Sono circa 7.600 i bambini costretti a fuggire dalle loro case ogni giorno in Sudan, in sette mesi di conflitto che ha causato violenze e orrore in gran parte del Paese e lo sfollamento di 1 bambino su 8. Questi i dati di una nuova analisi di Save the Children. Decine di bambini sfollati sono dovuti ricorrere alle cure urgenti del personale medico e di protezione dell’organizzazione, dopo aver subito orribili violenze sessuali, ferite disabilitanti e gravi disagi psicologici.

Il Sudan registra la più grande crisi di sfollamento di minori al mondo, con 3 milioni di bambini, su un totale di 23 milioni, costretti dallo scorso aprile 2023 a fuggire per cercare rifugio in campi o centri per gli sfollati, scuole o case sovraffollate che condividono con i propri parenti. Dall’inizio del conflitto, gli sfollati interni nel Paese hanno superato i 5 milioni di persone, mentre altri 1,3 milioni hanno cercato sicurezza e protezione nei Paesi vicini. Circa 350.000 bambini sono sfollati tra l’inizio di ottobre e il 15 novembre, e alcuni di questi erano già stati costretti a muoversi più di una volta per cercare sicurezza. Il picco di minori sfollati si è raggiunto la terza settimana di ottobre, con circa 150.000 bambini costretti a lasciare le loro case. “I violenti attacchi ai villaggi e alle città spingono i genitori a fuggire per proteggere i propri figli da violenze sessuali, rapimenti, reclutamento, mutilazioni e morte. Anche i centri di sfollamento sono stati presi di mira: si parla di 1.300 persone uccise, compresi i bambini, in un attacco a un campo per sfollati nel Darfur”, riferisce Save the Children. L’Unicef ha registrato segnalazioni di oltre 3.100 gravi violazioni, tra cui l’uccisione e la mutilazione di bambini, anche se si ritiene che questa sia solo la punta dell’iceberg.
Save the Children lavora in Sudan dal 1983 e fornisce aiuti salvavita e servizi di protezione dei bambini insieme a partner nazionali e internazionali. Dallo scoppio del conflitto ha raggiunto 220.000 persone, tra cui 120.000 bambini, e sta gestendo centri medici e nutrizionali per fornire cibo e altri beni alle famiglie sfollate.

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