DIOCESI – “Questo è un Natale triste, un Natale di guerra”, disse l’anno scorso papa Francesco. Lo possiamo ripetere e con maggior forza e a maggior ragione quest’anno. A guerre si sono aggiunte altre guerre e una, in particolare, aggiunge grande tristezza: la guerra che si combatte proprio là dove Gesù è nato“.

Con queste parole il Vescovo della diocesi di San Benedetto del Tronto – Ripatransone – Montalto, Mons. Carlo Bresciani, ha aperto la propria riflessione durante la Santa Messa di Natale presso la Cattedrale Madonna della Marina.

La celebrazione, animata dalla Corale Padre Domenico Stella, è stata concelebrata dal Vicario Generale, Don Patrizio Spina, da Don Romualdo Scarponi e da Don Luciano Paci. Hanno prestato il proprio servizio all’altare il Diacono Walter Gandolfi, il Diacono Emanuele Imbrescia e diversi seminaristi della diocesi.

Vescovo Bresciani: “Una guerra che insanguina una terra a noi molto cara, la terra dove a Natale è risuonato forte l’annuncio di una pace possibile per il mondo. Una pace che stiamo ancora aspettando e che, noi uomini di poca fiducia reciproca, non abbiamo ancora imparato a costruire. Eppure il desiderio di pace è più forte di qualsiasi atroce delusione, un desiderio che trova Dio dalla nostra parte, il quale nel Natale viene a insegnarci la via della vera pace.
Il Natale ci si presenta con il volto di un bambino: la fede ci dice che è un bambino divino, il Figlio stesso di Dio. Il bambino è in se stesso una promessa di vita per sé, per la famiglia che l’ha generato, per il mondo. È promessa di futuro, ma dice che questa promessa si realizzerà solo se sarà coltivata con amore robusto e perseverante. È promessa che invoca amore: senza di esso la promessa non diventerà mai realtà.
Se ci chiediamo di che cosa manchi il mondo e di cui c’è vera necessità non possiamo che rispondere che non manca di armi (sono sempre troppe), manca di amore. È sempre più ricco di tante cose, di tanti nuovi ritrovati della scienza e della tecnica, ma soffre di una grande carenza di amore. È una drammatica carestia. È una carenza che attraversa i rapporti umani, dal matrimonio, alla famiglia fino a toccare i grandi rapporti sociali e perfino mondiali. E, dove c’è carenza di amore, c’è carenza di Dio e viceversa. Sì, perché Dio non è una bella idea, idea molto astratta e disincarnata, una idea di cui, per di più il mondo non ne avrebbe più bisogno. Dio è amore e dove c’è amore vero, lì c’è Dio e il mondo ha un bisogno estremo di amore, il mondo di oggi e il mondo di sempre.
Se vogliamo comprendere il Natale dobbiamo partire da questo bisogno di amore che il mondo ha, che ciascuno di noi ha. Se non partiamo da qui, non comprendiamo più il perché Dio si fa uomo e viene nel mondo. Il Natale ci dice che Dio non è affatto insensibile al nostro bisogno di amore e con Gesù ci insegna quale è la strada per far entrare nel mondo l’amore: fare come ha fatto Dio che si è fatto umile bambino, venendo nel mondo per mostrare a tutti l’amore di Dio per tutti: poveri e ricchi, malati e sani, uomini e donne, giudei, greci, romani e persone di ogni genere e nazionalità. Nessuno è escluso dal suo amore e nessuno deve sentirsene escluso.
Questa è l’unica via della pace. Dio, in Gesù, si mette in gioco in prima persona, disarmato di tutto, fuorché di un amore perseverante fino all’eroismo della croce e sappiamo bene che la prima croce di Dio è proprio il Natale, il suo farsi uomo e in quelle condizioni per di più. Se vogliamo la pace, dobbiamo imparare da Dio, altra strada non c’è per costruire una solida e duratura pace tra noi e nel mondo. Lui è la nostra pace.
Per questo gli angeli ben a ragione possono annunciare la pace agli uomini sulla grotta di Betlemme, perché Gesù è l’amore di Dio fatto carne, amore eterno che si è reso visibile in lui. Nel Natale, Gesù è ancora un inerme bambino, ma via via nella sua vita mostrerà la verità di un amore vissuto verso tutti nella concretezza delle varie situazioni di vita, e ciò fino alla sua morte in croce. L’atto di amore, fatto con l’abbassarsi di Dio fino a noi nel Natale, avrà la sua manifestazione più grande, il suo pieno compimento, nella vita donata e nel sangue versato per fedeltà all’amore verso tutti.
Nel Natale Dio non impone la sua presenza; la dona con grande rispetto della libertà umana affamata di amore. Egli si fa presente con grande discrezione, invita ma non costringe come è proprio di chiunque ami davvero. L’amore non si impone mai, caso mai si invoca.
Il perdono che dalla croce egli dona ai suoi crocifissori è il più forte messaggio di amore e di pace che egli non abbia mai lanciato. Nel Natale è stato annunciato, sulla croce è stato vissuto fino all’estremo. Se vogliamo comprendere il Natale, dobbiamo tenere unito il Natale con tutto il resto della vita di Gesù: non si può staccare l’inizio da tutto quanto è stato il seguito. L’amore di Dio per l’umanità è manifestato in tutta la vita di Gesù.
Dicevamo che è un Natale triste il nostro, perché è un Natale segnato da molte, troppe guerre. Non possiamo che invocare a piena voce che cessino al più presto: sarà comunque sempre troppo tardi.
Ma nell’oscurità del male, di cui le guerre sono una delle manifestazioni peggiori, resta accesa una luce di speranza: è Gesù, l’amore di Dio fatto carne. Egli è l’amore che vince l’odio, spegne le contese e introduce la pace.
Cristo è nato per questo, buon Natale”.

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