Di Don Mario Florio, Docente di Teologia dogmatica ITM Ancona

MARCHE – Una breve Nota del Dicastero per la dottrina della fede dal suggestivo titolo Gestis Verbisque Sulla validità dei sacramenti (2/02/2024) ci riporta al cuore della celebrazione dei sacramenti.
Grazie a Dio gli abusi di chi “utilizza” i sacramenti a proprio uso e consumo manipolandoli (cf par. 3) non capitano nella vita delle nostre Chiese particolari ma il mondo cattolico è tanto grande che una deriva così dannosa non solo può succedere ma, da quanto si evince dal testo vaticano, accade davvero. L’allarme è serio perché riguarda la manipolazione delle stesse fonti da cui la Chiesa riceve il dono della vita del Suo Signore per essere se stessa nella sua missione di misericordia e salvezza per il mondo. Manipolare i sacramenti non è solo un abuso ma una ferita inferta alla comunione ecclesiale e alla riconoscibilità dell’azione di Cristo (cf par. 22).
E così la Nota rilancia l’attenzione su due fronti della celebrazione liturgica dei sacramenti: l’arte di presiedere e la partecipazione attiva dei fedeli. Nel primo caso e nel secondo occorre dare spazio ad un’efficace proposta di formazione liturgica tanto dei ministri ordinati (vescovi, presbiteri e diaconi) come delle molte espressioni della ministerialità liturgica per arrivare a tutta l’assemblea celebrante.

Manipolare è l’opposto del servire la Chiesa custode della santità e validità dei sacramenti. Essa stessa è “ministra” dei Sacramenti, non ne è padrona (cf par. 11). Nella formazione liturgica un passaggio importante è costituito dalla conoscenza delle Premesse ai libri liturgici, promulgati in seguito alla riforma liturgica promossa del Vaticano II, per valorizzare le diverse possibilità di adattamento previste, in comunione con il Vescovo diocesano e la Chiesa Cattolica.
Manipolare addirittura il cuore dello stesso sacramento cioè l’azione rituale nelle sue componenti fondamentali (il gesto liturgico, le parole stabilite e i simboli previsti) vuol dire impedire l’accesso alla vita che gli stessi sacramenti sono chiamati a comunicare. È come tagliare la corrente e impedire il flusso dell’energia vitale dalla sorgente.
Al crocevia di questi sbandamenti ci sono purtroppo talvolta anche persone consacrate o ministri ordinati che, anche se in buona fede e in nome di un’impropria inventività o creatività liturgica, si permettono di gestire come dei “padroncini” le realtà sante dei sacramenti.
Il rito del battesimo può ad es. diventare una libera creazione dei celebranti mutando il gesto rituale e/o la formula prevista, rendendo così invalido e nullo non solo quel sacramento ma per quella/e persona/e anche la recezione valida dei successivi sacramenti della vita cristiana (cf Presentazione).
Le modifiche di alcune parti fondamentali del rito sacramentale (parole, simboli o gesti rituali) possono essere autorizzate solo dall’autorità della Chiesa e comunque non possono mai intervenire sulla realtà istituita da Cristo e custodita dalla Tradizione vivente della Chiesa (cf par. 15).
Nei sacramenti le azioni e le parole, nella loro fragile mediazione all’interno della specifica forma rituale, sono chiamati ad esprimere e comunicare efficacemente, uniti alla retta intenzione del ministro, il primato dell’agire salvifico di Dio nella storia (cf par. 28).

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