COLONNELLA – “Io sono uno dei 62 lavoratori che con molta probabilità, a Natale, si ritroveranno senza lavoro. Ho detto che sono un lavoratore, ma forse ho sbagliato. In realtà sono un costo che deve essere azzerato, così come saranno azzerati i nostri sogni e il futuro delle nostre famiglie“. Sono queste le amare parole pronunciate da Valter Trifiletti, uno dei lavoratori che sabato mattina, 21 ottobre, hanno partecipato alla manifestazione organizzata dai sindacati Fiom-Cgil e Fim-Cisl a Colonnella, nei pressi del casello autostradale Val Vibrata, per protestare nei confronti della dirigenza americana dello stabilimento di Corropoli del Gruppo Johnson Controls Products Italia che una settimana fa ha manifestato ai dipendenti l’intenzione di chiudere la fabbrica vibratiana per spostare la produzione negli impianti di proprietà ubicati in Messico e Repubblica Ceca. Se così fosse, resterebbero a casa ben 62 lavoratori, molti dei quali residenti nei Comuni abruzzesi e marchigiani della nostra Diocesi, in quanto l’azienda, già Bentel Security, era sorta grazie all’investimento di un imprenditore grottammarese.
L’evento, a cui hanno preso parte i dipendenti dell’azienda metalmeccanica accompagnati dai familiari, ha registrato la partecipazione anche di molti rappresentanti delle istituzioni che hanno camminato insieme al corteo dei lavoratori e sono rimasti fino al termine della manifestazione: Umberto De Annuntiis, sottosegretario alla presidenza della Giunta Regionale Abruzzese; Pietro Quaresimale, assessore della Regione Abruzzo con delega al Lavoro; Dino Pepe, consigliere della Regione Abruzzo; Dantino Vallese, sindaco del Comune di Corropoli; Franco Carletta, sindaco del Comune di Controguerra; Simone Pulcini, vicesindaco del Comune di Alba Adriatica. Nei giorni precedenti, al tavolo di discussione aperto in Regione aveva partecipato anche il sindaco del Comune di Martinsicuro, Massimo Vagnoni, in qualità anche di presidente dell’Unione dei Comuni.

“Al penultimo incontro avuto con la dirigenza ed avvenuto alla fine del mese di settembre – dichiarano Valter Trifiletti, 57 anni, e Oscar Silvestri, 43 anni, due dei tre membri della RSU dell’azienda – abbiamo chiesto espressamente se ci fosse l’eventualità di una chiusura dello stabilimento e ci è stato risposto di no. A distanza di due settimane è cambiato tutto! Ci hanno comunicato, senza mezzi termini, che la produzione e i reparti ad essa connessi saranno bloccati entro la fine dell’anno. Se dovessero veramente partire con la procedura di licenziamento collettivo – come immaginiamo – avremmo solo 75 giorni di tempo per trovare un accordo sindacale per gestire l’uscita dall’azienda. Qualora questo non avvenisse, l’azienda potrebbe procedere ai licenziamenti in maniera indiscriminata”. In merito alle cause che giustificherebbero la decisione di chiudere lo stabilimento, i due concludono: “All’ultimo incontro ci hanno spiegato che il nuovo prodotto, che abbiamo sviluppato negli ultimi anni in Italia, verrebbe realizzato in Messico, mentre la vecchia produzione verrebbe dislocata in Repubblica Ceca. La scelta della delocalizzazione avverrebbe in due Stati in cui il mercato permetterebbe all’azienda di raggiungere un utile maggiore, in quanto in quei luoghi il costo della manodopera è inferiore rispetto al nostro“.
Dure le parole di Natascia Innamorati, segretaria provinciale della Fiom-Cgil Teramo, e Marco Boccanera, segretario provinciale della Fim-Cisl Teramo, i quali durante la manifestazione hanno detto: “Si tratta di intenzioni giustificate da una mera volontà di aumentare il profitto. Un maggiore profitto che avverrebbe però sulla pelle dei lavoratori. Facciamo notare infatti che la componente operaia dell’azienda, che in Italia ha un costo maggiore rispetto ad altre nazioni, verrebbe dismessa; al contrario, la parte ingegneristica, che da noi viene sottopagata, resterebbe operativa. Questi licenziamenti, che in alcuni casi riguardano coppie di coniugi e persone con disabilità, vanno ad aggravare una situazione già compromessa in Val Vibrata, dove le chiusure di Atr, Veco e Betafence hanno tolto il lavoro a circa 250 famiglie. Attualmente non abbiamo alcuno strumento normativo per poter risolvere la situazione: poiché l’azienda non supera i 250 dipendenti, infatti, non può essere utilizzata la norma prevista in caso di chiusura degli stabilimenti per delocalizzazione. Anche eventuali multe non sarebbero certamente un problema per una multinazionale come la Johnson Controls. Dunque abbiamo solo due strumenti: la lotta dei lavoratori, che oggi hanno manifestato numerosi e compatti, ricevendo anche la solidarietà dei lavoratori di altre aziende come la Morgan Carbon, e la politica, che si sta mostrando unita non solo nel riconoscere un problema, ma anche nel cercarne una soluzione. Ci auguriamo che la politica richiami i vertici americani dell’azienda ad una responsabilità morale nei confronti delle lavoratrici e dei lavoratori“.

Il segretario generale della Cgil Abruzzo, Carmine Ranieri, ha aggiunto: “Non è accettabile che alcune aziende usufruiscano di agevolazioni pubbliche come quelle legate alla pandemia, la decontribuzione, gli ammortizzatori sociali, i contratti di espansione, e poi, all’improvviso, decidano di scappare dal territorio per questioni di mero profitto. La responsabilità sociale delle aziende è prevista dalla Costituzione. Quella costituzione che anche qui, in questa azienda, in questa vertenza, deve rappresentare la Via Maestra attorno a cui costruire un Paese più giusto, un Territorio più giusto, una Regione più giusta”.
Un filo di speranza è giunto anche dall’assessore regionale Quaresimale, il quale ha chiuso la manifestazione con queste parole: “La Regione è vicina a voi e alle vostre famiglie. Quella della Johnson Controls è stata una scelta inaspettata, in quanto avevamo ricevuto rassicurazioni pochi giorni prima. Abbiamo già convocato un tavolo regionale, ma purtroppo non ha avuto esito positivo. É venuto il responsabile del personale, ma a noi non basta: vogliamo guardare negli occhi i vertici dell’azienda e parlare con loro. Come Regione siamo disposti a mettere in campo ogni misura che è in nostro potere per mantenere aperta questa azienda sul nostro territorio: fondi per riconvertire il sito, per ricollocare l’azienda, per fare nuovi investimenti e per mantenere il livello occupazionale stabile. Abbiamo già inoltrato la documentazione al ministro Russo, specificando che tutte le istituzioni del territorio sono unite e concordi nell’attuare qualsiasi misura necessaria a mantenere attivi questi posti di lavoro. Quello che sta succedendo è assurdo: con questa scelta così repentina la multinazionale Johnson Controls non solo non dà modo ai lavoratori di ricollocarsi nel mondo del lavoro, ma non dà modo neanche alle istituzioni di trovare soluzioni alternative, come, ad esempio, la messa in campo di un imprenditore disposto ad acquisire l’azienda. Questa vertenza è difficile; ma sono convinto che, lavorando così, tutti insieme – lavoratori, sindacati ed istituzioni – troveremo una soluzione per non far restare a casa 62 famiglie alla vigilia di Natale”.

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