DIOCESI – Lectio delle Sorelle Clarisse del Monastero Santa Speranza di San Benedetto del Tronto.

Con la domenica delle Palme entriamo nella celebrazione vera e propria della morte e resurrezione di Gesù. Iniziamo la memoria della passione di Gesù con una processione trionfale: così come Gesù, allora, è entrato in Gerusalemme ed è stato celebrato come re, noi entriamo in chiesa portando rami di palma. Un gesto attraverso il quale noi confessiamo chi è questo Gesù che è pronto a percorrere la via della croce: è il Messia che ci conduce alla libertà, e il re che regna sopra il mondo intero.
Durante la celebrazione eucaristica, leggeremo poi il Vangelo della Passione secondo l’evangelista Marco. C’è un episodio, all’inizio del racconto, che interrompe la cronaca dell’arresto di Gesù segnando una pausa, come se Marco volesse dotarci di una chiave di lettura per meglio afferrare la profondità degli avvenimenti che sta per narrare.
Siamo a Betania, a casa di Simone il lebbroso. Gesù è a tavola con altri commensali.
Giunge una donna: senza nome, senza origine, senza statuto sociale. «Aveva un vaso di alabastro, pieno di profumo di puro nardo, di grande valore. Ella ruppe il vaso di alabastro e versò il profumo sul suo capo», sul capo di Gesù.
Un vaso molto prezioso e dal contenuto molto prezioso. Non basta a questa donna aprire la boccetta di profumo (di solito si trattava di contenitori dal collo abbastanza lungo, collo che veniva spezzato per far uscire il profumo dell’unguento), addirittura la rompe. Letteralmente il verbo significa triturare, mandare in frantumi. Non rimane più nulla di quell’oggetto, solo il profumo sparso, solo l’unguento versato sul capo di Gesù, senza alcun risparmio, senza la minima avarizia, nel più totale spreco.
Infatti Marco ci riporta il commento di alcuni degli invitati a casa di Simone: «Perché questo spreco di profumo? Si poteva venderlo per più di trecento denari e darlo ai poveri!».
Trecento denari: il salario di un anno di lavoro! Quante famiglie povere si potevano aiutare! Infatti, l’elemosina è una pratica ebraica molto onorata negli ambienti religiosi, specialmente all’avvicinarsi di feste come la Pasqua: si tratta di permettere anche ai più poveri di partecipare pienamente alla festa.
Noi come valutiamo la critica? E’ fondata? E’ pertinente? La logica che calcola, che converte quel gesto e ogni gesto in puro valore economico, che valuta solo in termini utilitaristici, si scontra con un’altra logica che sembra trovare piacere a donare in pura perdita.
E Gesù? Egli prende la parola per difendere la donna: «Lasciatela stare; perché la infastidite? Ha compiuto un’azione buona verso di me».
Gesù non nega l’esigenza e l’urgenza di aiutare gli altri; infatti dice «I poveri li avete sempre con voi e potete far loro del bene quando volete, ma non sempre avete me».
La prospettiva che il gesto di questa donna ci indica chiaramente riguarda Gesù e il suo cammino verso la croce. Gesù che come un reietto, un vero e proprio malfattore andrà incontro fra poco alla morte violenta sulla croce, è il misero per eccellenza, destinatario dell’attenzione della donna che compie un gesto d’amore. Un profumo perduto per un corpo perduto!
«Perché questo spreco di profumo?». Sono parole che nascondono anche il nostro interrogativo di fronte alla passione del Cristo. Ma, ricordiamocelo, l’amore senza confini, l’amore sprecato è l’ossatura della nostra fede, il motivo del nostro credere.
All’inizio di questa settimana, allora, la liturgia della domenica delle palme, ci vuole offrire, attraverso l’agire dei personaggi di questo piccolo brano del Vangelo, due modalità contrapposte per accostarsi al mistero della morte del Signore. Ci si può limitare a guardarla in una prospettiva schiacciata dall’apparenza e dall’utilità, come i discepoli che la considerano un fallimento o come le autorità giudaiche che la cercano come un vantaggio. La pista simbolica del profumo ci invita, invece, a contemplare nel dono di Gesù quello spreco di amore che si diffonde a beneficio del mondo intero facendosi vita nuova, autentica, risorta.

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