Rubrica Immigrazione di Ana Fron

DIOCESI – Certi mezzi informativi continuano ad associare all’immigrazione l’aumento della delinquenza. Ma fermiamoci a riflettere un attimo, supportati da dati, così da verificare se ciò sia vero o meno. E, con i dati alla mano, scopriamo che, in realtà, gli stranieri non commettono più reati degli italiani.

Secondo un articolo di Today (2 agosto 2023), la percentuale di stranieri nelle carceri italiane è alta, ma le evidenze sono fuorvianti. Molti degli stranieri sono rinchiusi in attesa di giudizio, in quanto non hanno un domicilio dove aspettare la fine del processo, a differenza degli italiani.

Anche secondo il Censis, nel periodo che va dal 2012 al 2022, il numero di denunce in Italia è sceso del 25%. Inoltre, malgrado sia aumentato il numero di stranieri presenti in Italia negli anni, la percentuale di detenuti di origine straniera è diminuita sia in termini percentuali, che in termini relativi. Un fenomeno che smentisce la connessione diretta tra presenza di stranieri e numero di reati eseguiti.

Allora perché, per alcuni, bisogna ancora avere paura degli stranieri?
Possiamo pensare che la paura sia dovuta a vari fattori socio economici e culturali, come:
la mancanza di conoscenza della cultura e delle abitudini degli stranieri,
la diffusione di stereotipi e di pregiudizi,
la percezione di una minaccia alla propria identità culturale,
la paura dell’ignoto;
la paura della perdita delle risorse economiche, ecc.
Tuttavia, questi allarmismi sono incentivati anche da alcune testate multimediali e da una certa politica.

Dunque, come possiamo ragionare su tali temi e come possiamo evitare la manipolazione dell’informazione?
La paura della delinquenza degli stranieri è un tema delicato e complesso.
È importante educare la popolazione, partendo dalle Scuole, a ragionare in modo critico e razionale, evitando di farsi influenzare dai media o dalla politica, diffondendo informazioni precise e aggiornate sulla delinquenza degli stranieri, evitando di generalizzare eccessivamente e di creare stereotipi;
promuovendo il dialogo e l’incontro tra le diverse culture, favorendo la conoscenza reciproca e il rispetto delle differenze;
coinvolgendo la popolazione in attività e progetti che favoriscano l’integrazione degli stranieri nella società, come ad esempio corsi di lingua e cultura;
sensibilizzando la popolazione sui diritti degli stranieri e sulle difficoltà che incontrano nella vita quotidiana, favorendo l’emergere di una cultura dell’accoglienza e dell’inclusione.
Questi sono solo alcuni spunti, ma esistono molti altri metodi che potrebbero essere adottati. L’importante è lavorare insieme per costruire la società, dando anche agli stranieri la responsabilità della crescita.
Possiamo ragionare sui pregiudizi. Qualche sociologo parla di “disimparare i pregiudizi”, una pratica che porta a capire la provenienza di alcuni pregiudizi o luoghi comuni e far sì che si arrivi ad un cambiamento di mentalità e, di conseguenza, anche di atteggiamento.

Ma, se non lo si fa, quali ripercussioni possono esserci sulla vita degli stranieri?
Se li vediamo come delinquenti, i contraccolpi sfavorevoli sulla loro vita possono essere molteplici. Prima di tutto la percezione di un’intera categoria di persone in un certo modo può portare ad una maggiore discriminazione e al razzismo nei loro confronti e, di conseguenza, ad una diminuzione della loro qualità della vita. Potrebbero essere esclusi da opportunità di lavoro e di relazioni sociali. Nascerebbero tensioni e conflitti tra comunità (vedi conflitti tra comunità etniche, nelle scuole, nelle carceri, nei luoghi di aggregazione sociale come, ad esempio, le discoteche).

Dobbiamo ricordare sempre che, bisogna “giudicare” ogni individuo in base alle proprie azioni e non per la sua appartenenza etnica, nazionale, religiosa, di genere, ecc. In questo modo percepiremo lo straniero come un alter ego; uno come me.

 

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