DIOCESI – Lectio delle Sorelle Clarisse del Monastero Santa Speranza di San Benedetto del Tronto.

Fin dall’inizio del cristianesimo, come ci fa intuire l’apostolo Pietro nella prima lettura che la liturgia, oggi, ci propone, vi furono persone che consideravano le vicende legate alla vita e alla missione di Gesù, alla sua resurrezione, delle favole artificiosamente inventate, dei miti privi di qualsiasi verità, creazioni abilmente costruite dalla furbizia umana.
In effetti, come credere, ad esempio, a quanto narrato da Matteo nel Vangelo riguardo la trasfigurazione di Gesù? Il suo volto che brilla come il sole, le sue vesti che diventano come luce, personaggi come Mosè ed Elia, deceduti da secoli, che appaiono e conversano tranquillamente, voci che si odono provenire dal cielo?
Se qualcuno, oggi, ci raccontasse di essere stato testimone di un evento del genere, difficilmente gli crederemmo.
Pietro e gli altri apostoli ne sono coscienti, per questo ribadiscono con forza alla comunità del loro tempo e a noi oggi, «siamo stati testimoni oculari della sua grandezza», della grandezza di Gesù Cristo.
Un Gesù Cristo di cui il Padre, sul monte Tabor, proprio durante la trasfigurazione dice «Questi è il Figlio mio, l’amato, nel quale ho posto il mio compiacimento».
Ed è ancora Pietro, nella prima lettura, a confermare con forza «questa voce noi l’abbiamo udita discendere dal cielo mentre eravamo con lui sul santo monte».
Abbiamo visto, abbiamo udito…non un miracolo destinato ad impressionare le folle, tant’è che il Vangelo ci dice che si svolge in un luogo in disparte, alla presenza di pochi, ma un alzare il velo su Gesù, in modo che i discepoli, ieri come oggi, conoscano l’identità più vera e autentica del loro Signore e lo seguano con maggiore consapevolezza.
La trasfigurazione, in questo senso, ci ricorda la nostra vocazione e ci indica la via per viverla, per farla divenire realtà, corpo, pratica quotidiana. La trasfigurazione ci dice che la passione non è l’esito della storia ma lo è la resurrezione, ci viene a dire che solo se hai visto una luce puoi affrontare il buio dei giorni più difficili. I discepoli, scoraggiati dopo i discorsi di Gesù sulla croce, sono accompagnati da lui stesso sul Tabor affinché possano puntare gli occhi verso l’alto ed entrare, così, nella prospettiva della speranza. Cristo che mostra se stesso a Pietro, Giacomo e Giovanni, svela la realtà a cui noi siamo destinati, una realtà che è sempre una meta non di conquista ma di grazia, non di sconfitta o di rovina ma di salvezza, nella novità di vita che è lo stesso Signore risorto.
La stella del mattino, ci dice ancora l’apostolo Pietro, non si è ancora levata, i nostri giorni non sono facili. Credere nella sobrietà, nella mitezza, nell’umiltà, nella limpidezza, sembra perdente. Ma noi, che abbiamo celebrato il mistero della trasfigurazione, scendiamo oggi dal monte con questa consapevolezza che ci viene dalla Parola di Gesù e dalla testimonianza degli apostoli: «Alzatevi e non temete».
Che l’ascolto della sua Parola ci aiuti a riconoscere il Signore sempre presente in mezzo a noi, ci permetta di avanzare passo dopo passo certi della sua compagnia, lasciando a Lui l’onere di essere per ciascuno di noi la via, la verità, la vita.

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