, incontrando i giovani Papa Francesco ha ricordato che “nessuno è brutto e ognuno di noi è bello, è bella e ha un tesoro dentro di sé, un bel tesoro da condividere e dare agli altri… Viviamo immersi in prodotti fatti dall’uomo, che ci fanno perdere lo stupore per la bellezza che ci circonda, eppure il Creato ci invita a essere a nostra volta creatori di bellezza. Per favore, non dimenticate questo: essere creatori di bellezza e fare qualcosa che prima non c’era. Questo è bello…. Una preghiera fatta col cuore, una pagina che scrivi, un sogno che realizzi, un gesto d’amore per qualcuno che non può ricambiare: questo è creare, imitare lo stile di Dio che crea”. Sempre bella è la vita perché è un’opera del Creatore e ha una “dignità infinita”, come ricorda l’ultimo documento della Congregazione per la Dottrina della fede. Dice una canzone de Il volo: “E all’improvviso tu. Cadi dal cielo come un capolavoro. Prima di te non c’era niente di buono. Come se Tu fossi l’unica luce a dare un senso. E questa vita con te è un capolavoro”.  È proprio così, all’inizio della nostra storia, della storia
del mondo, c’è un Dio innamorato che si sbizzarrisce a realizzare un’opera d’arte, di divina bellezza. E quando si accorge che questo capolavoro lo abbiamo deturpato, manda Gesù a restaurarlo, a restituire l’originario splendore. Nella carne di Cristo è stata redenta la nostra carne! Ciò che sembrava perso e distrutto è tornato a vivere e risplendere! Ecco la terza parola: la bellezza!

Dentro questa storia che emana un puzzo infernale di morte, che cerca di convincere, specie le nuove generazioni, che non c’è possibilità di futuro e che guarda le cose solo con l’angolatura della negatività, vorremmo mettere qualche segno di bellezza, realizzando una mostra fotografica sulla dignità infinita di ogni persona. Poca cosa, ma speriamo capace di aprire il cuore alla speranza.

 

Entra a far parte della Community de L'Ancora (clicca qui) attraverso la quale potrai ricevere le notizie più importanti ed essere aggiornati, in tempo reale, sui prossimi appuntamenti che ti aspettano in Diocesi.

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *