di Valeria Veramonti

SANT’EGIDIO ALLA VIBRATA – Per comprendere l’importanza del cammino, l’essere comunità che cammina edificandosi nell’amore vicendevole, attraverso l’ascolto della Parola e i Sacramenti, abbiamo intervistato Florindo Tempestilli e sua moglie Luigia Galiffa, responsabili e catechisti della seconda Comunità Neocatecumenale di Sant’Egidio alla Vibrata, i quali hanno partecipato, sabato 30 Marzo, alla celebrazione della Notte Santa presso la Cattedrale Santa Maria della Marina in San Benedetto del Tronto.
Insieme ad altri 35 fratelli, sono stati presenti alla Veglia, presieduta da S. E. il Vescovo Carlo Bresciani, per rinnovare il Sacramento del Battesimo e ricevere la Veste bianca di “nuovi battezzati”. In questa speciale occasione sono stati accompagnati dai loro fratelli della Prima Comunità, i quali avevano già ricevuto la veste nel 2015. Attualmente a Sant’Egidio alla Vibrata vi sono quattro Comunità in cammino ed una Quinta appena sorta.
Tale evento liturgico rappresenta il bisogno del fedele di ricevere ed accogliere le verità di Fede che cambiano, ri-generano e danno un senso alla sua vita e la radicano sempre più nel Signore Risorto, nel cui Corpo Mistico la Chiesa, il Battesimo innesta.

Come avete conosciuto il Cammino Neocatecumenale e com’è nato in voi il bisogno di aderirvi?
“Mi viene da rispondere – afferma Florindo – perché Dio ha voluto. Ho intrapreso il cammino, insieme a mia moglie, 32 anni fa, in un momento di grande crisi familiare: eravamo molto lontani dalla Chiesa, quando, una sera, fummo invitati a partecipare ad una catechesi da un nostro fratello. Il cammino ha salvato le nostre vite profondamente turbate; dall’allora crisi e dal rafforzamento del nostro Matrimonio, sono nati i nostri successivi sei figli, oltre ai primi due che già avevamo, e 18 nipoti”.

Cosa vi ha spinto a rimanere in cammino?
Luigia, commossa, ci spiega: “Vivere all’interno della Comunità vuol dire vivere la Scrittura, assimilare ogni giorno, riscoprire la bellezza del Battesimo ricevuto e dei suoi significati, accettare la propria storia, darle finalmente un senso, arricchire il percorso personale di nuovi tasselli fino a comporre un puzzle di vita; imparare ad accettare cose vissute che acquistano un senso, anche dopo anni. E soprattutto comprendere che tutto ciò è possibile solo perché si ha lo Spirito Santo che guida. Per noi è stato un ricevere una Grazia”.

Luigia e Florindo spiegano:  “Il Cammino ha tre gambe, perché la vita del cristiano ha tre gambe: la Parola, la liturgia – in particolare l’Eucaristia – e la comunità, vivere la propria fede in una comunità. Queste tre gambe sono i tre documenti fondamentali del Concilio Vaticano II: Sacrosantum Concilium, Lumen Gentium, Dei Verbum. Ancora oggi la Chiesa ha bisogno di queste tre realtà, come ripete Papa Francesco, quando esorta a portare con sé il Vangelo e leggere spesso la Parola di Dio. Vivere la figliolanza divina, che è il dono che Dio ha fatto a noi, ancora è molto difficile.

Cosa rappresenta per voi il rito che è stato celebrato sabato scorso in Cattedrale?
“Il Rito – racconta Florindo – è stato l’ultima tappa di un lunghissimo percorso, sofferto ma desiderato, che ci ha condotti ad un livello cosciente e maturo (a giudizio dei catechisti e personale) di Fede. Sono però consapevole che tale percorso non ha trovato la sua fine sabato scorso, bensì un ennesimo inizio”. “Per prepararci bene – aggiunge Luigia –  abbiamo anche partecipato al rito di esorcismo presieduto dal Vescovo Bresciani, che si è tenuto lo scorso 25 Marzo presso l’Oratorio di Villa Marchesa. Ricevere tutto ciò da parte di S.E., è stato un gran dono ed un grande onore”.

Il culmine del Cammino si ha con il Matrimonio spirituale e il viaggio in Terra Santa che i fratelli del Primo Cammino di Sant’Egidio, non scoraggiati dagli ultimi eventi bellici, affronteranno nella prima decade di Aprile.

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