Una roccaforte della nostra Diocesi di San Benedetto del Tronto-Ripatransone-Montalto è Montelparo. Piccolo borgo situato su una collina, tra il fiume Aso e l’Ete Vivo nasce come insediamento dei Piceni, come testimoniano le necropoli presenti sul territorio.

La necropoli picena di Montelparo ha restituito vasi, oggetti d’ornamento in bronzo e soprattutto armi. In un numero del 1872 del settimanale fermano “Il Piceno”, la cui intera collezione si trova nella Biblioteca Comunale ‘Spezioli’ di Fermo, alla collocazione PER D 8/11 1873, si parla per la prima volta della necropoli picena di Montelparo.

Nel Museo Archeologico del borgo, che insiste all’interno della Chiesa di San Pietro e San Silvestro, sono raccolte testimonianze del prezioso passato. I Piceni erano un popolo italico al pari degli Etruschi, Toschi, Umbri, Sabini quant’altro.. con tante similitudini nell’organizzazione e nella società con il popolo greco.

Quando ci riferiamo ai Piceni si consideri che si tratti di una cultura sviluppatasi tra IX e III secolo a.C. sulla costa adriatica, in un territorio delimitato a nord dal fiume Esino, a sud dal fiume Pescara – oggi parte del territorio della Regione Abruzzo- e ad ovest dagli Appennini. L’economia picena era basata sull’ agricoltura e sull’allevamento, senza trascurare l’artigianato  come pure la metallurgia del bronzo e ferro, nella lavorazione dei gioielli in oro, nella ceramica ed ambra e nella produzione di tessuti a telaio.

Tante le “rocchette” rinvenute nelle tombe femminili, associate all’abile arte del tessere.

Tra il VII e il VI secolo a.C. la civiltà picena conobbe il suo apice, ma nel IV secolo a.C. le popolazioni galliche conquistarono terreno a nord iniziando a colonizzare grossomodo il territorio marchigiano, partendo da Ancona, che ridussero a loro colonia.

Nel 295 a.C., a seguito della sconfitta del Sentino, e poi nel 268 a.C., i territori fino ad allora abitati dai piceni vennero sottomessi ai romani e l’Adriatico divenne a tutti gli effetti il limite orientale di Roma.

Non certa la provenienza del popolo piceno, anche se a volte è stata “semplificata”  o “risolta” superficialmente per dar conto di una certezza che in realtà, per chi conosce veramente la storia – non c’è ancora e le ipotesi sulla provenienza, come pure sull’origine del nome,  stanno ancora in piedi.

Il “Picchio” ad esempio, simbolo e presente nello stemma Regione Marche, non è codificato e accettato da tutti gli studiosi. Lo scomparso Don Vincenzo Galiè , storico e studioso del Piceno – ad esempio riconduiceva la derivazione del nome “Piceni” da “Picentes” ossia “Impeciatori”, intesi come popolo esperto nelle “impeciature” , cioè impermeabilizzazioni con pece delle navi.

Se fosse proprio questa la vera origine di questo mistrioso popolo di cui portiamo il DNA, ci definirebbe come popolo di navigatori e ci si andrebbe a confermare ciò  l’ultimo saluto al mare, delle sepolture picene.

Anche tra Grottammare e Cupra Marittima furono rinvenute necropoli picene dell’età del ferro, come ci evidenzia lo studioso Vladimir Dumitrescu nel 1929 nel suo “L’età del ferro nel Piceno”. Dei Piceni sappiamo – osservando le pitture parietali delle tombe – che vivevano una vita materiale, fatta di gioie e banchetti, ma anche di giochi e feste commerci e purtroppo guerre, che avevano paura di una sorte di inferi oltre la porta dell’aldilà e speravano che la vita e le gioie dell’umana esistenza potessero durare anche oltre la vita. Si facevano seppellire – e ciò fa commuovere come abbiamo accennato poco sopra – con il corpo orientato ad est, per l’ultimo saluto al mare , che per alcuni studiosi è stato interpretato come un richiamo alle origini e che quindi fossero arrivati proprio via mare sulle loro navi, di cui erano abili costruttori, fino ai nostri lidi adriatici.

Tornando a Montelparo, tra i vari reperti rinvenuti nel 1910 nella necropoli, ubicata in contrada Celestrana, vi è un elmo a calotta, con borchie e lavorazioni a sbalzo, conservato al Museo Archeologico di Ancona. Purtroppo molti reperti archeologici di Montelparo andarono distrutti durante l’ultimo conflitto mondiale. La Famiglia Vecchioli, proprietaria del terreno dove furono eseguiti gli scavi, donò al Museo Nazionale di Ancona i reperti ivi rinvenuti in bronzo, con anfore ed anelloni, una tipologia dei quali – per la sua particolarità –  definita di tipo “ Montelparo”, cioè privo dei classici nodi, ma quasi a forma di serpente arrotolato è unico nel suo genere.

Un mistero ancora non del tutto chiarito quello del significato degli anelloni piceni, certamente collegato a riti religiosi e devozioni pagane. Un altro mistero è il perché nelle necropoli di Montelparo, risalenti all’VIII secolo a.C. gli anelloni avessero una forma diversa, unica e particolare rispetto a tutti gli altri anelloni tipici delle sepolture picene.

 

 

 

 

 

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