di Ana Fron

L’immigrazione è un tema che può essere approcciato da un’infinità di punti di vista. Io stessa finora ho trattato, nei miei articoli del numero di immigrati nella Diocesi di San Benedetto del Tronto, Ripatransone e Montalto delle Marche (che ammonta a 13.588), della sanità e dei servizi esistenti sul territorio per questa popolazione, delle etnie più o meno rappresentate all’interno delle località; dell’inserimento dei minori nelle scuole, della pratica dell’accoglienza all’interno della comunità locale, dei pregiudizi con cui si confrontano e dei diritti che hanno. Oggi vorrei sviluppare un tema altrettanto importante e cioè, quello dei doveri che competono loro.

I grandi flussi migratori, determinati da situazioni sfavorevoli di paesi del mondo, si sono indirizzati nel tempo anche verso l’Italia. È successo con la popolazione dei Paesi dell’Est Europa e dei Balcani, quando negli anni ’90, liberati dai regimi dittatoriali, si sono riversati verso l’Occidente in cerca di lavoro. Molti stranieri sono arrivati in Italia, come i rumeni (oggi più di 1 milione di persone), gli albanesi, i polacchi, gli ucraini, ecc.
La stessa cosa succede oggi con le popolazioni provenienti dall’Asia e dall’Africa, le quali, spinte da guerre e da fame, fuggono verso l’Europa e verso l’Italia, dove vengono accolte.

L’Italia è conosciuta come un paese democratico, benestante, custode e garante di diritti civili universali; perciò, chi entra, ha spesso la sensazione di essere fortunato. E anche se, la condizione di immigrato è sempre faticosa, rimboccandosi le maniche, qui ci si può costruire un buon avvenire, una casa.
Ma chi si trasferisce in altri Paesi, deve avere coscienza del fatto che alcuni elementi della propria cultura e le usanze dei luoghi di origine non sempre sono ideologicamente accettate ed a volte costituiscono anche reato.

Bisogna perciò essere disposti a rinunciare a ciò che non è consentito ed aprirsi alla cultura differente su temi fondamentali, quali ad esempio la parità di genere e i diritti dei minori.

Oltre ad un titolo di soggiorno sul territorio, gli stranieri hanno – infatti e come tutti – l’obbligo del rispetto delle leggi italiane, anche quelle che contrastano con culture familiari del paese di origine, come per esempio, i matrimoni forzati, la bigamia, l’infibulazione, l’accattonaggio minorile, la violenza e la discriminazione di genere.

Per ribadire ed approfondire:
L’usanza dei matrimoni forzati è penalmente perseguibile in Italia, con la legge n.69 del 2019, ed è considerata una discriminazione di genere (dato che le vittime di tale reato sono donne per l’85% dei casi), e un impedimento all’autodeterminazione. La minore età costituisce un’aggravante.
L’Italia vieta la bigamia, considerata un delitto contro la famiglia. Con l’articolo 556 del Codice penale chiunque contrae matrimonio essendo già sposato oppure sposando una persona già sposata è perseguibile dalla legge.
L’infibulazione è una pratica, esistente in alcune culture dell’Africa e dell’Asia, dove bambine appena nate vengono sottoposte ad una mutilazione genitale, con il rischio di gravissime infezioni (in quanto eseguita con sistemi rudimentali), di shock psicologico, e con conseguenze deleterie per l’intera vita. Si stima che in Italia ci siano tra 60 e 80 mila donne immigrate ad aver subito l’infibulazione. In Italia, la pratica dell’infibulazione è punita dalla legge Consolo, n. 7 del 2006 che applica anche il principio di extraterritorialità. Quindi, se eseguita in un altro paese, al ritorno, l’Italia punisce i genitori che hanno sottoposto le figlie a tale pratica.
Con l’articolo 600 del Codice penale si vieta in Italia anche l’esercizio dell’impiego dei minori di 14 anni nella pratica dell’accattonaggio.
In Italia è perseguibile con le leggi: 119/2013, 93/2013, 69 del 2019 la violenza di genere.

Respingere ad alta voce tali pratiche è oggi doveroso perché, essendo basate su retaggi culturali, tendono a resistere nel tempo. La pericolosità di queste usanze richiede quindi un atto di vigilanza da parte di tutta la comunità.

Parlare delle leggi però sarebbe insufficiente senza progetti di educazione delle persone che considerano “normali” tali usi.

Escludendo responsabilità dovute al titolo di soggiorno e annessi, gli stranieri hanno esattamente gli stessi obblighi della popolazione locale. Ubbidire alle leggi dello stato non vuol dire essere limitati nella propria libertà, anzi costituisce l’unico modo di ottenere diritti e protezione.

Scelta di proposito oppure no, oggi l’Italia è la nostra casa, dunque come tale bisogna considerarla, rispettarla ed amarla. Tutti noi, italiani e stranieri, abbiamo il coraggio del cambiamento; mettendo in discussione retaggi culturali basati su pratiche superate dalla scienza e dall’evoluzione dei diritti umani. E, ricordiamo sempre il detto che recita, “una casa che non cambia mai è una casa morta”.

 

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1 commento

  • Edif
    02/05/2023 alle 10:00

    Un articolo molto interessante, ben fatto, Ana!

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