(Foto ANSA/SIR)

Maria Elisabetta Gramolini

Chicchi di grandine grandi come mandarini che distruggono campi, auto e intaccano le facciate delle case come colpi di accetta. Poi trombe d’aria, alluvioni e, all’estremo opposto, ondate di calore. È soprattutto la frequenza unita all’intensità degli eventi atmosferici che si stanno verificando in Italia e in molte altre aree del Pianeta a preoccupare gli scienziati e non solo. Con elevata probabilità gli episodi si ripeteranno anche in futuro. Nel frattempo è necessario agire per diminuire le emissioni di anidride carbonica, anche perché gli effetti della riduzione non saranno immediati. Anche piantare più alberi sulla Terra e in particolare nelle città sarebbe utile ma non risolutivo, come ricorda il ricercatore di fisica ambientale e dell’Università Cattolica di Brescia, Angelo Finco.

Professore, come spiegare questa serie di fenomeni intensi che si stanno abbattendo sull’Italia?
L’intensità e la frequenza degli eventi estremi andranno aumentando con la salita della temperatura globale. In più, l’area del Mediterraneo è considerata cruciale poiché i dati delle serie storiche di Milano di oltre 160 anni ci parlano di oltre tre gradi in più, quindi superiore al resto del Pianeta che è invece di un grado e mezzo. Ciò significa che,

se in una Penisola già umida come l’Italia, aggiungiamo ulteriore umidità e temperature elevate, immettiamo altri combustibili che provocheranno grandi temporali.

Non è detto, però, che il prossimo anno sarà uguale a questo: l’anno scorso, per esempio, è stato siccitoso mentre quest’anno molto caldo. Siamo abituati a dire che questi eventi siano colpa del cambiamento climatico, ma uno scienziato serio può solo dire che questi eventi sono associabili ai cambiamenti climatici con una elevata probabilità.

Perché non si può dire che la relazione è certa?
Perché non possiamo fare un esperimento di controllo, cioè non abbiamo un secondo pianeta dove abbassare l’emissione di Co2 per vedere gli effetti. Oggi la frequenza degli eventi sta aumentando e possiamo dire che ciò è ragionevolmente legato ai cambiamenti climatici. Un singolo evento non fa la statistica. Mentre prima un evento poteva essere estremamente improbabile, oggi sono la frequenza e l’intensità a cambiare e a farci riflettere per intraprendere azioni di adattamento e mitigazione.

Invertire la tendenza non produrrebbe immediati risultati?
Il problema è che il sistema climatico ha una forte inerzia. Se prendiamo adesso provvedimenti seri, gli effetti li vedremo fra molti anni, nel frattempo, le temperature aumenteranno.

Piantare più alberi in città e nel resto della Terra potrebbe migliorare la situazione?
Non sarebbe una azione risolutiva. Anni fa era stata fatta la proposta di piantare mille miliardi di alberi sulla Terra, cioè 125 alberi per ogni abitante, per abbattere le emissioni: ma la cosa non sarebbe fattibile e nemmeno determinante.

Quello che dobbiamo fare è ridurre le emissioni. Piantare alberi ci darebbe più tempo a disposizione per ridurre le emissioni, ma il problema di fondo resta: non c’è spazio, o meglio, ci sarebbe lo spazio, a patto di perdere biodiversità. Possiamo recuperare alcune zone dove la foresta è stata intaccata per fare pascoli, ma ci sarebbe comunque il problema di smarrire interi ecosistemi.

Le foreste in Italia sono in aumento costante per colpa dell’abbandono dei pascoli, ma andrebbero gestite meglio cercando di fare degli interventi di adattamento.

In città servirebbero più alberi?
Piantare alberi non è la soluzione, ma potrebbe essere utile anche se andrebbe fatto con molto criterio. Vanno riservati spazi non tanto per l’assorbimento di Co2 ma per i servizi eco-sistemici offerti dalle piante, ovvero l’ombreggiamento delle strade e delle case. Una pianta che traspira, raffredda l’aria. Ma va fatta una seria pianificazione del verde. Alcune piante sono in grado di rimuovere l’inquinamento, ma anche in questo caso la raccomandazione è di non concentrarsi su una sola specie perché verrebbe meno la biodiversità delle piante e degli animali. Il problema è complesso e non esiste un’unica soluzione. La transizione ecologica si fa con la calcolatrice in mano cioè dobbiamo valutare quali sono i contributi che possono determinare alcune azioni e decidere quali sono le azioni prioritarie perché il tempo corre.

E se non riusciamo a ridurre le emissioni, cosa dobbiamo aspettarci?
L’Italia sarà uno dei Paesi più colpiti dagli eventi. I fenomeni che abbiamo visto questa estate potranno diventare la regolarità. Ricordiamo che il singolo anno non fa statistica perché il trend è questo: i fenomeni aumenteranno così come le temperature. La cosa che stupisce è che già nei decenni passati c’erano scienziati che avvertivano sull’innalzamento delle temperature ma erano inascoltati.

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