DIOCESI – “A conclusione di questo incontro, mi pare di poter dire che stiamo percorrendo un cammino sinodale all’interno della Chiesa, un cammino che non è finito né per la Chiesa Valdese né per la Chiesa Cattolica, un cammino sinodale che forse è più faticoso tra le diverse Chiese. Ma il mandato di Gesù è quello di cercare caparbiamente l’unità. Noi abbiamo paura. Questo, per certi aspetti, è anche molto naturale; ma bisogna vincerla. Il nostro mondo di oggi ha paura della diversità. La diversità invece è una sfida: la sfida che diventi una ricchezza e non un’opposizione, una sfida non ad eliminare le diversità, ma a rendere la diversità una ricchezza che ci proietti verso quel futuro che il Signore Gesù ha pensato per il bene di ogni persona e della società intera. La diversità è un invito ad incontrare l’altro. Questo non vuol dire evitare le discussioni, ma viverle come confronto, come aiuto, come approfondimento di quella crescita che ci ha chiesto Gesù. Purtroppo viviamo in un mondo che va dividendosi sempre più. E noi Chiesa, dentro questo mondo che va dividendosi, che compito abbiamo? Di dividerci ancora di più?! Sicuramente no! Guai a quando le Chiese diventano strumento di divisione! Le divisioni certamente ci sono state e quello che è accaduto non si può cambiare. Ma ora la storia consegna un compito a tutti noi, Cattolici, Valdesi, Metodisti, Protestanti, tutti: camminare sulla stessa rotta ed essere fermento di unità dentro questo mondo“.
È con queste parole che Mons. Carlo Bresciani, vescovo della Diocesi di San Benedetto del Tronto – Ripatransone – Montalto, ha chiuso l’incontro dal titolo “Sinodalità ed ecumenismo: la prospettiva protestante e cattolica” che si è tenuto venerdì 19 Gennaio 2024 alle ore 21.00 presso il Cineteatro San Filippo Neri in San Benedetto del Tronto.

L’appuntamento, organizzato dall’Ufficio diocesano per l’Ecumenismo e il Dialogo Interreligioso nell’ambito delle attività pianificate per la “Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani”, ha registrato la partecipazione, come relatori, del pastore valdese Giovanni Genre e del prete cattolico don Vincent Chukwumamkpam Ifeme. I due oratori hanno parlato di sinodo e sinodalità come patrimonio comune dei cristiani, sottolineando come, sebbene all’interno di ciascuna confessione cristiana la sinodalità sia stata interpretata ed esercitata in modi diversi, tutte le tradizioni cristiane abbiano attribuito ad essa un valore decisivo secondo la propria comprensione del modo di essere Chiesa, ovvero del modo in cui il Vangelo va vissuto, celebrato ed annunciato.

Il primo intervento è stato di Giovanni Genre, piemontese, di Pinerolo, laureato in Teologia presso la Facoltà Valdese di Roma e consacrato Pastore valdese nel 1984. Dal 2000 al 2005 è stato eletto Moderatore della Tavola Valdese, la massima carica dell’Unione delle Chiese Valdesi e Metodiste Italiane. Dal 2022 è presidente della “Conferenza delle Chiese protestanti dei paesi latini d’Europa“. Sposato e con tre figli, è anche autore di alcuni saggi, come “L’ineluttabilità della fede” contenuto in “Credenti in bilico. La fede di fronte alle fratture dell’esistenza” (2020) e “Sinodalità per i Protestanti” in “Sentieri di Sinodalità: Prospettive teologiche interconfessionali” (2022).

Dopo aver spiegato l’etimologia del termine, Genre ha illustrato cosa sia il Sinodo per i Valdesi : “Per noi il Sinodo è il massimo organo di governo, la massima autorità terrena della Chiesa; esso rappresenta per noi quello che per voi è il Papa. Attualmente abbiamo 180 voci deliberative elette dalle Chiese locali. Si tratta di deputati e non di delegati. La differenza è sostanziale: mentre il delegato deve attenersi all’istanza di chi lo ha appunto delegato, al contrario il deputato decide direttamente, certamente su mandato di chi lo ha eletto, ma in maniera autonoma”.

L’illustre relatore ha poi proseguito il suo intervento sottolineando l’importanza del camminare insieme: “Qui stasera rappresento una Chiesa marginale, piccola, in un momento in cui la Chiesa è minoritaria dappertutto. La prima cosa da fare dunque è riconoscere questo fatto ed unirsi per camminare insieme. La voce della Chiesa, infatti, non viene più ascoltata, tanto che la guerra dilaga anche nella nostra Europa. Per tale ragione reputo davvero bello e significativo questo stare insieme stasera. Certamente è solo un piccolo passo, ma attraverso dei piccoli passi potremmo riuscire a fare una lunga strada. E camminare insieme significa incontrarsi. Viviamo in un tempo in cui pensiamo di incontrarci senza vederci. Tutti sparano considerazioni e giudizi sugli altri senza conoscere l’altro. L’alterità, invece, se vera, prevede la vista dell’altro. Non ci può essere relazione senza incontrarsi. Lo sguardo degli altri spesso ci preoccupa: non riusciamo a sostenerlo, pensiamo che ci giudichi. Quanto i nostri comportamenti sono segnati dagli altri! Siamo invece chiamati a comprendere con urgenza che la diversità non è un ostacolo e che non c’è alternativa alla relazione“.

È stata poi la volta del prof. Vincent Chukwumamkpam Ifeme, parroco della comunità cristiana di San Niccolò in Monteprandone e direttore dell’Ufficio diocesano per l’Ecumenismo e il Dialogo Interreligioso. Laureato in Filosofia in Nigeria, suo paese d’origine, ha poi ottenuto nel 2007 il Dottorato di Ricerca in Teologia Dogmatica dalla Pontificia Università Urbaniana i Roma. Attualmente docente di Teologia presso la Pontificia Universitá Urbaniana a Roma e l’Istituto Superiore di Scienze Religiose delle Marche “Redemptoris Mater” di Ancona, collegato alla Pontificia Università Lateranense, don Ifeme è anche autore di diversi testi, come il saggio “L’ecumenismo non è opzionale” (Ed. San Paolo, 2018).

Dopo aver ripercorso le sue radici a partire dal Concilio Vaticano II, in merito all’attuale prospettiva della Chiesa Cattolica sulla sinodalità, don Vincent C. Ifeme ha affermato: “Per sinodalità si intende ciò che la Chiesa è o dovrebbe essere. Perciò, il sinodo da essere semplicemente un evento, diventa un processo di partecipazione, di collaborazione, di comunione di tutti i fedeli secondo il proprio carisma o ministero nella vita e nella missione della Chiesa. Essere una Chiesa sinodale vuole dire scoprire la comunione, la partecipazione e la missione di tutti i fedeli nella vita della Chiesa, cioè, vivere quella che si ritiene essenzialmente la vera natura stessa della Chiesa di Cristo“.

Don Ifeme ha poi proseguito il suo intervento ricordando l’obiettivo principale del Concilio Vaticano II, ovvero quello di annunciare la dottrina certa ed immutabile – quella che Papa Giovanni XXIII definì “il deposito della Fede” – secondo un ammodernamento richiesto dai nostri tempi, ovvero modificando il modo con il quale esse sono annunziate, sempre però nello stesso senso e nella stessa accezione. “L’obiettivo del cammino sinodale attuale voluto da Papa Francesco – ha detto il professore – potrebbe essere colto dal suo stesso titolo “Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione” e nella sua domanda di fondo: Come si realizza oggi, a diversi livelli (da quello locale a quello universale) quel camminare insieme che permette alla Chiesa di annunciare il Vangelo, conformemente alla missione che le è stata affidata? E quali passi lo Spirito ci invita a compiere per crescere come Chiesa sinodale? Si scorge evidentemente una certa risonanza fra l’obiettivo del Concilio Vaticano II e quello dell’attuale cammino sinodale della Chiesa Cattolica”. E, a proposito di cammino, don Ifeme ha ricordato che il termine fa parte della radice della parola synodos, il cammino che il popolo di Dio e Dio percorrono insieme: “Come dice san Giovanni Crisostomo, ‘Chiesa è nome che sta per sinodo’.”

L’illustre relatore ha poi elencato ed illustrato alcuni aspetti della dimensione sinodale della Chiesa di oggi che provengono da alcuni recuperi operati dal Concilio Vaticano II, specialmente per quanto riguarda l’ecclesiologia del “popolo di Dio” e della “communio”, la teologia dell’Eucarestia e il rinnovamento della liturgia ed anche in alcuni strumenti concreti offerti dalla teologia dello stesso Concilio, come il Sinodo dei Vescovi, la creazione della Curia Diocesana, dei Vicari e dei Consigli Pastorali di tutto il popolo di Dio, la costituzione dei consigli specifici di laici e l’aggiornamento dei concili provinciali o plenari e dei sinodi diocesani. “Possiamo dunque osservare – ha concluso don Ifeme – una certa evoluzione ed un cambio di prospettiva nella Chiesa cattolica romana sulla nozione di sinodalità: da essere usato per indicare semplicemente uno dei modi attraverso i quali viene esercitato il governo della Chiesa in ambito dottrinale e disciplinare compiuto da più persone che traggono la loro legittimità da un processo collettivo (conciliarità), il termine è giunto ad essere una nozione riferita non più solo a una pratica di governo, ma alla vita e alla missione della Chiesa in quanto tale. Dunque, si passa da una comprensione di “sinodo” come esercizio/evento (concilio), ad una comprensione di sinodo come un processo oppure come una natura, cioè, un modo d’essere (sinodalità). E, sebbene certi cambiamenti siano stati suggeriti 50 anni fa, l’energia vitale, la forza dinamica e i frutti dell’intento del Concilio devono essere ancora raccolti e fatti diventare parti integranti della vita della Chiesa. La questione che oggi rimane è quindi questa: in che modo si può realizzare questo, realmente e concretamente nella vita della Chiesa?”.
Dopo i due esaustivi ed interessanti interventi dei relatori, si è dato spazio alle domande degli uditori, i quali hanno espresso sentimenti di gioia ed approvazione per l’incontro e per la “rivoluzione” che Papa Francesco sta cercando di attuare, sollecitando tutti i fedeli “a superare posizioni ataviche e a mettersi in ascolto dello Spirito“. Al termine dell’incontro, tutti i presenti hanno pregato insieme la preghiera Ecumenica 2024.

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