Manuela Borraccino

“Abbiamo investito nell’innovazione, ma la tecnologia non basta: dobbiamo dedicarci ai rapporti umani e alla formazione delle persone” dice Nino Secci, imprenditore e titolare dell’omonimo storico molino dell’entroterra di Cagliari, tra i protagonisti del Progetto Gerrei che la Caritas di Cagliari ha avviato in questi ultimi tre anni come opera emblematica dell’attenzione della diocesi all’economia circolare e alla salvaguardia delle periferie.
Valorizzazione dei giovani e del lavoro libero, creativo, partecipato e solidale, dei prodotti locali e dei mestieri che rischiano di scomparire. C’era tutto questo infatti nell’impresa sociale “Lavoro insieme”, fondata dalla Caritas diocesana di Cagliari e dalle sue Fondazioni con un capitale sociale di 10mila euro all’indomani della Settimana sociale dei cattolici del 2017 e che oggi impiega 50 giovani lavoratori. E nella sua espressione più profetica: il Progetto Gerrei associa 15 piccoli imprenditori uniti dalla passione per i cibi locali, dal pecorino al pane pistoccu, dai malloreddus al mirto. Coltivatori e artigiani sostenuti anche dai ricercatori dell’Agenzia regionale della Sardegna per l’agricoltura (Agris) e dell’ente Laore: i primi hanno messo a punto un progetto di resilienza ai cambiamenti climatici per rafforzare la filiera solidale del grano duro, con il passaggio dai fertilizzanti chimici a un concime organico che tutela le proprietà delle farine più integrali nella produzione di questi tipi di pane e di pasta promossi dopo un anno di sperimentazione terapeutica dall’Università di Cagliari per la prevenzione e cura del diabete mellito (DM2), della celiachia e dei tumori dell’apparato digerente; i secondi promuovono i processi di produttività e di controllo della qualità di formaggi, mirto, olio d’oliva, miele.

La scommessa unica nel suo genere intrapresa dall’arcidiocesi di Cagliari abbraccia terre, persone, salute ed ecosostenibilità. “L’estrema marginalità richiede una Chiesa attenta, vigile, con occhi in grado di vedere quanto accade attorno. In questi anni abbiamo imparato a non sostituirci alle politiche sociali ma a promuovere il confronto e la collaborazione favorendo il coordinamento degli interventi in un’ottica di corresponsabilità nella realizzazione della casa comune” riflette don Marco Lai, 64 anni, parroco di Sant’Eulalia e direttore della Caritas diocesana di Cagliari dal 1995 al 1997 e dal 2004 ad oggi. “Il progetto Gerrei è un’iniziativa di promozione umana che nasce dall’ascolto del grido delle periferie della nostra diocesi – rimarca – e dalla propositività di chi ha delle idee per farle rivivere ma ha bisogno di sostegno per creare lavoro. Come ci ricorda il Papa: nessuno si salva da solo. Dobbiamo lavorare in rete per realizzare quell’ecologia integrale che è l’unica strada per contrastare la crisi climatica e la povertà”.

Sulle orme dell’enciclica Laudato sì, il progetto Gerrei affronta insieme questione sociale e degrado ambientale. “La Sardegna – rimarca don Marco – ha vissuto l’illusione, alla fine degli anni ‘60 e negli anni ‘70, della grande industria chimica e poi questo sogno è svanito. Si è passati dall’evoluzione industriale dei nostri contesti agro-pastorali ad un’involuzione post-industriale con un ritorno alla terra e a una nuova coscienza ambientale: una coscienza sulla quale occorre stare come cristiani e come Chiesa. La Sardegna è una delle regioni al mondo con il più basso tasso di natalità, con una crisi demografica dovuta anche alla catastrofica condizione economica. Inoltre, c’è una politica delle amministrazioni comunali che tende a liberarsi dei poveri: non vengono costruite più case popolari spingendo i giovani e i meno abbienti a rifugiarsi nell’area metropolitana più estrema. Come Caritas siamo stati interpellati dalle questioni legate allo spopolamento e al disagio abitativo”.

Tra le esperienze dalle quali è scaturito il progetto Gerrei, don Marco cita quella del Borgo del pane, nato alcuni anni fa a Settimo San Pietro su impulso dell’allora sindaco Costantino Palmas, oggi vicepresidente di Lavoro insieme, con l’apertura di quattro forni comunali dove i fornai potessero produrre il pane insieme, legalmente e non più in casa senza licenze. “Anche nei contesti poveri, oltre ogni lamentela – afferma don Marco – vivere con creatività è un impegno per condividere le fatiche dei fratelli: invitare i contadini a coltivare la terra, i panificatori abusivi a creare il Borgo del pane e commerciare il pane della legalità e di qualità, garanzia di salute… Tutto questo è seminare semi di speranza, accompagnarne la crescita con tenacia”.
Così l’iniziativa ha riscosso l’appoggio di aziende, come il Molino Secci a Senorbì, che hanno sostenuto il consorzio di questi produttori aprendo un sito di e-commerce, dove ciascuno può sostenere il loro lavoro e remunerare in maniera equa tutte le componenti della filiera. Il sogno è che questa rete di amici cresca nel tempo. Come un granello di senape.

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