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Diocesi di San Benedetto, gli immigrati residenti sono 13.588, le nazionalità presenti nei vari comuni

Di Ana Fron, Rubrica “Immigrazione”

Leggi la prima puntata: Quanti immigrati ci sono nel territorio della diocesi?
Seconda puntata Immigrati e cure mediche – Informazioni utili

DIOCESI – Nella Diocesi di San Benedetto del Tronto, Ripatransone e Montalto Marche il numero totale di immigrati residenti ammonta a 13.588 ma, la popolazione di stranieri non è divisa in modo omogeneo sul territorio. Ci sono località con più stranieri rispetto ad altre.

Ma vediamo in dettaglio cosa risulta attraente per la scelta del posto in cui vivere, e perché.

Sappiamo che la Diocesi aggrega al suo interno 19 Comuni. Alcuni posizionati sulla costa Adriatica, altri in collina e alcuni in zona di montagna. Ci sono città più o meno grandi; fiancheggiate da centri industriali come Ascoli Piceno – capoluogo di provincia, e San Benedetto del Tronto – città commerciale e portuale, specializzata nella pesca. Ci sono località di campagna con profilo economico agricolo: vivaista, viticolo, frutticolo, olivicolo e con profilo zootecnico. Altre località ancora, specializzate in commercio, con grandi e importanti centri commerciali; con profilo industriale elettrotecnico, specializzate nella fabbricazione di lavatrici come quella di Comunanza e con competenza manifatturiera.

Tuttavia, i 19 comuni della Diocesi, vantano anche un posto importante nel turismo. Turismo che spazia tra paesaggi di mare, di collina e di montagna; turismo balneare, storico, religioso, naturalistico, sportivo ed enogastronomico; settore che crea benessere per la popolazione locale.

Ma, per creare servizi, per produrre beni, per il sostentamento dell’agricoltura, della pesca e del commercio serve manodopera, non sempre reperibile tra la popolazione locale, ed ecco, interviene la necessità di sopperire a questa mancanza con la manodopera straniera. In effetti, lo stato, tramite il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, programma i flussi di lavoratori stranieri extracomunitari, che possono entrare in Italia per lavorare.

Il Ministero dell’Interno, con procedure ben precise, consente al datore di lavoro italiano, di fare richiesta di manodopera all’indirizzo telematico https://nullaostalavoro.dlci.interno.it . Successivamente, in base alla programmazione triennale di quote d’ingresso, viene concesso il nullaosta ai lavoratori stranieri per entrare in Italia e raggiungere il datore di lavoro.

Anche sul nostro territorio s’incontra richiesta e offerta di manodopera straniera, perciò, l’insediamento degli stranieri è corrispondente all’offerta lavorativa. Infatti, intravediamo come il numero di residenti sia maggiore nelle città più sviluppate come San Benedetto del Tronto, con una popolazione straniera di 3.196, inseguita da Ascoli Piceno con un numero di immigrati di 2.720; con le località satelliti: Martinsicuro con 2.381 e Monteprandone con 1.155 stranieri. Queste due località, oltre ad avere specialità economiche individuali, fungono anche da zone dormitorio (più accessibile come costi di affitto case) in quanto tutte e due si trovano in prossimità di San Benedetto del Tronto.

Ma vediamo nello specifico, quali nazionalità ci sono nelle varie località della diocesi, quante ne sono e soprattutto quali profili lavorativi coprono

Partiamo dal dato che gli stranieri, una volta immigrati in un territorio, portano con loro altri membri della famiglia. Dunque, con i ricongiungimenti famigliari si creano mini comunità etniche.

La qualifica lavorativa cioè la specializzazione etnica è dovuta alla necessità alla quale gli immigrati si sono dovuti adattare nel tempo.

Questa è la situazione delle comunità cinesi, provenienti dallo Zhejiang negli anni ’70, ‘80, per sfuggite alla povertà opprimente delle campagne contadine. Cinesi con esperienze positive di vita hanno attirato concittadini, formando intere collettività.
Le comunità più numerose nella diocesi sono a: Monteprandone 170, San Benedetto del Tronto 153, Martinsicuro 144, Ascoli Piceno 131, Grottammare 91, Monsampolo del Tronto 75. La curiosità che suscitano queste persone è rappresentata dal fatto che, nonostante provengano da zone agricole della Cina, in Italia si sono cimentate principalmente, in industria manifatturiera e nei servizi come ristorazione, sartoria. Questo dettaglio si evince anche dal loro insediamento nelle prossimità delle città e zona costiera. Un’altra caratteristica dei migranti cinesi è la tendenza a lavorare in proprio e/o all’interno della propria comunità, infatti se all’inizio, i primi migranti cercavano lavoro presso aziende italiane, col tempo, hanno sfruttato le loro esperienze e hanno fondato nuove imprese di proprietà continuando a lavorare negli stessi settori merceologici.

Gli immigrati albanesi, arrivati dall’altra costa dell’Adriatico hanno trovato lavoro nel settore agricolo, come vivaisti, ma anche nell’industria, nell’edilizia e nei servizi specialmente nell’autotrasporto. La statistica sui paesi di insediamento, in ordine decrescente, vede un maggior numero di presenze a San Benedetto del Tronto 623, seguono, Martinsicuro con 312 e Monteprandone con 306, ed a scalare, Ascoli Piceno con 286, Grottammare con 227 ed in altre zone della diocesi.

La comunità più numerosa, sia in Italia che nelle Marche è costituita dai rumeni.

I rumeni hanno preferito l’Italia come meta di immigrazione per la vicinanza geografica, linguistica e culturale, in generale; la lingua rumena essendo una lingua neo latina è molto simile a quella italiana.

Gli immigrati rumeni rappresentano il 23% di tutti gli stranieri in Italia. con una percentuale di 57% costituita da donne, in gran parte collaboratrici domestiche e sono così distribuiti sul territorio della diocesi: ad Ascoli Piceno sono in totale 633 di cui 453 donne; a San Benedetto del Tronto sono in totale 622 persone, a Martinsicuro 250, a Monteprandone 150, a Grottammare 123; La popolazione maschile è impegnata prevalentemente in edilizia ma anche in agricoltura, nei servizi, come l’autotrasporto.

In Italia il contributo dei pescatori nord africani, (tunisini e marocchini) risale agli anni ’68, ’69, quando in Sicilia scarseggiando la forza lavoro, sono stati assunti numerosi pescatori tunisini. La collaborazione positiva di quel momento ha fatto si che gli operatori della pesca nordafricani fossero molto richiesti, nel tempo e anche in altri porti italiani.

L’importante porto per la pesca di San Benedetto del Tronto, che alimenta costantemente il mercato ittico locale richiama personale specializzato in questo settore, spesso irreperibile tra gli autoctoni.

Osserviamo dunque come anche a San Benedetto del Tronto il numero dei nordafricani è alto, arrivando a 188 marocchini e 70 tunisini; a Martinsicuro 164 marocchini e 132 tunisini; ma, questa popolazione è impegnata anche in altre attività come l’agricoltura, il commercio, i servizi, l’industria ed altro, per come ci dimostra il numero di presenze in zone come a Sant’Egidio alla Vibrata, 87 marocchini e 9 tunisini; ad Ascoli Piceno 185 marocchini e 13 tunisini.

L’analisi sulle “specializzazioni etniche”, anche se documentata, rimane comunque generica e come tale bisogna che sia considerata. Inoltre, i dati visti sopra sono riferibili alla prima generazione di immigrati. Questa prima generazione, stanziata nel tempo, ha formato famiglie con figli e talvolta nipoti, che inseguono, come è giusto che sia, una qualificazione lavorativa non più condizionata da eventi migratori, ma dai propri progetti di vita.

L’esplorazione del mondo lavorativo e delle ragioni di scelta dell’insediamento, dimostra che la popolazione straniera imposta l’intera esistenza in funzione del lavoro.

Concludo ricordando che gli immigrati sono fondamentali per l’economia italiana. Senza di loro interi settori soffrirebbero ed è per questo motivo che bisogna offrire loro, insieme alla dignità, le dovute condizioni di vita.

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